Continua il balletto di alleanze nell’area dell’Indo-Pacifico

di Umberto Baldo

Immagine tratta dal web

Se ci pensate bene gli Stati Uniti nell’ultimo secolo hanno sempre avuto un grande nemico da affrontare.

Fino alla sua caduta fu la volta dell’Urss, perché la Cina era allora un Paese poverissimo, ancora in fase rivoluzionaria, e soggetto alla feroce dittatura di Mao Tse Tung.

Adesso lo schema è rimasto uguale, solo che si è invertito.    

E’ la Cina il “nemico numero uno”, anche perché la Russia è in realtà un gigante militare, ma un nano economico.   Anche se a ben vedere la guerra in Ucraina sta dimostrando chiaramente che, se non fosse per il temibile arsenale atomico a disposizione di Putin, dal punto di vista della qualità degli armamenti, il confronto con l’Occidente per lo Zar è perso in partenza. 

Certo il confronto con la Russia, chiunque comandi al Cremlino, continuerà anche nei prossimi anni sullo scacchiere europeo, nel Medio Oriente ed in Africa, ma le attenzioni degli Usa saranno maggiormente concentrate sull’area del Pacifico, in un confronto con una Cina sempre più aggressiva.

Entrambe le superpotenze hanno capito che la partita si gioca anche sul piano delle alleanze con i Paesi di quell’area, ed in effetti a livello diplomatico l’attivismo è massimo da entrambe le parti, con l’obiettivo comune di attrarre nella propria orbita le Nazioni che trovano in quell’area.

La cartina che segue mostra chiaramente quali siano gli attori in questo scenario geo-politico, e come le scelte di ogni singolo Paese siano importanti per mantenere o spostare gli equilibri.

cartina tratta dal web

Inutile che ci giriamo attorno; il problema dei problemi è Taiwan, che la Cina considera a tutti gli effetti parte del proprio territorio, e la cui ricongiunzione alla madre-patria è vista come il completamento della rivoluzione maoista.

E pensare che, nel XVII secolo, dopo aver posto fine al regno di Tungning, Pechino la considerava – secondo le parole di un funzionario dell’epoca, riportate nel libro “L’isola sospesa”, di Stefano Pelaggi (Luiss University Press) – “semplicemente una palla di fango oltre i mari, indegna dello sviluppo da parte della Cina. È pieno di selvaggi nudi e tatuati, che non vale la pena difendere. È uno spreco quotidiano di denaro imperiale senza alcun beneficio”.

Ma Taiwan, alias Formosa, non era ancora diventata l’ultimo rifugio dei nazionalisti del Kuomintang e del loro leader Chiang Kai-shek, sconfitti e messi in fuga dalle armate rivoluzionarie maoiste.

E’ chiaro che gli Stati Uniti, storico alleato di Taiwan, devono mettere in conto che prima o dopo la Cina si riprenderà l’isola (come ha fatto con Macao e Hong Kong), e lo farà con ogni mezzo, per cui al momento devono cercare di mettere in piedi un’alleanza di Paesi contrari all’espansionismo cinese, e quindi disposti ad affiancarli nella difesa dell’isola.

Guardando la cartina si vede bene che si tratta di un vero e proprio contenimento attuato dagli Usa con un cordone di Paesi che parte dal Giappone e arriva all’Indonesia, passando per le Filippine.

E sulle Filippine mi fermo un attimo.

Le Filippine sono il più antico alleato di Washington in Asia.  Sono state addirittura colonia statunitense dal 1905 fino al 1946, quando venne loro riconosciuta l’indipendenza. Filippine e Stati Uniti sono tuttora legati da un trattato di mutua difesa, firmato nel 1951, che stabilisce che l’una interverrà in soccorso dell’altra in caso di attacco da parte di forze straniere. Da allora Washington ha mantenuto numerose basi e stanziato contingenti militari nei territori dell’alleato.

Dagli anni 90 la Cina ha iniziato un processo di land reclamation nel mar Cinese meridionale, che ha portato nel tempo alla costruzione di numerose isole artificiali  e alla presa di controllo di atolli contesi con altre nazioni del vicinato (VietNam, Indonesia, Taiwan), tra cui le Filippine. 

La cartina che segue visualizza bene queste zone di attrito.

cartina tratta dal web

Dopo alti e bassi nei rapporti fra Filippine a Usa, all’inizio di quest’anno il neo presidente filippino Marcos (il figlio del dittatore che resse con il terrore l’arcipelago) ha inaspettatamente fatto una visita in Cina, al termine della quale venne annunciato un accordo per porre termine alle dispute marittime e petrolifere che per lungo tempo hanno contrapposto i due Paesi.

Sembrava quindi che ci fosse stato un riavvicinamento storico fra Pechino e Manila, con le Filippine orientate a giocare su due tavoli.

Sembrava…… perché qualche giorno fa improvvisamente Stati Uniti e Filippine hanno annunciato un aumento della presenza militare americana nell’arcipelago asiatico. L’intesa, che perfeziona l’accordo del 2014 sulla cooperazione rafforzata in materia di difesa, consentirà a Washington di posizionare attrezzature militari e muovere le proprie truppe in nove basi militari delle Filippine, ottenendo quindi l’accesso a ben quattro basi d’appoggio ulteriori rispetto a quelle già a disposizione.

Ne consegue che gli Stati Uniti aumenteranno così notevolmente la loro presenza militare nelle Filippine, espandendo le loro capacità operative nel Sud-est asiatico, sempre in funzione anti-cinese.

Inutile dire che questo annuncio ha irritato notevolmente Xi Jinping, e le autorità cinesi hanno reagito seccamente dicendo che questa mossa di Washington potrebbe provocare un’ “escalation delle tensioni” nella regione.

Sicuramente questo accordo Usa-Filippine, aumentando la presenza militare americana nelle isole, contribuisce a rafforzare quel “cordone di contenimento” all’espansionismo cinese cui accennavo sopra. 

Francamente non so se sarà sufficiente a raffreddare i bollenti spiriti di Pechino, ed anzi a dirvi la verità io penso di no.

Vi ho detto altre volte che i cinesi sono un popolo paziente, con una classe dirigente che guarda al futuro, e che nei secoli ha imparato tutte le arti della diplomazia.

Di conseguenza in un’area piena di tensioni come quella del mar Cinese gli equilibri, le alleanze, non sono mai per sempre, e  possono cambiare in tempi anche rapidi.


Pubblicato da Massimo Masi

Blog di Massimo Masi. Bolognese di nascita, piantato nella pianura, con una forte propaggine verso il mare. Non sono più quello di ieri, non so come sarò domani. Ma posso dirti come sono oggi, con i miei ieri (Alda Merini)