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Nei giorni scorsi ho letto con molta attenzione l’articolo di Mario Lavia – che tra parentesi seguo su twitter – apparso su Linkiesta.
Non concordo spesso con i suoi articoli – anzi quasi mai – ma questo dal titolo La piddite della Cgil e l’inesorabile scomparsa dei sindacati che potete leggere integralmente collegandovi a questo link https://www.linkiesta.it/2023/01/la-piddite-della-cgil-e-linesorabile-scomparsa-dei-sindacati/ mi ha sollecitato ad esprimere alcune considerazioni.
Già partendo dall’incipit di questo articolo: “La questione è per certi versi storica: davanti a un governo per la prima volta davvero di destra, le organizzazioni tradizionali dei lavoratori sono, o appaiono, ferme. Ogni tanto c’è un incontro a Palazzo Chigi (anche ieri, sulle pensioni: nulla di nuovo), il trionfo della ritualità persino negli aspetti esteriori, l’insoddisfazione di Maurizio Landini, imitato da Pierpaolo Bombardieri, l’attesismo di Luigi Sbarra“, si possono fare diverse valutazioni.
Prima considerazione.
Ormai il tavolo a Palazzo Chigi è diventato un rito.
Non lo si nega a nessuno, su nessuno argomento.
Anzi il tavolo sindacale si allarga – nel grande silenzio – anche a sigle meno rappresentative ma più vicine al potere della destra come l’UGL, come ho scritto nel post del 9 novembre 2022 Tutto come avevo previsto!!! Durigon, sottosegretario al Lavoro, UGL convocata assieme a CGIL CISL UIL.
Anche in questi giorni abbiamo assistito al solito refrain dopo l’incontro sulle pensioni: Landini – aspirante Melenchon – che detta la linea, Bombardieri lo segue a ruota – anche se con minor verve rispetto al passato visto le vicende interne che hanno portato al commissariamento di molte e importante strutture sindacali della UIL, la questione “immobiliaristica” in Veneto e la vicenda “Qatargate” con il coinvolgimento di Visentini, e il “tentennante” Luigi Sbarra che non sa se stare con gli altri due, se andare da solo, se fare da spalla al governo.
Questo è il quadro che emerge da un osservatore esterno alle vicende del sindacato ma che l’ha vissuto pienamente e intensamente per 40 anni .
Lavia, poi, mette in risalto che gli scioperi proclamati non fanno più paura a nessuno, non fanno notizia, non scaldano più i cuori delle lavoratrici e dei lavoratori.
Anche in questo caso concordo con l’autore dell’articolo.
Ne parlai il 20 dicembre 2021 nel post Riflessioni a freddo sullo sciopero generale di giovedì 16 dicembre. E adesso? dove criticavo la mancanza di unitarietà con la CISL, la pochezza dei contenuti e il non essere riusciti a cambiare una sola virgola della Legge Finanziaria dell’allora Governo Draghi e la scarsa partecipazione allo sciopero.
Mentre lo scorso anno nell’articolo E che sciopero sia … del 8 dicembre 2022 evidenziavo le valide ragioni di questo sciopero generale che, però, non fu tale in quanto in alcune regioni non si svolse, con una pessima ed improvvisata gestione a livello territoriale, la scarsa partecipazione, la non visibilità e – cosa ancor più grave – per la seconda volta consecutiva nessun risultato portato a casa per le lavoratrici e per i lavoratori.
Lavia poi pone tre problemi: la rappresentatività del sindacato che continua a perdere iscritti, la classe dirigente e le proposte.
La perdita degli iscritti – al di là di qualche settore e di qualche sigla – è causa sia della diminuzione del numero degli occupati che del pensionamento dei vecchi “aficionados” al sindacato, mentre i giovani – a fatica – si iscrivono. Inoltre in alcuni settori con lavori più precari – vedi logistica – i sindacati di base dominano – e le tre confederazioni hanno meno appeal dei sindacati autonomi.
Per quanto riguarda la “caratura politica” degli attuali tre leaders sindacali – conoscendoli di persona – non mi pronuncio.
Certo Lama – Carniti – Benvenuto era tutto un’altra cosa.
Ma ognuno è figlio dei propri tempi. Sarebbe come se io mi paragonassi con Elio Porino che è stato – prima di me – segretario della Uilca per oltre 20 anni con la mia gestione.
Impossibile e fuori da ogni logica politica e temporale.
Il dramma del sindacato è quello della burocrazia, degli apparati elefantiaci, delle assistenti alle figure apicali, dei collaboratori, della lentezza nelle decisioni, mentre i quadri sindacali – quelli che come scrive l’autore dell’articolo “resistono … sui posti di lavoro che fanno seriamente e con qualche frustrazione il loro mestiere di sindacalisti veri” sono scarsamente valorizzati.
Ecco da lì deve ripartire, secondo me, il sindacato.
Deve ripartire da quella base di tanti onesti quadri sindacali che tutti i giorni affrontano problemi veri e reali e non si devono preoccupare se devono comparire in tivu, o devono farsi vedere a quel “vernissage” o all’intervista sui giornali.
Infine le proposte.
Capisco davvero le difficoltà del sindacato in questo periodo.
Con questo governo di destra, di destra estrema, populista e sovranista, è difficile fare progetti a lungo termine quando soltanto le corporazioni – oggi i benzinai e i taxisti, domani i balneari – riescono a farsi sentire e a reclamare piaceri in cambio dei voti che hanno portato agli attuali partiti di governo e in particolare a Meloni e Fratelli d’Italia.
Certo è impietoso vedere le manifestazioni sindacali in Italia e confrontarle con quelle oceaniche avvenute in Francia in questi giorni.
Probabilmente l’appeal sindacale italiano è stato perso.
Questo governo ne combinerà tantissime a scapito delle classi più deboli.
Pertanto occorre risvegliare la coscienza delle classi più deboli che – guarda caso e ironia della sorte – guardano sempre più a destra o nel populismo nella ricerca di un difensore delle loro difficoltà economiche e di lavoro.
Tempi difficili per il sindacato italiano.
Non vorrei che la foto del deserto con cui ho illustrato questo post non fosse prodromico ad un “deserto sindacale” come nel caso dello sciopero della scuola a cui ha partecipato soltanto l’1,5% delle lavoratrici e dei lavoratori.
Se la sinistra – oltre al punto di riferimento del PD – perdesse anche il sindacato, Meloni e co. regneranno – non è un errore ma è voluto – per molti anni.
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Danilo Demetrio Zema (da Facebook)
Nel settore credito, uno dei più rilevanti di concerto con le realtà sindacali industriali e della grande distribuzione come la sanità, gli enti pubblici e lo stato, il Sindacato è morto! Non ” sindaca” proprio nulla!
Dal 1993 ho solo constatato un impoverimento della formazione della classe dirigenziale.
In banca, sono lontani dalla realtà lavorativa per deontologia, ETICA ed FTE ( per quelli che parlano bene, come sostiene uno dei banchieri più capaci che ho conosciuto; non pochi).
Sono lontani dal comprendere come incida la GDPR nell’approccio al cliente ( se non lo profili con consenso, ad un cliente prospect non puoi chiedere nemmeno cosa mangia, figurati telefonargli per proporre un prodotto) Per questo ad ogni ridicola informazioni richiesta digitalmente su qualsiasi sito Web o social ci ” sparano” richieste ad incetta di gestione e trattamento dei dati ( È una miniera di platino inesauribile la processione digitale).
Non capiscono ( perdona il francesismo) di una emerita sega di mercato finanziari.
Derivati, OTC,Fondi Comuni, ETF,ETC, Potrebbero essere acronimi di rare malattie per loro.
Basilea ed i pilastri ( carpenteria per edifici).
Chiedi ad un RSA cosa e PILAR2 E come interviene dal 01.01.2022 su Basile 4; cosa cambia per banche ed imprese…
Chiedi cosa misura un RWA…
Son finiti i tempi in cui alla UILCA c’era Burattelli. Ho ancora con me il manuale di Borsa scritto da lui. Ero gestore di ENI a Milano nel lontano 1997…
Caro Massimo, mettete le SAS in mano a colleghi competenti, non a gente che non sa dirti come fare ad approcciare nemmeno al Fondo di Previdenza Aziendale.
Perché non riesce a leggere gli ISIN del banchmark dell’Asset di comparto.
Un abbraccio.
Caro Danilo,
capisco il tuo commento. Io sono molto ma molto meno drastico di te. Intanto dividerei le cose. Il rappresentante sindacale deve essere colui che ascolta la lavoratrice e il lavoratore. Colui che cerca di risolvere i problemi e – quando non è in grado – di portarli al livello superiore.
Il Segretario aziendale è un lavoratore come gli altri, quindi non è sempre tenuto a sapere e conoscere tutto.
A me basterebbe che il Segretario RSA facesse questo. Alle grandi “manovre”, alle “informazioni tecniche” ci devono pensare altri che poi trasmettono agli RSA il loro sapere e la loro conoscenza. Così dovrebbe essere una struttura sindacale “strutturata”.
Certo la conoscenza è importante ma un sindcalista non si forma in un giorno e nemmeno in un anno. Ci vuole pazienza, corsi di formazione, scuola sindacale. Invece, oggi, così almeno di dicono, nei corsi di formazione sindacale si loda e si onora il principe di turno invece di preparare le persone.
Mi fermo qui. Perchè altrimenti mi faccio il sangue amaro
Un abbraccio