In questi giorni ho parlato spesso della crisi delle banche americane, a partire dalla Silicon Valley Bank, fino ad arrivare alla First Republic Bank. Vi rinvio agli articoli del 20 marzo O che bel mestiere fare il banchiere!, quello del 27 marzo Crisi delle banche e rinnovo del contratto dei bancari: problemi e opportunità e quello del 26 aprile Tornano le tensioni sulle banche e sui BTP italiani. La colpa è dei giornali di “sinistra” o della BCE? Ma il governo Meloni non ha gravi responsabilità?.
Sembra che il timore di un allargamento all’Europa del “virus” dei fallimenti delle banche americane sia stato fermato dall’intervento da parte di JpMorgan.
Lo rende noto un comunicato dell’Authority di regolamentazione Usa. JPMorgan assumerà tutti i 103,9 miliardi di dollari di depositi di First Republic e acquisterà la maggior parte dei suoi 229,1 miliardi di dollari di attività. Si tratta del secondo più grande fallimento bancario nella storia statunitense che negli ultimi due mesi ha visto i tre più crac di istituti bancari, tra cui SVB e Signature Bank.
L’operazione di salvataggio prevede la tutela dei depositi da parte della Fdic, come precisa la stessa agenzia federale, specificando che i clienti non dovranno effettuare modifiche per mantenere la loro copertura assicurativa sui depositi fino ai limiti applicabili. I clienti di First Republic Bank dovrebbero continuare a utilizzare la loro filiale esistente fino a quando non riceveranno comunicazione diversa da JPMorgan Chase Bank e dalla National Association.
Le borse europee sembrano reagire bene a questa nuova operazione di salvataggio. Forse le Borse sono più preoccupate della ripresa dell’inflazione in alcun paesi europei – il massimo si è registrato proprio in Italia – e della prossima riunione della BCE prevista per il 4 maggio, dove Christine Lagard potrebbe ancora alzare i tassi.
Tutto bene?
Per niente.
Le crisi bancarie si succedono e questo denota – ancora una volta – che questo capitalismo rampante ha dei grossi limiti e che certe operazioni finanziarie legate alla massificazione degli utili portano gravi danni all’economia reale e alla vita delle banche.
Ma a questo si aggiunge un altro problema: l’influenza dei social.
Domenica – in contemporanea – sono usciti due interessanti articoli. Il primo dal titolo “Il Passaparola Social preoccupa i banchieri rischia di innescare l’assalto agli sportelli” di Francesco Bertolino pubblicato dalla Stampa e il secondo Con la scusa dei social ci controllano i conti di Camilla Conti che – come nel miglior stile della Verità – spara titoli forti che poi non hanno nulla a che fare con il testo dell’articolo.
Scrive Bertolino: “tra l’8 e il 13 marzo 16.190 utenti hanno pubblicato tweet con l’hashtag #Svb o #Sivb e contenenti parole come «corsa agli sportelli», «prelievi» e «contagio». L’argomento altro non era che la famigerata Silicon Valley Bank, protagonista proprio in quei cinque giorni del secondo maggior fallimento bancario nella storia degli Stati Uniti. Che ruolo ha giocato il passaparola social nel tracollo dell’istituto californiano prima e di Credit Suisse poi? E soprattutto Instagram, Twitter, Facebook e TikTok potrebbero accelerare o addirittura causare altri crac? All’indomani del caso Svb, hanno preso a chiederselo in molti e anche le autorità di vigilanza bancaria. «Non si può negare che la velocità con cui i depositi sono stati ritirati dalla Silicon Valley Bank sia stata molto più rapida del previsto, molto più veloce di quanto tengono conto dei calcoli del Liquidity Coverage Ratio (Lcr)” (1)», ha notato di recente Klaas Knot, governatore della banca centrale olandese. E -continua l’articolista – che queste considerazioni sono state riproposte “nelle stesse ore dal presidente della banca centrale francese, Francois Villeroy de Galhau, che ha auspicato il dibattito sull’opportunità di cambiare le regole di liquidità alla luce dell’impatto dei social media sui movimenti dei depositi“.
Anche Camilla Conti riporta queste preoccupazioni ed analisi dei due banchieri nel suo articolo e che a “Francoforte si cercano nuovi alibi per altre strette e nuovi capri espiatori se l’impatto dei tassi alti comincerà a farsi ingestibile“.
E uno di questi alibi e capri espiatori dovrebbero essere strumenti per evitare influenze dei social in caso di crisi bancarie.
Insomma, i banchieri hanno trovato un altro “nemico” da combattere: i social.
Se vogliamo essere seri ed onesti, bisogna constatare che i social – soprattutto nel campo della rapidità d’informazione e della creazione di un’opinione – stanno influenzando tutta la nostra vita.
Capisco lo stupore dei banchieri – dipinti come “vecchi e seduti nelle loro principesche sedi” e quindi lontani dalla realtà quotidiana, quando si accorgono che la vita reale è diversa da quella vissuta maneggiando bond, warrant e pacchetti azionari.
Mi meraviglio, che qualcuno si meravigli.
Piuttosto – e qui il problema è più generale – quanto pesano le fake news, i falsi account, le ingerenze di grossi centri di contro informazione, come influenzeranno la nostra vita?
Questa è la vera domanda da porsi. Oltre – naturalmente – a quella sulla conduzione e sulla gestione delle banche da parte dei banchieri.
Nota a piè di pagina
(1) LCR = l’indicatore di breve termine (Lcr) mira ad assicurare che ogni banca mantenga una liquidità sufficiente a far fronte a eventuali picchi inattesi di prelievi da parte dei clienti
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