Brasile: reprimere è la parte più facile; sanare le divisioni la più difficile

Una lettera di Umberto Baldo al blog e mia risposta

Assalto al Parlamento brasiliano – foto tratta dal web

Caro Massimo,
Devo essere sincero: quando domenica sera mi sono apparse sul video dello smartphone le prime notizie dell’assalto ai Palazzi istituzionali di Brasilia, dei brividi hanno cominciato a percorrere la mia schiena.
Il perché lo puoi facilmente capire; noi c’eravamo durante i decenni in cui l’America del Sud è stata interessata da un’ondata di golpe militari che hanno destabilizzato la maggior parte di quelle Nazioni, dando inizio ad una “stagione del terrore”.
Noi negli anni di Salvador Allende e di Augusto Pinochet c’eravamo, come pure in quelli della giunta argentina dei Videla e dei Galtieri, per citare solo due delle efferate dittature militari che hanno insanguinato il “Sud” del Continente americano, in quegli anni con il chiaro appoggio degli Usa, terrorizzati da un possibile diffondersi del castrismo e del guevarismo in quell’area.
Anche in virtù di un cambio di rotta degli Yankee credevamo che quella fosse una pagina di storia ormai archiviata, anche se da qualche tempo osservo con attenzione e preoccupazione il diffondersi in numerosi Stati, dal Cile al Perù, dalla Colombia all’Argentina, della sindrome del populismo, con l’imporsi di leader carismatici che mettono fatalmente a rischio le istituzioni democratiche.
L’assalto alle istituzioni democratiche brasiliane dello scorso fine settimana non è stato un “incidente” spontaneo.
Complotti cospiratori e appelli per un colpo di stato militare circolavano da mesi sui social media di estrema destra, e si erano intensificati dopo che Luiz Ignacio Lula da Silva ha sconfitto Jair Bolsonaro nelle elezioni presidenziali dello scorso ottobre.
E non può tranquillizzarci il fatto che la maggior parte dei “bolsonaristi” che hanno attaccato contemporaneamente il Congresso Nazionale, la Corte Suprema e il Palazzo Presidenziale erano minacciosi dilettanti, così come lo erano la maggior parte degli insurrezionalisti che hanno preso d’assalto il Campidoglio degli Stati Uniti due anni fa.

Assalto a Capitol Hill – foto tratta dal web

Certo dilettanti, ma mossi dalla convinzione che le elezioni del 2022 siano state in qualche modo “rubate” a Bolsonaro, allo stesso modo in cui sarebbero stato rubate negli Usa al suo sodale Donald Trump.
Convinzione iniettate per anni nelle loro menti come un veleno da Bolsonaro, dai suoi figli e da un gruppetto di consiglieri, influencer e agenti politici noti come “gabinetto dell’odio”, che li hanno nutriti con una dieta costante di disinformazione.
L’epilogo non poteva essere che scontato visto che durante i quattro anni in cui Bolsonaro è rimasto in carica, lui e i suoi alleati hanno messo in discussione l’integrità del processo elettorale e hanno diffuso affermazioni false su elezioni truccate e macchine per il voto elettronico malfunzionanti.
E come Trump nel 2020, Bolsonaro ha rifiutato di concedere la vittoria a Lula, contestando vigorosamente assieme ai figli la validità del processo elettorale, cercando di ribaltare i risultati nei tribunali, contestando la legittimità del Presidente entrante ed esortando i loro sostenitori a scendere in piazza.
Un parallellismo impressionante!
Comunque la si veda Bolsonaro ha acceso la miccia per l’attacco, anche se, diversamente da Trump, ha abbandonato la scena del crimine, negando ovviamente ogni suo coinvolgimento dal suo dorato “buen ritiro” di Orlando in Florida (che sembra sempre più lo Stato preferito come rifugio dai golpisti mancati).
Che il tentativo di golpe, perché di questo si è trattato, sia stato bloccato fra arresti e rimozione di pubblici funzionari palesemente complici, se da un lato ci fa tirare un sospiro di sollievo, dall’altro non deve assolutamente indurci ad abbassare la guardia.
Il ripristino dell’ordine non significa che la democrazia brasiliana sia salva.
Certo l’insurrezione può far schierare con Lula parti della società contro la frangia radicale, ma da quello che si vede sui media si percepisce chiaramente che la polarizzazione potrebbe ulteriormente acuirsi in un Paese ancora profondamente diviso.
E sappiamo bene quali sono i rischi del dopo: alcuni di coloro che sono stati portati in prigione saranno considerati dalla destra martiri ed eroici difensori della libertà.
Ed etichettandoli come “terroristi” e “fascisti”, il governo rischia di alienarsi milioni dei sostenitori più moderati di Bolsonaro.
Scrivo da anni che la democrazia non può mai essere data per scontata, neppure nella nostra Europa.
E anche nella nostra Italia si dovrebbe riflettere sul fatto che le democrazie iniziano a sgretolarsi quando ampi segmenti della popolazione perdono fiducia nelle istituzioni e diffidano delle autorità elette e dei funzionari pubblici.
E questi processi vengono accelerati in presenza di leader in qualche modo ostili alla democrazia, e dai media che li sostengono.
Dopo le vicende di domenica la posizione di Lula diventa sicuramente più difficile.
Perché egli dovrà giocoforza concentrarsi in uno sforzo di recupero alla lealtà istituzionale ed ai valori democratici di almeno metà dei brasiliani che ancora sostengono Bolsonaro, distogliendo così gli sforzi dalle problematiche sociali, economiche e ambientali più urgenti, e sulli quali ha raccolto il consenso elettorale.
Come stiamo vedendo negli Stati Uniti, perseguire, processare ed incarcerare gli insurrezionalisti è la parte facile.
Sanare le divisioni che li hanno motivati sarà molto più difficile.
Anche nel nostro interesse c’è da sperare che Lula ci riesca.
Un abbraccio.
Umberto Baldo


Caro Umberto,
ho atteso con ansia la tua lettera su questa vicenda.
Ho letto quello che hai scritto ieri per tvweb.it e non posso che condividere la tua analisi politica sulla situazione in Brasile e nell’America del Sud. Sono talmente d’accordo che tralascio ogni ulteriore commento.
Se mi permetti, però, vorrei allargare il tuo discorso sulla democrazia, sui pericoli che corre la “nostra” democrazia anche nella “nostra” vecchia Europa.
Il tuo parallelismo con Capitol Hill non fa una grinza. Manca, a mio avviso, un tassello: l’assalto alla CGIL a Roma, alcuni mesi fa durante la pandemia da parte dei no vax sobillati dai fascisti di CasaPound, Ordine Nuovo e affiliati.

Assalto CGIL – foto tratta dal web

Probabilmente tutti ricordano l’assalto alla sede della CGIL con la distruzione della sede sindacale. Ma poichè la nostra memoria storica è labile – forse perchè ci piace dimenticare – non tutti si ricordano quello che avvenne dopo e cioè il tentativo di assalto al Parlamento italiano e gli incidenti su Via del Corso per bloccare i manifestanti-fascisti da parte delle Forse dell’Ordine.
Anche quello fu un tentativo di golpe, di colpo di Stato – anche se lo ripeto – è finito nel dimenticatoio.
Quindi il “fattore Trump” è sempre nell’aria e – non è un caso – che anche in Italia i seguaci di Bannon – praticamente una setta – sono numerosi soprattutto sui social e Telegram.
E’ vero caro Umberto che la nostra democrazia è in pericolo. Lo abbiamo visto negli anni passati con il golpe fascista in Grecia, lo vediamo adesso nell’ex Jugoslavia dove i rancori delle varie etnie non si sono ancora placati, lo vediamo nei paesi retti da governi sovranisti come l’Ungheria. Per non parlare poi della Turchia di Erdogan.
Proprio ieri pensavo: possibile che tutti i golpe, le marce, gli assalti siano patrimonio della destra più estrema e non appartengono al mondo della sinistra? Anche Cuba – con il castrismo – fu più una rivoluzione di popolo contro la corruzione di Batista che una lotta armata. Poi sappiamo come è andata e la sua trasformazione in dittatura. E qualcuno ancora ha il coraggio di dire che destra, centro, sinistra è tutta la stessa roba.

Insomma caro Umberto, la vedo male, molto male.
E secondo te non è un segnale forte che “il signor Presidente del Consiglio on. Giorgia Meloni” – come da protocollo istituzionale vuole farsi chiamare – e che Salvini abbiano fatto un tweet solo nella notte – la Meloni – e il leghista solo il giorno dopo senza mai citare il nome di Bolsonaro?

Un abbraccio

Massimo


Pubblicato da Massimo Masi

Blog di Massimo Masi. Bolognese di nascita, piantato nella pianura, con una forte propaggine verso il mare. Non sono più quello di ieri, non so come sarò domani. Ma posso dirti come sono oggi, con i miei ieri (Alda Merini)