“Porco ….”sciopero!!! La crisi del Sindacato

di Umberto Baldo

I segretari generali di CGIL CISL UIL – foto tratta dal web

PREMESSA

Le coincidenze esistono nella vita o siamo noi che le facciamo sembrare tali? Non lo so. So solo che ieri – praticamente nello stesso istante – Umberto ed io ci siamo scambiati i relativi articoli che stavamo pubblicando sui nostri blog. Gli articoli non sono uguali, ma molto, molto simili. Il mio lo trovate qui Il sindacato, in particolare quello confederale, è destinato ad essere irrilevante? Mie considerazioni dopo l’articolo di Mario Lavia su Linkiesta
E allora perchè non proporvi anche la versione di Umberto che – a differenza del mio – spazia anche sulla trattativa fallita in Intesa Sanpaolo. Buona lettura.


Non so se ve l’ho mai raccontato, ma io sono nato (partorito in casa, allora si usava così) in un paesino del padovano, Battaglia Terme. 

Si tratta del più piccolo comune della Provincia di Padova per estensione, diventato tale nel 1921 dopo lotte fratricide fra frazioni del paese, basate su diverse visioni del futuro, di cui sarebbe lungo parlare. 

Ma Battaglia aveva una particolarità; quella di ospitare la sede e lo stabilimento della Magrini-Galileo, allora forse la più grande fabbrica metalmeccanica della provincia di Padova, leader anche a livello mondiale nella produzione di interruttori e selezionatori per le centrali elettriche. 

E capite bene che in una comunità di 4200 anime poco più poco meno, avere una fabbrica che occupava circa 1200 dipendenti, la più parte residente nel comune, non poteva che condizionarne la vita e la mentalità. 

Vi starete chiedendo, perché queste note biografiche, perché questo ritorno alle origini? 

Magrini Galileo – foto d’archivio tratta dal web

Perché la Magrini Galileo era, allora si sarebbe detto così nel mondo benpensante, un “covo di comunisti”. 

Immagino che la cosa non vi stupisca; quelli erano i tempi, in cui il PCI, e la Cgil suo braccio armato nel mondo sindacale, erano egemoni nei luoghi di lavoro, e la Magrini era fra quelle due/tre fabbriche del padovano (un’altra erano le Officine della Stanga) sempre in prima linea con striscioni e tamburi nei cortei che accompagnavano gli scioperi, allora piuttosto frequenti perché, inutile nasconderlo, la sinistra faceva politica anche attraverso il Sindacato. 

Ricordo che una volta, onestamente non mi sovviene il motivo, ebbi la possibilità di essere presente ad una assemblea dei lavoratori della Magrini-Galileo, convocata per decidere un eventuale sciopero. 

Lo scenario era questo: a fare da palco per gli oratori  il rimorchio di un camion, sul quale si saliva con una normale scaletta di legno; la sala riunioni era il piazzale della fabbrica, “en plein air” come direbbe uno che parla forbito. 

Bene, ricordo che nel brusio generale degli operai in attesa dell’assemblea salirono sul rimorchio i delegati sindacali di fabbrica, e un delegato della FLM, la Federazione unitaria nata dalla volontà dei tre grandi leader dei metalmeccanici di allora Bruno Trentin, Pierre Carniti, e Giorgio Benvenuto

Carniti Benvenuto Trentin – foto tratta dal web

Svolgimento della assemblea: il delegato FLM prende in mano il megafono ed accenna ad iniziare il suo concione; dalla platea si alza un grido “Porco…., sciopero” (in Veneto la bestemmia è endemica ed è una vera modalità di espressione); “Sì” corale dei lavoratori,  fine assemblea, e immediata uscita dalla fabbrica per andare in corteo per le vie di Padova con bandiere e tamburi.

Lo so che si tratta di altri tempi, preistoria agli occhi dei millenials di oggi, ma ricordate sempre che la storia non avanza mai per scatti. 

La storia è un continuum punteggiato da eventi che noi utilizziamo per periodizzarla, la storia è evoluzione, e nella specie il sindacalismo di oggi non è altro che un’evoluzione, la conseguenza di mutate condizioni socio-economiche. 

Vi ho intrattenuto altre volte sulla progressiva perdita di ruolo del Sindacato in questa fase storica. 

Qualcuno potrebbe pensare, magari non a torto, che come tutti i pensionati parlano del tempo, dell’assegno pensionistico, e di prostata, io mi allarghi anche alle vicende sindacali. 

Potrebbero avere anche ragione, ma guardando all’oggi, io credo che molti si chiedano: ma dov’è il Sindacato? 

Dov’è il Sindacato che, di fronte al primo vero Governo di destra destra della nostra storia repubblicana, appare, a voler essere buoni, “fermo”? 

Possibile che la sua azione si riduca alla ritualità degli incontri graziosamente concessi dal Governo, dai quali regolarmente Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri escono manifestando l’insoddisfazione di Cgil e Uil (ormai sodali), e Luigi Sbarra con un giudizio “sospensivo” in attesa di eventuali sviluppi? 

Da tempo manifesto la mia impressione di una crisi profonda del Sindacato nel suo complesso, dovuta ad una concomitanza di fattori. 

Il primo è che in Italia il movimento sindacale sta a poco a poco assumendo il ruolo che ha nelle altre democrazie occidentali avanzate, che non è certamente più un ruolo di punta com’era nella prima Repubblica nostrana, quando la sola minaccia di uno sciopero generale metteva in crisi il Governo. 

C’è poi l’avanzata del sindacalismo autonomo, che ha progressivamente eroso la base tradizionale di Cgil, Cisl ed Uil, in alcuni settori addirittura soppiantandola. 

Non credo sia un caso che da qualche tempo non si parli più della certificazione della rappresentanza, forse perché la “Triplice”, come si diceva un tempo, teme che un’eventuale “conta” dimostri che in certe categorie la sua presenza sia minoritaria. 

Lo sciopero non è più l’ “arma letale” dei tempi andati. 

Vediamo sempre più scioperi con poca partecipazione dei lavoratori, ultimo quello della scuola del 16 dicembre scorso, o quelli regionali indetti da Cgil e Uil sempre a dicembre contro la Legge finanziaria, che come ha scritto Dario di Vico “non sono rimasti scolpiti nella storia”. 

Da non trascurare che la Cisl sembra sempre più defilata dalla narrazione “unitaria”. 

Gli iscritti calano, ma i Gruppi dirigenti, le mitiche Segreterie Generali (anche delle singole categorie) si arroccano imperterrite nelle loro sedi romane; e a mio avviso questo contribuisce allo scollamento sempre più palpabile fra i vertici e i quadri regionali e provinciali, e a maggior ragione con i sindacalisti di base che cercano faticosamente di continuare il loro mestiere fra i lavoratori. 

E poi manca un’elaborazione politica, un’analisi seria ed impietosa della crisi del Sindacato, manca un disegno generale, manca un progetto per il futuro della società italiana. 

Forse per questo Cgil Cisl e Uil non riescono a muovere una foglia dinanzi all’aumento dei prezzi, al ristagno dell’economia, all’inerzia sulle politiche per i giovani e per il lavoro, allo zero assoluto su scuola e università 

Mancano a mio avviso, sono impietoso a dirlo, i grandi Sindacalisti di una volta, quelli che, sorretti da una solida base culturale, sapevano anche offrire qualcosa alla Politica in cambio di una strategia per il mondo lavoro, perché sapevano bene che qualora fosse crollata la colonna della rappresentatività sociale e politica dei sindacati, se dalla protesta collettiva, consapevole e razionale, si fosse passati alla jacquerie egoista e alla frammentazione dell’interesse generale, allora sarebbero stati guai per la tenuta del Paese. 

Forse la fase delle proteste dei Gilets Jaunes francesi ce la siamo dimenticata, e non è un bene. 

Intesa SanPaolo – foto tratta dal web

In questa logica, passando per un momento alla mia ex categoria dei bancari, non penso sia un caso che Banca Intesa, forse per la prima volta nella storia, non abbia tenuto in alcun conto la contrarietà del Sindacato alla nuova normativa sullo smart working e sull’orario di lavoro in quattro giorni (fra l’altro molto ben accolta dai lavoratori). 

Nonostante il tergiversare del Sindacato, che sicuramente mirava ad affrontare questo tema a livello di CCNL, la Banca  ha scelto di  andare avanti lo stesso, e questo comunque la si pensi rappresenta uno smacco per le Segreterie Generali dei sindacati bancari, inspiegabilmente a mio avviso ancora attaccate ad una visione ottocentesca del contratto e del rapporto di lavoro. 

Siate certi che questa scelta “di rottura” di Carlo Messina costituirà una cesura,  non solo perché ha dimostrato che si può decidere  su argomenti importanti anche senza  l’assenso dei leader dei bancari,  ma anche perché molte Banche saranno tentate di seguire la strada indicata da Intesa, e probabilmente anche aziende di altri settori. 

A fronte di questa crisi, di questa progressiva perdita di ruolo e di rappresentanza del Sindacato, poiché la politica non tollera il vuoto, trovano spazio altre proteste, altri soggetti, inevitabilmente di carattere corporativo; e parlo dei balneari, dei tassisti, degli autotrasportatori, dei benzinai, e via cantando. 

Certo soggetti slegati da una lotta sindacale di massa, e da una visione globale della società; ma portatori di un messaggio inequivocabile: chi può faccia da sé, e vinca chi urla più forte

Se poi alla fine ne uscirà un’Italietta delle corporazioni poco male; le grandi centrali sindacali continueranno (fino a quando non si sa!) ad illudersi di poter condizionare una politica che ormai non capiscono più. 


Pubblicato da Massimo Masi

Blog di Massimo Masi. Bolognese di nascita, piantato nella pianura, con una forte propaggine verso il mare. Non sono più quello di ieri, non so come sarò domani. Ma posso dirti come sono oggi, con i miei ieri (Alda Merini)