La Nato, ed il paradosso di Vladimir Putin

Una lettera di Umberto Baldo e mia risposta

Immagine tratta dal web

Caro Massimo

Non sempre esiste una conseguenzialità fra gli obiettivi che ci poniamo, e quello che riusciamo a concretizzare poi nella realtà.

La storia umana è piena di questi “paradossi”, ed in fondo è proprio questa incertezza dei risultati a costituire il fascino di questa materia. 

Non voglio tirarla per le lunghe, ed entro subito in quello che ritengo di poter definire “il paradosso di Vladimir Putin”.

A parte la chiara mistificazione di dipingere l’Ucraina come un Paese dominato del “nazismo”, uno dei principali pretesti per l’invasione è stato quello di fermare una volta per tutte l’allargamento della NATO nell’est Europa, e di conseguenza quello che Putin definisce l’accerchiamento della Russia

Forse sarà stato anche influenzato dal fatto che negli ultimi anni la Nato aveva subito numerosi attacchi da parte di leader occidentali.

Da Emmanuel Macron che solo quattro anni fa aveva dichiarato “stiamo assistendo alla morte cerebrale della Nato”, a Donald Trump che nel 2017 l’aveva definita “obsoleta”, per non parlare di Erdogan con le sue ambizioni post-ottomane.

E’ del tutto evidente che se lo zio Vladimir aveva immaginato una Nato “alla frutta”, incapace di esprimere una linea politica perché divisa al suo interno, ha del tutto sbagliato i suoi calcoli.

E qui scatta il paradosso, nel senso che l’uomo che nei suoi deliri ambisce a diventare una sorta di neo Zar, è riuscito a ridare alla Nato un nuovo cervello ed una nuova prospettiva di vita.

Che ironia!

Tanto più che la sua politica neo imperiale ha spinto due Paesi nordici neutrali Svezia e Finlandia, a chiedere l’adesione all’Alleanza, di fatto aumentando quell’accerchiamento da lui paventato.

Ed in quest’ottica mi ha un po’ stupito che quando la scorsa settimana la Finlandia ha superato l’ultimo miglio, i quotidiani occidentali non abbiano dato all’avvenimento lo spazio che a mio avviso meritava.

Forse non si voluto eccitare troppo l’ “orso russo”, ma la fine di 75 anni di neutralità del Paese finnico non è una novità da poco.

Ma la Nato era veramente sclerotizzata come presumevano Macron e Trump?

Non ne sarei così sicuro, perché quando si parla di alleanze politico-militari a livello internazionale, la loro longevità è in realtà sinonimo di funzionalità.

A ben guardare non c’è mai stata un’alleanza così duratura come la Nato.

Sappiamo bene che nei secoli passati le alleanze fra Stati erano piuttosto instabili, e come diceva Lord Palmeston: “Non abbiamo alleati eterni e non abbiamo nemici perpetui”.

La Nato rompe questa tradizione di cambi di campo, e appunto per la sua longevità costituisce un unicum negli annali degli Stati-nazione.

E a dimostrarlo sta la sua crescita continua.

Nel 1949 nacque con 12 Stati aderenti: Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Islanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Portogallo, Regno Unito e Stati Uniti d’America.

Negli anni ’50 si allargò a Grecia, Turchia e Germania Ovest, seguite negli anni ’80 dalla Spagna, nel 1999 da tre  “Satrapie ex sovietiche” e da altre sette nel 2004.   Nel 2009 arrivarono Albania e Croazia, nel 2017 il Montenegro, e nel 2020 la Macedonia del Nord.

Adesso è stata la volta della Finlandia, e quando Erdogan e Orbàn daranno il via libera, toccherà alla Svezia.

Quindi dai 12 iniziali i Paesi membri saranno 32, e questa crescita continua non è certo un segno di obsolescenza.

Ma perché, nonostante le sinistre in numerosi Paesi, fra cui continua a brillare la galassia della “gauche” italica,  abbiano sempre individuato nella Nato la longa manus dell’imperialismo americano, l’alleanza dura da 75 anni, ed alla fine non sembra patire l’usura del tempo, anzi?

Il motivo sta nel fatto che quando gli Usa abbandonarono la loro tradizionale politica isolazionista che proseguì fino alle due guerre mondiali, fornirono all’Europa occidentale il dono più prezioso; un ombrello di sicurezza “made in Usa”, realizzato con 350mila soldati americani e migliaia di armi tattiche, che hanno allora costretto Stalin ed i suoi nipotini a frenare i bollenti spiriti dell’internazionalismo proletario portato sulle baionette dell’Armata Rossa.

Ma questo ombrello agì non solo come elemento difensivo, ma anche come elemento stabilizzatore della politica europea.

Infatti Germania, Francia ed Inghilterra poterono abbandonare tranquillamente la corsa agli armamenti che aveva caratterizzato la loro politica nei secoli precedenti, e che aveva portato a guerre continue culminate nei due conflitti mondiali, per dedicarsi ad altro.

In altre parole gli Stati Uniti risparmiarono agli europei la necessità di mettere in piedi una difesa autonoma divisiva.

La Nato, che prevede forze integrate dei paesi aderenti, compatibilità software, comunicazioni comuni, addestramento costante, di fatto è un potente collante, e tali sinergie rendono costosa per un qualsiasi Stato una eventuale rinazionalizzazione della difesa; ecco perché finora nessun Paese ha mai abbandonato l’Alleanza. 

E l’aggressione di Putin all’Ucraina ha dimostrato, qualora ce ne fosse bisogno, che quando Joe Biden ha impegnato sul serio gli Stati Uniti, gli europei si sono sentiti abbastanza sicuri da opporsi all’orso russo, impegnandosi a supportare l’Ucraina anche militarmente.

Perché tutti hanno capito che la guerra in corso non riguarda solo gli ucraini, ma mira ad alterare il prezioso ordine europeo che ha delegittimato la conquista. 

La posta in gioco non potrebbe essere più alta. 

Come ai tempi di Stalin, l’affondo di Putin ha reintrodotto lo spettro dell’egemonia russa sull’Europa. 

Putin vorrebbe una sfera di influenza certificata, preferibilmente un ritorno al futuro del vecchio impero sovietico.

Per concludere, la guerra ha però reso evidente che dopo tre decenni di sostanziale disarmo europeo, le scorte di munizioni si sono ridotte, così pure le linee di produzione di armamenti. 

E tutto ciò indubbiamente sta imponendo agli Stati europei una seria riflessione sulla necessità di essere preparati  al conflitto in caso di bisogno.

In quest’ottica trovo emblematica la proposta di questi giorni del  Ministro francese delle Forze armate, Sébastien Lecornu, che parlando ai microfoni della radio francese Rtl, ha annunciato di volere “innalzare i limiti d’età per i riservisti”, che al momento è prevista fra i 62 ed i 65 anni. 

Se la proposta diventerà legge si potrà essere riservisti nell’esercito francese fino a 70 anni, e per certe funzioni di specialisti, fino a 72 anni.  

Il reclutamento e l’innalzamento dei limiti d’età per i riservisti sono elementi “chiave” per il ministro Lecornu, che si pone l’obiettivo di raggiungere “300.000 soldati nel lungo termine, di cui 100.000 riservisti”.

Ho già scritto del riarmo polacco in corso, di quello tedesco, adesso è la volta di quello francese.

Immagino che, nonostante i pacifisti de noaltri sempre attivi, anche l’Italia dovrà giocoforza mettere in campo maggiori risorse per aumentare le nostre capacità di difesa.

E chissà,  caro Massimo,  magari alla nostra età potremmo ancora trovare spazio fra i “riservisti” come in Francia!

Un abbraccio, e buona Pasqua.


Caro Umberto,
alla tua lettera vorrei aggiungere alcune mie considerazioni:
1) nonostante la mia “cultura di sinistra” mi sono sempre considerato “un atlantista” e quindi legato agli Stati Uniti anche se in quel paese non ci vivrei ne ci andrei mai. Ho sempre considerato importantissima l’alleanza con Washington sia in politica che nel campo militare. Poi sono fra quelli che ha contestato la guerra in Vietnam, la politica medio orientale, ecc; ma sempre meglio lo zio Sam che l’Orso sovietico;
2) concordo con te quando dici che ormai molti davano per “obsoleta” la Nato. Hai citato Macron, Trump ma anche qualche politico nostrano anche di destra si era affrettato a dichiarare finita l’esperienza della Nato;
3) considero chi – come Orsini – che sono preoccupati dell’allargamento della Nato come uno schiaffo alla Russia persone che vivono su un mondo che non esiste più nemmeno nei libri delle favole. Non dobbiamo dimenticare che – vedi gli ultimi casi di Finlandia e Svezia – nessuno li ha obbligati a fare domanda ad entrare nella Nato;
4) si, perchè caro Umberto, per entrare nella Nato uno Stato deve fare domanda e deve avere il consenso di tutti gli altri paese per poter aderire e non si entra per “invasione” come era per il “Patto di Varsavia“;
5) nonostante ciò sono preoccupato per la situazione in cui versa il mondo, per il grande riarmo, per il pericolo delle armi nucleari, per quello che tu scrivevi il 31 marzo 2023 nel post I regimi illiberali superano le democrazie, per i pazzi che circolano per il globo
6) sulla questione riarmo, credo sia inevitabile – purtroppo – una nuova corsa, sia perchè gli armamenti e le munizioni dopo l’Ucraina cominciano a scarseggiare, sia perchè la minaccia sovietica diventa sempre più aggressiva finchè ci sarà Putin;
7) non dobbiamo poi dimenticare – cito sempre il tuo post sulla questione dell’Oceano Pacifico Continua il balletto di alleanze nell’area dell’Indo-Pacifico del 4 febbraio – che ci sono altre aree di crisi in giro per il mondo e non è un caso che la nostra portaerei Garibaldi sia stata definita per quell’area geografica;
8) infine, so di darti un dolore, ma credo che alla nostra età nulla possiamo dare alla Patria se non cazzeggiare sui social e se fosse necessario – in quel caso – tirerei fuori la mia anima pacifista.

Buona Pasqua Umberto




Pubblicato da Massimo Masi

Blog di Massimo Masi. Bolognese di nascita, piantato nella pianura, con una forte propaggine verso il mare. Non sono più quello di ieri, non so come sarò domani. Ma posso dirti come sono oggi, con i miei ieri (Alda Merini)