Alle radici del neo imperialismo di Vladimir Putin

di Umberto Baldo

Neo imperialismo di Putin – foto tratta dal web

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Sapete dov’è la Transnistria, o se preferite la Repubblica Moldava di Pridniestrov? 

Carta geografica – tratta dal web

Farete fatica a trovarla anche sulla carta geografica dell’Europa, perché si tratta di un territorio ad est del fiume Dnestr che nel settembre 1990 ha dichiarato unilateralmente la propria indipendenza dalla Repubblica Moldova (la Moldova è lo Stato più povero d’Europa, con un territorio grande quanto la Lombardia più mezzo Veneto, con capitale Chisinau). 

La Transnistria è una piccolissima striscia di terra (4.163 Km quadrati con capitale Tiraspol) che non è riconosciuta dalla comunità internazionale come Stato, ma solo da tre entità secessioniste: l’Abcasia, l’Artsakh e l’Ossezia del Sud. 

Mia nota personale. Gli appassionati di calcio conoscono la Transnistria perché nella città di Tiranspol gioca la squadra dello Sheriff che ha giocato persino la Champions League (battendo tra l’altro il Real Madrid nella fasi di qualificazioni) e giocando lo scorso anno con l’Inter. Il proprietario della squadra è un ricco russo.

Il problema è che questo “Stato de facto”, la cui popolazione russofona si sente legata a Santa Madre Russia, è sotto il controllo militare della Russia, che in Transnistria ha alcune basi con circa 1500 uomini, di cui solo un centinaio sono veramente russi, mentre gli altri sono contractor locali che hanno ricevuto il passaporto russo. 

Va rimarcato che in Transnistria si trova il più grande deposito d’armi del Continente europeo, nel quale è custodito una parte dell’arsenale dell’ex Unione Sovietica. 

La Russia è impossibilitata ad inviare in Transnistria militari via terra, essendo precluse le due vie di accesso a questo Stato fantasma, ed il perché balza agli occhi sempre guardando la carta geografica, in quanto la Repubblica di Moldavia (o Moldova è lo stesso) non ha nessun confine diretto con la Russia, essendo incastrata fra la  Romania e l’ Ucraina, 

Eppure, nonostante la distanza dalla Russia, la Moldavia dopo l’invasione russa dell’Ucraina teme di essere a sua volta invasa dall’esercito di Putin, tanto che Alexandru Mustiata, capo degli 007 moldavi, ritiene che questo sia «un alto e reale rischio». Molto più di una probabilità: «La domanda non è se la Russia lancerà una nuova offensiva nella direzione della Moldova, ma quando accadrà: all’inizio del 2023, gennaio o febbraio, o più avanti, in marzo o aprile”. 

Questa ipotesi adombrata dall’intelligence moldava non è nuova, in quanto nella scorsa primavera le forze armate russe avevano detto di voler conquistare la costa ucraina del mar Nero per arrivare appunto fino alla Transnistria. 

Vi gira la testa? 

Vi sembra di perdervi in questo guazzabuglio di Stati, confini, territori, che non sono altro che il frutto della disgregazione dell’URSS? 

Tranquilli, la verità è che in Occidente si studia poco la storia dell’Europa dell’Est, sbagliando, perché è comunque una storia che  fa parte del nostro continente, e quindi inevitabilmente ci condiziona. 

A questo riguardo avrete certamente notato che quando si cerca di interpretare, di dare anche un senso, all’attuale politica di Vladimir Putin, si ricorre al concetto di “neo imperialismo russo”. 

Ma cosa c’è di vero in questa asserzione? 

Per capirlo, credo si debba partire dal fatto che la Russia è stata un impero per quasi settecento anni, ed ha smesso di esserlo solo dopo lo scioglimento dell’URSS, nella notte del 31 dicembre 1991.

Cessa di esserlo, ma non di sentirsi tale. 

D’altra parte, come definire uno Stato come la Russia che è vasto poco meno del doppio del Canada e della Cina (i Paesi che la seguono per dimensione) e più del doppio degli Usa? 

Una terra che si estende per due continenti? 

Un Paese dove il 20% della popolazione è tuttora formato da non russi? 

Dove la seconda religione più praticata è l’Islam (la prima, ovviamente, il cristianesimo ortodosso) e la terza il Buddismo? 

Dove ci sono 30 lingue dotate di uno status ufficiale?

Capite bene che è difficile eliminare quel Dna imperiale che si è tramandato nei secoli, e ha attraversato i più diversi regimi. 

Vladimir Putin è di fatto veramente ossessionato dal passato del suo Paese, dalla sua storia imperiale, dai trascorsi di grande potenza europea e mondiale. 

E non è quindi un caso se nelle stanze del Cremlino abbia fatto posizionare strategicamente le statue di Pietro il Grande e di Caterina la Grande, cioè gli Zar che conquistarono militarmente i territori che oggi delimitano lo stato ucraino. 

E solo alla luce di questa visione di potenza revisionista, in cui Putin è convinto di poter imporre la sua lettura del passato per plasmare il presente e il futuro a proprio piacimento, che si spiega il riemergere di vecchi sogni imperiali, e per comprenderlo meglio bisogna risalire allo zar Aleksej Michajlovic (il secondo dei Romanov) che, a metà Seicento, assunse il titolo di “Zar di tutte le Russie” che equivaleva a dire “Zar della Russia Grande, della Piccola Russia, e della Russia Bianca” 

Quindi questo concetto era non solo radicato ma addirittura istituzionalizzato, e “Le “Tre Russie” degli Zar ci sono ancora oggi nella mente di Putin, e sono rappresentate dalla “Grande Russia”, quella putiniana; dalla “Russia bianca”, vale a dire la Bielorussia lukašenkiana; e dalla “Piccola Russia”, cioé l’Ucraina. 

Se vi sfiora l’idea che Putin abbia rimpianti per l’ex URSS siete completamente fuori strada.

E’ vero che Putin nella sua carriera al Kgb ha respirato l’“aria imperiale” della Russia sovietica, che si è sempre mossa sul modello dell’imperialismo zarista anche se ammantato dell’internazionalismo proletario, ma l’attuale Capo del Cremlino è quanto di più lontano dal comunismo ci possa essere. 

Messa in soffitta la  formazione marxista-leninista ricevuta in gioventù, la sua è un’autocrazia che sogna di rinverdire, come accennato, i fasti di Pietro il Grande e di Caterina la Grande. 

Capite bene che, in questa visione del mondo, per Vladimir Putin l’Ucraina non è uno Stato sovrano; è ancora la “Piccola Russia”, ed il popolo ucraino è solo una frazione del popolo della Grande Russia. 

E quindi la guerra per riprendersi Kiev per lui non è una guerra di “conquista”, bensì di “riconquista”, ispirata ad una visione pan-slavista secondo cui Mosca sarebbe la “Terza Roma”, erede della prima (quella classica, latina) e della seconda (Costantinopoli, o Bisanzio). 

In questo senso Mosca avrebbe il compito non solo di riunificare i popoli slavi, ma pure quello di mettere in rilievo la superiorità della civiltà slava rispetto alle altre. 

Detta civiltà, fondata comunque sulla supremazia russa, si fonderebbe sui concetti di “ordine” e “religiosità”, da contrapporre al disordine e all’ateismo diffusi, per esempio, in Occidente. 

Putin non ha mai fatto mistero di queste sue idee, e le spiegò già a marzo del 2014, in occasione dell’annessione della Crimea, in un discorso pubblico per avvertire l’Occidente che la Russia avrebbe avviato delle “operazione speciali” per onorare le proprie rivendicazioni territoriali. 

Ma questa vera e propria manipolazione della storia da parte dell’autocrate del Cremlino può suggerire che i suoi sogni di riconquista vanno ben oltre l’Ucraina, e quindi che anche  gli Stati baltici (Estonia, Lettonia, Lituania) potrebbero essere presenti nella sua “agenda coloniale”, così come la Polonia, di cui una parte fu sotto il controllo russo dal 1772 al 1918. 

Ma anche la Finlandia faceva parte dell’Impero russo tra il 1809 ed il 1918. 

Così come gran parte dell’attuale Moldavia, e questo spiega bene i timori dell’intelligence moldava cui accennavo all’inizio. 

E che qualcuno sia preoccupato di queste “visioni” neo imperiali Putiniane,  lo dimostra il fatto che  le sue minacce più o meno esplicite sono state prese maledettamente sul serio ad esempio dalla Svezia e dalla Finlandia, che si sono affrettate a mettersi sotto l’ombrello protettivo della Nato. 

In definitiva quello che sta facendo Putin in Ucraina ha radici antiche, ed è l’unico modo che la Russia, dagli Zar in poi, conosce per rapportarsi con il mondo.

Putin non è un pazzo, anche se la sua politica neo imperiale assomiglia molto ad un gioco d’azzardo. 

Ma forse in questo suo lucido delirio non ha considerato che la “sfida energetica all’Europa” può rappresentare un ultimo lancio di dadi. Perché, tornando alla realpolitik,  è evidente che se questa mossa non funzionasse, come sembra, gli resterebbero ben poche opzioni. 

In primo luogo perché in questo modo si sarebbe “giocato” il ruolo dominante della Russia nel mercato energetico europeo, e poi perché questa drammatica perdita di quote di mercato varrebbe lo sforzo solo se sortisse gli effetti politici desiderati, e portasse l’Europa ad abbandonare l’Ucraina. 

Ma se l’Europa riuscisse ad ovviare alle carenze di idrocarburi russi, differenziando le fonti di approvvigionamento, e continuasse a sostenere Kiev, Putin si ritroverà alla fine senza armi e senza difese. Forse gli resterebbe solo il sogno neo-imperiale, ma a quel punto i conti li dovrà fare sì con l’Occidente, ma soprattutto con la Cina.


Pubblicato da Massimo Masi

Blog di Massimo Masi. Bolognese di nascita, piantato nella pianura, con una forte propaggine verso il mare. Non sono più quello di ieri, non so come sarò domani. Ma posso dirti come sono oggi, con i miei ieri (Alda Merini)

3 Risposte a “Alle radici del neo imperialismo di Vladimir Putin”

  1. Danilo Demetrio Zema
    Transnistria lo stato fantasma 👻 in cui tutta l’illegalità è possibile. Figurati che fine ha fatto la giustizia… Putin era già un criminale al KGB. In passato ho creduto volesse una Russia realmente libera. Ma, chi nasce tondo, non muore quadrato…

  2. Caro Danilo, ho girato il tuo commento a Umberto, l’autore del post per un suo commento

  3. Caro amico, grazie per la sua interessante osservazione, che è anche testimonianza personale.
    Io penso che negli anni tra il 1990 e 2000, dopo il tracollo del marxismo-leninismo, e dell’impero sovietico, polverizzatosi in una serie di Stati e Staterelli, Putin ha vissuto quel periodo confuso, quasi anarchico, di una Russia allo sbando, ormai priva di ideali politici e carente di guida e organizzazione amministrativa, economica ed industriale.
    Era evidente ed inevitabile che quel gigantesco Stato che è la Russia andasse ricostruita e riorganizzata.
    Occorreva scegliere un modello, e Putin non ha trovato di meglio che riproporre uno Stato simil-zarista, ma adattato, almeno formalmente, alle esigenze del XXI secolo (ad esempio prevedendo le elezioni, da lui regolarmente tutte vinte).
    Da russo, Putin conosce a fondo l’animo del suo popolo, le qualità, le virtù e i difetti, e credo quindi che abbia dato “da russo” una risposta ai russi.
    In ogni caso però, credo fosse troppo pretendere che una società transitata dallo schiavismo zarista (la servitù della gleba venne abolita dallo Zar solo nel 1861) al dirigismo leninista e poi stalinista, si potesse trasformare in breve in una società democratica simile a quella delle nazioni occidentali europee.
    Il discorso era diverso per gli Stati dell’Europa Balcanica e Orientale, dalla ex Jugoslavia, alla Polonia, Ungheria e Cecoslovacchia (oggi divisa in Repubblica Ceca e Slovacchia), che dalla Prima Guerra Mondiale e sino al successivo Patto di Varsavia, avevano regimi e forme statuali parlamentari, democrazie forse non ancora complete, ma certamente più aperte e libere.
    Il regime instaurato da Putin in Russia è molto probabilmente l’unico possibile in un Paese euroasiatico, con un coacervo di etnie, con molteplici religioni, che forse per questo necessita di una guida forte, determinata allo scopo, che, come accennato, per il momento non può rispettare i canoni democratici, né americani, né europei, pena l’anarchia.
    In questo processo di disintegrazione della vecchia Urss si sono create “zone grigie”, in cui fasce di popolazione formalmente sono cittadini di uno Stato (nel nostro caso la Moldova), ma che per lingua, tradizioni e sentimenti si sentono ancora russi (se non sovietici).
    E il caso dello Stato fantasma della Transninstria, ma non è il solo.
    E’ poi evidente che queste situazioni di fatto vengono sfruttate a proprio vantaggio dalla Russia solitamente per creare piccoli Staterelli fantoccio ai propri confini, per fare da cuscinetto alla Nato e all’Occidente.
    Diversamente da Lei non mi sono mai illuso che lo Zio Vladimir fosse un democratico.
    Grazie e, alla prossima.
    Umberto Baldo

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