Cosa vuol dire essere liberale oggi?

Un articolo di Umberto Baldo e alcune mie considerazioni a margine

Immagine tratta dal web

Caro Massimo,
oggi vorrei sganciarmi dalla costrizione dell’attualità, dell’ “Ultim’ora”, per sviluppare una seria riflessione su un tema che so chi ci vede divisi, ma sul quale da persone dotate di una certa intelligenza sono certo siamo in grado di confrontarci positivamente.
Tu sai che io mi definisco da sempre un liberal-democratico, ma ti confesso che di fronte alle correnti di pensiero ed alle forze politiche che governano oggi il mondo, e ovviamente la nostra Italia, spesso mi viene da chiedermi: ma cosa vuol dire essere liberali oggi?
E non volendo rimanere solo sul teorico, calandomi quindi nella realtà di quest’anno del Signore 2023, mi chiedo anche: ma il partito messo frettolosamente in piedi dal duo Calenda-Renzi si muove effettivamente nell’ambito della grande tradizione del liberalismo?
E soprattutto che prospettive ha di affermarsi sulla scena politica italica?
Potrebbero sembrare domande banali, retoriche, forse anche inutili, ma io credo invece che le risposte che si potrebbero elaborare potrebbero avere un’enorme importanza per il futuro del nostro Paese.
Ovviamente non voglio certo riandare alla fase liberale post unitaria, ma rimanendo in anni a noi più vicini, osservo che con il termine “liberale” si coprono esperienze politiche diversissime: per fare un solo esempio la galassia liberale comprende i liberal americani (non parlo dei Democratici) che sono dei mezzo-socialisti, difensori dello stato sociale, e i liberali europei che invece vorrebbero limitare lo stato sociale per valorizzare la responsabilità individuale e le associazioni civili attraverso cui si esprime.
Si tratta quindi di un termine abusato, che ha significato molte cose differenti nel corso della storia.

Marco Pannella – Teramo, 2 maggio 1930 – Roma, 19 maggio 2016 – foto tratta dal web


Un esempio lampante è quello di Marco Pannella che si definiva “liberale, liberista, libertario”, e qualcuno avrebbe forse aggiunto anche “libertino”.
Io credo che almeno per individuare le linee guida del liberalismo sia necessario andare e rileggere i fondamenti di questa idea, così come espressa dai pensatori del passato.
Di conseguenza mi sembra di poter dire che il liberalismo classico è contro lo statalismo e la proprietà pubblica dei mezzi di produzione, e di conseguenza il liberale è liberista perché difende l’economia di mercato come massima espressione del merito e delle capacità individuali, come il luogo di compensazione e di premiazione del singolo che, in virtù dei suoi talenti, produce benessere per se stesso e per la società.
In linea con il pensiero di Luigi Einaudi secondo cui: “Il liberalismo è quella politica che concepisce l’uomo come fine. Si oppone al socialismo il quale concepisce l’uomo come un mezzo per raggiungere fini voluti da qualcuno che sta al di sopra dell’uomo stesso, sia esso la società, lo Stato, il Governo, il Capo”.

Luigi Einaudi 24 marzo 1874, Carrù – 30 ottobre 1961, Roma

Semplificando al massimo, mi sembra di poter dire che per un liberale le libertà civili sono inscindibili dalla libertà economica per una ragione estremamente pragmatica, ad ampio raggio, che investe l’intero patrimonio umano, economico e spirituale dell’individuo.
Come affermava Wilhelm Ropke, l’autore dell’ Umanesimo liberale: “Venendo meno la libertà economica, la quale si sostanzia non solo nella libertà dei mercati, ma anche nella proprietà privata, la libertà spirituale e politica perde le sue basi. L’uomo che soggiace alla costrizione da parte dello Stato e della sua burocrazia nelle sue attività quotidiane e nelle condizioni della sua esistenza materiale, rimanendo alle dipendenze di un monopolista onnipotente cioè dello Stato, quell’uomo perde la sua libertà sotto tutti i punti di vista”.
Tranquillo Massimo, sai che non sono un estremista ideologico, per cui so anche fare la tara, e so bene che la teoria liberale classica deve comunque trovare una contemperazione nella realtà economica della società, fatta anche di bisogni, di povertà, di disuguaglianze, cui bisogna dare delle risposte concrete.
Ma a questo riguardo, venendo quindi all’oggi, io credo sia ormai indilazionabile una politica liberale che sappia coniugare libertà e solidarietà per le fasce più deboli ma che, nel contempo, abbia la volontà e la capacità di combattere e smantellare tutte le incrostazioni burocratiche e corporative del nostro Paese, eliminando i privilegi di tante categorie protette, perché non è solidarietà liberale sostenere finanziariamente ampie fette di popolazione con elargizioni che, per un’incontrastabile legge sociale, vengono sparse a pioggia, premiando inevitabilmente i cosiddetti ‘furbi’ e lasciando molto spesso immutata la condizione di coloro che hanno davvero bisogno di un sostegno.
Il sistema dei ‘furbi’, non sufficientemente avversato dalla politica se non a parole, ha messo in crisi lo Stato sociale, che più che uno strumento di giustizia e di sollievo per i meno avvantaggiati, alla lunga si sta rivelando, piuttosto, un enorme peso a causa della burocrazia preposta alla produzione di beni pubblici, oggi drasticamente (e magari eccessivamente) tagliati, scuola e sanità prima di tutti gli altri.
In definitiva, per me occorrerebbe ripristinare la funzionalità di valori liberali, essenzialmente pragmatici, quali ‘opportunità’, ‘flessibilità’, ‘responsabilità’, ‘competizione’, ‘merito’, ‘libertà di scelta’, anche se mi rendo conto che questi concetti possano sembrare addirittura blasfemi per una classe politica ormai adusa a comprare il consenso a suon di bonus, elargizioni, condoni, sostanziale acquiescenza all’evasione fiscale.
Venendo infine alla seconda domanda da cui ero partito, io sono convinto che Matteo Renzi e Carlo Calenda possano, se non finiscono per bisticciare e dividersi, costituire un punto di partenza, e quindi di riferimento, per quei cittadini, pochi o tanti che siano, che non accettano lo statalismo imperante nella nostra società.
Io credo che la strada maestra che i due Dioscuri dovrebbero seguire sia quella della modernizzazione di un Paese sostanzialmente fermo, attivando riforme capaci di intaccare e stravolgere l’attuale vecchia struttura statalista e corporativa.
Quindi cercare di mettere una pezza sui guasti dell’assistenzialismo, oltre la retorica delle disuguaglianze e del pauperismo lamentoso, promuovendo riforme basate sull’innovazione tecnologica, pur senza dimenticare la necessaria solidarietà sociale.
Io credo che non sia un caso che appena nato il Partito di Calenda e Renzi abbia ottenuto lusinghieri risultati a due cifre nelle due principali città italiane; Milano e Roma.
Questo potrebbe voler dire, e me lo auguro di cuore, che i ceti dirigenti e imprenditoriali, i lavoratori autonomi, ma anche i giovani precari ed i pensionati potrebbero trovare in una forza politica ispirata ad un sano liberalismo una risposta alle proprie esigenze, diversa da quella ormai settecentesca della divisione fra destra e sinistra, che guarda caso propongono alla fine la stessa visione di società.
In fondo cosa offre lo scenario attuale?
Una destra sempre più egemonizzata dai Fratelli d’Italia, con FI e Lega a fare da chierichetti, cui si contrapporrà lo schieramento neomèlenchonista che uscirà dall’inevitabile incontro fra il Pd post congressuale e il Partito di Conte, con l’avvocato del popolo a fare da vero “Capo”.
Un’alternativa non guasterebbe! O no?
Un abbraccio.
Umberto


Caro Umberto,

oggi con il tuo pezzo hai “volato altissimo“.
Il tuo scritto potrebbe essere un incipit ad un libro sull’economia liberale post industriale.
Mi chiedo in quanti lo leggeranno e come sarà valutato, in quanto – ormai – oltre le trenta righe non ci va più nessuno (hai notato che perfino i telegiornali delle tivu generaliste perdono audience?).
Ormai approfondire gli argomenti non è di moda. Si preferisce scrivere – soprattutto sui social – non sono d’accordo; ma che cazzo scrivi; sei pagato da Soros; e via di questo passo.

Caro Umberto,

tu sai che le nostre distanze politiche sono forti e, spesso, incolmabili.
Resta, però, la consapevolezza di parlare e scrivere di cose che ci uniscono e che ci fanno discutere, sempre con grande armonia e rispetto.

Giacomo Matteotti – foto tratta dal web


La mia tradizione familiare “matteottiana”, quindi socialista, democratica, laica, non massimalista non la disconosco ed anzi più passa il tempo e più ringrazio mio nonno Ovilio che mi “costrinse” a 6 anni a leggere i libri di Giacomo Matteotti.
Mi piacerebbe confrontarmi sui limiti del liberismo e quelli del socialismo in una società ideale.
Purtroppo – e qui concordo da tempo con te – viviamo in una società liquida, dove l’immagine prevale sui contenuti.
Vedi, Umberto, tu parli di un “liberismo ideale”, in realtà – quelli che tu chiami “furbi” hanno creato ingiustizie evidenti.
Vogliamo parlare delle tasse non pagate, della falsa cassa integrazione, delle false partite IVA, della precarietà nel mondo del lavoro, del raggiungimento degli obiettivi e utili a tutti i costi; coperti dallo spirito del più sfrenato liberismo turbo capitalista?
Ecco perchè credo che – pur riconoscendo la libertà d’impresa, la democrazia economica, il fattore del valore umano – credo in uno “Stato” – con la lettera maiuscola – che coordina le politiche economiche, sociali del Paese. Insomma un misto fra statalismo e imprenditorialità che non faccia rimanere nessuno per ultimo.
Lo so, parliamo di un mondo che non c’è e che non verrà!
Per la tua seconda parte del del tuo intervento, ti rispondo semplicemente. Ho conosciuto Calenda e Renzi, sono entrambi personaggi ai quali mi onoro di non aver mai stretto la mano, se non in occasioni strettamente ufficiali, cercando anche – ove possibile – di evitare questo saluto.
Non mi piacciono, sono arroganti, anche se sono due personaggi intelligenti. Ma si sa l’intelligenza non sempre è una dote che esprime capacità.

Lean Luc Melenchon – foto tratta dal web

Se Calenda e Renzi rappresentano il “mondo liberale” penso che la strada da percorrere sarà ancora lunga e difficoltosa.
Invece condivido la tua analisi sulla destra.
I sondaggi – come scrivevo ieri nel post Come avevo previsto … niente sciopero benzinai e forse torna il taglio alle accise… contrordine camerati … danno sempre in auge il partito della Meloni che fagocita Lega e Forza Italia.

Della sinistra non parlo.
Ne avremo la possibilità nei prossimi giorni.
Credo che presto – se non ci saranno forti cambiamenti – o si arriverà alla scomparsa come in Grecia o Francia e l’avvento di un Melenchon, populista di sinistra, come abbiamo visto nelle ultime elezioni francesi.

W l’utopia!!! Noi vecchietti sappiamo ancora sognare.


Pubblicato da Massimo Masi

Blog di Massimo Masi. Bolognese di nascita, piantato nella pianura, con una forte propaggine verso il mare. Non sono più quello di ieri, non so come sarò domani. Ma posso dirti come sono oggi, con i miei ieri (Alda Merini)