Due vecchi brontoloni che dialogano e si fanno una domanda: c’è democrazia nel sindacato?

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MA NEL SINDACATO ESISTE ANCORA LA DEMOCRAZIA, LA DIALETTICA E LA CRITICA?

Caro Umberto,

in questi ultimi due anni mi hai scritto molte lettere – che ho molto apprezzato – alle quali ho cercato di rispondere dando un senso alla nostra corrispondenza e alla nostra amicizia.

Non voglio farla molto lunga con le premesse. Ci conosciamo da tanto tempo ed entro – immediatamente – nel vivo del problema.

Voglio affrontare un tema delicato, difficile e per me doloroso e cioè quello succede nel sindacato italiano, nella Uil e nella Uilca in particolare.
Partiamo dal sindacato in generale.
Noto una lontananza dai reali problemi della gente, frasi ad effetto pronunciate dai leaders, iniziative spesso velleitarie e non unitarie. Speravo nell’incisività delle manifestazioni contro la politica del governo Meloni soprattutto nel settore del fisco e invece si sono limitati -almeno per ora, così dicono – a tre manifestazioni nazionali, a differenza di quello che succede in Francia.
Noto una disaffezione molto forte nei confronti del sindacato confederale con una rivincita del sindacato autonomo. Aumentano i non iscritti al sindacato, aumentano quelle fasce dei nuovi lavori che sfuggono al “controllo” sindacale.
Per fortuna resistono le categorie che con la contrattazione nazionale e aziendale riescono ancora ad incidere.
Non va meglio nella UIL.
Avrai letto i tanti post che ho dedicato ai “casini interni”: commissariamenti a go go, espulsioni, sopraffazioni, ricorsi alla Magistratura, inviti a chi non la pensa come loro ad andarsene e via di questo passo. E soprattutto avrai notato i grandi silenzi delle categorie che contano. Certo non mi aspettavo di tornare ai fasti della gestione Benvenuto e poi Larizza ma almeno una rivalsa dopo periodi abbastanza bui, quello sì!
E poi sono sempre nell’occhio del ciclone: Visentini prima e le case dopo. Insomma proprio un brutto periodo.

Anche nella “nostra ex Uilca” noto problemi di visibilità: le notizie vengono riportate solo molti giorni dopo; hanno convocato l’organismo decisionale prima della conclusione definitiva della piattaforma, mentre le altre sigle si sono riunite dopo l’approvazione da parte dei segretari generali. Si sono buttati “anima e corpo” sulla desertificazione delle filiali (iniziativa giusta che sostengo, vedi i miei articoli vecchi ormai di alcuni anni, ultimo quello del 30 gennaio 2023 Chiusura filiali: lodevole iniziativa della UILCA. Ma è sufficiente? Perchè i piani delle banche non hanno trovato ostacoli? Il sindacato non ha nessuna responsabilità?) ma – secondo – non si sta affrontando il problema da dove proviene: cioè dai piani industriali delle banche ove in quei casi il sindacato aziendale tace e non si ribella.

Per tornare alle questione contratto, ti assicuro, caro Umberto, che io ho fatto parte degli organismi decisionali della UIB – prima – e della Uilca – poi – fin dal 1977 e mai, ripeto mai, mi era capitato di assistere ad una discussione su una piattaforma ancora incompleta.
Rammento che, sia sotto la guida di Elio Porino e poi con me, l’Esecutivo sulla piattaforma veniva convocato prima di iniziare gli incontri con le altre sigle per stabilire le linee dell’organizzazione, poi a metà del percorso per fare un check sull’andamento degli incontri e per ultimo, la discussione finale della piattaforma.
Almeno così andavano le cose.

A questo punto, caro Umberto, mi chiedo: eravamo degli scarsi sindacalisti Porino e poi io che cercavamo il coinvolgimento e la condivisione o quelli di adesso sono dei fenomeni?
I componenti dell’attuale Esecutivo sono così disponibili ad accettare queste imposizioni (vedi altri fatti successi recentemente) oppure i precedenti componenti degli organismi erano solo degli stracciac…i, te compreso?
Ti ricordi, caro Umberto, quando tu, Martini di Brescia, una parte di assicurativi, alcuni del sud, brontolavate (eufemismo) se non convocavo almeno ogni 30/40 giorno l’Esecutivo Nazionale?
Ma solo a me sono toccati i Lucisano, i Mastrosanti, i napoletani (unico commissariamento soft fatto durante i miei dodici anni di carica apicale), che contestavano? E che ho cercato a tutti i costi di tenerli – non sempre riuscendoci, purtroppo – dentro l’organizzazione per evitare perdite di iscritti?
Solo a me sono toccati gli improperi e i voti contrari di una parte degli assicurativi alla conferenza d’Organizzazione di Bologna perché sostenevo che occorreva aprire il confronto sul venerdì pomeriggio?
Ti ricordi quando tu – nel corso di un Esecutivo abbastanza moscio – salisti sul podio e a freddo chiedesti: “adesso per cortesia mi dite quanti di voi questa settimana sono stati in filiale o a fare iscritti?” Ti ricordi cosa provocasti con quell’intervento? E i “casini di Siena” per meglio dire di Poggibonsi, del Monte dei Paschi quando dovetti intervenire perché stavi ribaltando il quieto vivere del Coordinamento?
Altri tempi, lo riconosco.

Probabilmente anche nel nostro amato ex sindacato vige la regola della casa madre: sono vietate le critiche, chi critica è fuori, chi critica non ha fiducia dei leader di turno.

Sai che ti dico, caro Umberto, sono bravi loro. E siamo stati scarsi noi, anzi sono stato scarso io.
E lo dico con certezza di causa e senza polemica.
Io, però, non rimpiango i miei tempi, i vostri interventi cazzuti, le vostre provocazioni. Allora c’era discussione, ma probabilmente io e te apparteniamo al passato.

Quindi è giusto così… forse!!! Ma io rimpiango quei tempi e se tornassi indietro, lo rifarei!!!


Caro Massimo, quando frequentavo gli amici pugliesi e la loro splendida terra, il comune amico Vito Pepe una volta, commentando un qualcosa di poco edificante, mi disse “Caro Umberto, l’aria è amara”.

Non ho mai dimenticato quell’espressione, che senza tante parole esprime  un po’ tutto; una situazione, un fatto, uno stato d’animo.

Ma poiché non voglio nascondermi dietro un dito, qualche considerazione mi sento in obbligo di farla.

Da anni, tu lo sai bene, porto avanti una polemica aperta sulla gestione del Sindacato in generale.

Perché sarebbe troppo facile,  autoassolutorio, e credo anche ingiusto, limitare il ragionamento alla sola Uilca, in quanto a mio avviso è l’intero movimento sindacale che dovrebbe fare un esame di coscienza, una sorta di autodafè, per capire cosa non funzioni più per il verso giusto.

Ma credo che prima di accennare ai problemi del Sindacato in generale sia opportuno, come fai tu, partire dalle categorie, che dovrebbero essere il luogo in cui si elabora la politica sindacale, vista la loro vicinanza ai lavoratori, ma che guarda caso sono sempre più commissariate, forse perché proponendo qualche idea, si rendono colpevoli di “lesa maestà” nei confronti dei vertici.

Per quanto riguarda la Uilca in particolare, ricordo bene quell’Esecutivo in cui mi alzai piuttosto “incazzato” e feci appunto la fatal domanda “ma quanti di voi negli ultimi sei mesi sono stati fisicamente in una filiale?”  Qualche amico fra i presenti mi tolse il saluto per quella domanda, ma non ho mai dimenticato le facce stupite.  Quella domanda aveva un valore simbolico ovviamente, e voleva di fatto segnalare, o denunciare fai tu, il sempre maggiore “distacco” dei vertici dalla base, e forse non ricordi che nel corso del mio ragionamento proposi provocatoriamente che anche i Segretari nazionali periodicamente tornassero al lavoro per qualche mese, così per calarsi nella realtà quotidiana dei colleghi, per respirare, come si diceva in altri tempi, l’odore della fabbrica.  Francamente non ho cambiato idea, perché individuo nel “professionismo sindacale” un problema oggettivo sul quale prima o poi sarà opportuno aprire un ragionamento.  Ero una stracciac….?  Può darsi, ma ricordo con piacere che non solo non trovasti nulla da dire sulla mia uscita, ma addirittura mi ringraziasti per aver dato vita ad un salutare dibattito democratico.

Immagino ricordi che il 9 febbraio 2022 postai sul mio blog un pezzo dal titolo “Lettera aperta: Perché un neo assunto dovrebbe iscriversi alla Uilca?” in cui in estrema sintesi auspicavo che i leader dei sindacati bancari confederali ricominciassero a “fare politica”, ponendo appunto “temi confederali”, tali da marcare la differenza dal sindacalismo autonomo.  A quanto ne so non venne letta bene anche da qualche amico, ma alla luce di quanto continuo a vedere e leggere quotidianamente, io credo che il problema sia ancora ben presente.

Allargando lo sguardo al livello nazionale, la prendo alla lontana.  Tu sai che sono da sempre un cultore di storia, e con riferimento alla storia di Roma ti ricordo che il passaggio dalla Res Publica (in cui a decidere erano i Comizi del popolo e la Curia senatoriale), al Principato, in cui a decidere era invece solo l’Imperator, determinò non solo un radicale cambiamento dell’ordinamento della città eterna, ma costituì anche l’inizio del declino dell’impero.

La stessa cosa sta avvenendo da anni nel mondo politico, non solo italiano in verità, ma anche nel nostro Paese i Partiti sono gestiti sempre più in chiave verticistica, senza veri congressi, con un Capo che decide chi entra nel “cerchio magico” per cooptazione, il che equivale a dire sulla base della fedeltà politica piuttosto che sulle capacità.

Spiace dirlo, ma questa prassi, questa nuova concezione del potere, si è diffusa anche nei corpi intermedi, di cui il Sindacato costituisce un anello fondamentale.

Se queste sono le logiche, se ad esempio la Cisl può fare a meno di una “testa pensante” come Marco Bentivogli, di cosa vuoi meravigliarti? 

Che i congressi sindacali, sia di categoria che confederali, non siano più il luogo in cui dibattono tesi e di idee, ma si siano trasformati in passerelle di “potentati”, “Amministratori delegati”, “politici” (una volta qualcuno avrebbe parlato con spregio di nani e ballerine)?   Mi sembra che anche il recente congresso della mitica CGIL  sia stato pensato ed organizzato da Landini secondo questo modello.

Che le minoranze, sia nei Partiti che nei Sindacati, non siano più viste come il “sale della democrazia” in quanto portatrici di istanze e di visioni differenti, bensì come un ostacolo alla ferrea regola dell’unanimità?

Che questa ossessiva ricerca dell’unanimità ad ogni costo porti inevitabilmente all’affermazione del “Pensiero unico”, che necessariamente coincide con quello del Capo di turno e della sua cerchia?

Che tutto ciò comporti che chi non la pensa come la maggioranza, o semplicemente non è in linea, sia oggetto di marginalizzazione?   E credo non sia un caso se in questa fase storica i “commissariamenti” sono  provvedimenti molto utilizzati nel Sindacato, probabilmente per contenere ed eliminare eventuali dissensi. 

Ti dico la verità amico mio. Essendo da tempo un attento osservatore delle dinamiche interne al Sindacato, capisco la tua indignazione, ma francamente io non sono meravigliato della delega richiesta e ottenuta su una piattaforma incompleta dalla Segreteria della Uilca; anche perché in ogni caso sarebbe stato difficile, e forse anche rischioso, per chi la pensasse diversamente, far valere le proprie argomentazioni. 

La crisi del  Sindacato, che c’è ed è innegabile, deriva dall’essere restato ancorato allo schema dei rapporti di fabbrica, ad uno schema culturale ed organizzativo ottocentesco e novecentesco, che lo ha portato inevitabilmente a distaccarsi da una parte sempre più larga del mondo produttivo, creando le premesse per divenire progressivamente il sindacato degli operai andati in pensione

Di conseguenza, se non ci sarà quel ripensamento, quell’analisi critica cui accennavo, e si accontenterà di essere sempre più solo il Sindacato dei Caf e dei Patronati,  sarà destinato ad una definitiva marginalizzazione, ed il mondo del lavoro fatalmente  resterà senza presidi.

E sì caro Massimo: L’aria è amara.

Umberto Baldo


Grazie Umberto della risposta,

siamo proprio due vecchi brontoloni ma che cercano – ancora, anche se non richiesto – di dare consigli, pareri e perchè no, anche un po’ di polemica, ma di quella buona e costruttiva.
Voglio solo aggiungere un piccolo particolare.
Ti ricordi quando Porino si schierò contro Larizza per la costituzione del Partito – Sindacato?
Ti ricordi quando Porino ed poi io ci schierammo contro Angeletti perchè sosteneva come Renzi l’abolizione dell’art. 18?
Ti ricordi quando mi schierai contro Angeletti per le politiche UIL troppo vicine alla CISL e contro la CGIL?
Ti ricordi quanto mi schierai contro Barbagallo perchè non ricordò – nel corso di un Esecutivo – che i bancari – durante il lockdown – avevano tenuto aperti gli sportelli con grandi rischi per la salute?
Ecco, mi chiedo e ti chiedo: oggi sarebbero possibili e capibili queste critiche?
Oppure hai ragione tu quando affermi che “in questa fase storica i “commissariamenti” sono  provvedimenti molto utilizzati nel Sindacato, probabilmente per contenere ed eliminare eventuali dissensi?
Caro Umberto, se la terra è amara, speriamo che non lo sia l’acqua. Parola di astemio!!!

Alla prossima, vecchio brontolone


Pubblicato da Massimo Masi

Blog di Massimo Masi. Bolognese di nascita, piantato nella pianura, con una forte propaggine verso il mare. Non sono più quello di ieri, non so come sarò domani. Ma posso dirti come sono oggi, con i miei ieri (Alda Merini)

10 Risposte a “Due vecchi brontoloni che dialogano e si fanno una domanda: c’è democrazia nel sindacato?”

  1. Posso intromettermi “ragazzi”? Se io entrassi in Banca oggi non ci capirei niente, di questo sono sicuro: è tutto un altro mestiere! Voi siete sicuri di essere in grado di sindacare l’operato dei Sindacati attuale?

    1. Enrico, io sono uscito il 10 dicembre 2020, il mio compare un po’ prima perchè ha qualche primavera in più. Inoltre – entrambi – siamo rimasti legati a quel mondo da amicizie, corrispondenze “di amorevoli sensi”, di continue informazioni. E poi, diciamo la verità, fare gli osservatori e anche un po’ i critici – senza avere più responsabilità dirette è bello e ci rende non simpatici ma brontoloni, come tutti i vecchi tromboni. Ma attenzione perchè anche i vecchi tromboni conoscono lo spartito musicale, casomai non riusciranno più con l’allegro ma con la l’andante non ci batte nessuno

  2. Valeria Cantelmo (da Facebook)
    Sarete pure due brontoloni 😁😁 ma è innegabile il fatto che avete ben inquadrato una amara realtà.

  3. Hai ragione Valeria, alla nostra età riuscire ad inquadrare è già molto, anche si occhiali da vista li porto solo alla sera o davanti al pc.
    E che la realtà sia amara, tu ne sei una prova, purtroppo.

  4. Nicola Turco Due (da Facebook)
    quando ti leggo, condividendo quello che affermi, mi viene voglia di scrivere; poi il disappunto per quello che accade oggi – completamente diverso da quello vissuto – è talmente forte che allontana questo pensiero…………… ma prima o poi ci riuscirò amico mio

  5. Caro Nicola, spero un giorno riuscirai a scrivere e dire quello che hai subito. Sfogarsi serve, essere in pace con se stessi è ancora meglio

  6. E’ vero Carlo, poteva iniziare la lettera con c’era una volta un sindacato in cui si discuteva, litigava ma poi usciti dalla stanza, tutti uniti.
    C’era una volta …

  7. Cristina Rompietti (da Facebook)
    Il mondo del lavoro, fatalmente resterà senza presidi. Triste dirlo ma sta già accadendo. In alcuni casi delegati con distacco sindacale che non sanno più cosa significa lavorare pretendono di rappresentare i lavoratori, senza vivere e conoscere i problemi reali di quest’ultimi. E alla fine finiscono inevitabilmente di fare l interesse del datore di lavoro. 😡

  8. Hai ragione Cristina. Uno dei miei slogan preferiti che ho usato per molti anni era: meno sindacalisti alle trattative e più sindacalisti tra le lavoratrici e lavoratori.
    Sono stati sbeffeggiato e inascoltato. Ma la strada del sindacato è questa: stare in mezzo alle persone e non per raccontare panzane ma per raccogliere bisogni e esigenze.
    Purtroppo il posto al sole, cioè davanti all’azienda nelle trattative è sempre più ambito e fa sempre comodo. Anche per il futuro, sai mai…

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