Da due millenni la croce è divenuto uno dei simboli più noti al mondo intero.
Il perché è intuitivo, e sta nel fatto che la tradizione cristiana ha arricchito il simbolismo della croce, condensando in questa immagine la storia della salvezza e la passione di Gesù.
Se ci pensate bene non esiste il Cristianesimo senza l’immagine della croce, che è diventata per i cristiani il luogo della penetrazione di Dio trascendente nel mistero della miseria umana.
Eppure non fu facile per i primi seguaci di Cristo “amare la croce”, tanto che nei primi secoli evitarono di rappresentarla nella loro iconografia.
In parte per non esporsi alle persecuzioni, ma anche perché la croce nel mondo romano era uno dei principali simboli di infamia, e la morte per crocefissione era considerata scandalosa ed umiliante.
Perché?
Non si prescindere dal fatto che la “messa in croce” era una pena riservata ad un condannato riconosciuto colpevole.
Il diritto romano prevedeva vari tipi di pene per il cosiddetto illecito pubblico (crimen), e ciò avveniva mediante l’applicazione della pena capitale (supplicium ultimum seu capitale), dell’esilio (aquae et ignis inteditio) o del confino (relegatio in insulam), cui si affiancarono in epoca tardo-arcaica anche sanzioni pecuniarie, quali la confisca parziale o totale dei beni.
Da qui si deduce che la pena della reclusione, sanzione di primaria importanza nei sistemi penali vigenti, nell’ordinamento giuridico romano non esisteva, ed era solo una misura di sicurezza poliziesca, temporanea e provvisoria.
Detto questo, la crocifissione non l’hanno inventata i romani.
Si tratta infatti di una tortura e pena di morte antica, e praticata seppur con modalità diverse da molte civiltà orientali e mediterranee.
Lo storico greco Erodoto, riferisce che Dario I di Persia crocifisse 300 abitanti di Babilonia, ed altre notizie di di crocifissioni si possono riscontrare negli assiri e nei greci,che inchiodavano i condannati su tavole di legno, nei numidie nei cartaginesi, da cui poi i romani prenderanno spunto per applicare a loro volta questa tipologia di pena.
Quindi la crocifissione nell’antica Roma era, in effetti, piuttosto comune, ma aveva una caratteristica particolare: era una forma di punizione riservata principalmente agli schiavi e ai criminali di basso rango.
Era considerata cioè una delle pene più umilianti e dolorose, che i Romani utilizzavano spese con fini di deterrenza, nel senso di mandare un messaggio forte e chiaro: “Non fare pasticci, o potresti finire come questi sfortunati qua”.
Anche perché la crocifissione non era solo una questione di inchiodare qualcuno a una croce e aspettare che morisse.
Oh no, i Romani erano molto più “creativi” di così.
Prima di essere crocifissi, i condannati venivano spesso frustati, torturati e umiliati in pubblico. Inoltre, la croce poteva avere diverse forme, come la classica croce a “T” o la croce a “X”.
Come accennato, questa pena particolarmente umiliante era in genere inflitta a soldati ammutinati, ai popoli vinti per evitare ribellioni, e agli schiavi che avevano commesso crimini verso i loro padroni; più raro che venissero crocifissi cittadini romani.
E la dimostrazione ce l’abbiamo dalla tradizione cattolica, che ci racconta che San Paolo in quanto cittadino romano (civis romanus sum) venne decapitato lungo la via Ostiense, mentre San Pietro, che era ebreo, venne crocifisso a testa in giù su sua richiesta (“Non son degno di essere crocifisso come il mio Signore”).
Ho parlato di effetto deterrenza.
Infatti questa forma di esecuzione capitale aveva un effetto deterrente, migliore se le croci erano collocate lungo le strade più frequentate.
Poiché la crocifissione erano correlate non tanto alla punizione del crimine in sé, quanto al loro servire a scopo intimidatorio.
L’esempio più calzante si ebbe nel 71 a.C. quando Crasso affrontò e sconfisse gli schiavi ribelli comandati dal famoso Spartaco, e a ribellione conclusa i 6000 schiavi catturati dai romani vennero crocifissi lungo la Via Appia da Capua a Roma.
La crocifissione era preceduta solitamente dalla fustigazione; talvolta la croce era costituita da un semplice palo verticale o a “X”; spesso alla sommità del palo veniva attaccata una traversa che gli conferiva la forma di una “T” (crux commissa); oppure la traversa era messa appena sotto la sommità del palo conferendole la più familiare forma delsimbolo cristiano (crux immissa).
I racconti dei Vangeli sono molto fedeli alla realtà, in quanto era previsto che le vittime portassero su di sé la croce o la traversa (patibulum) sul luogo dell’esecuzione, dove venivano poi spogliate elegate o inchiodate al palo, sollevate in posizione verticale e appoggiate su un piolo di legno fisso al palo all’altezza dell’ anca, venivano poi legati il tronco o le spalle e anche legati o inchiodati i piedi o i talloni.
La vera atrocità di questa pena stava nel fatto che poiché la crocifissione non danneggiava organi vitali, procurava una morte lenta, a volte dopo giorni di sofferenze atroci.
Le cause della morte erano il collasso cardiocircolatorio, dovuto alla perdita di sangue, oppure asfissia, in quanto per respirare il condannato doveva fare leva sulle gambe; quando, per la stanchezza, o per il freddo, o per il dissanguamento, il condannato non poteva più reggersi sulle gambe, restava penzoloni sulle braccia, con conseguente difficoltà a respirare; o tutti questi movimenti dolorosissimi portavano al cedimento del cuore.
Proprio l’infamia insita nella crocifissione fece sì che i cristiani osarono rappresentare Gesù crocifisso solo cinque secoli dopo la sua morte.
Quando quel supplizio infamante venne in certo qual senso sublimato, come ben si evince dalle parole dell’Apostolo Paolo, che nella sua Lettera ai Corinzi così si esprime: “Cristo crocefisso è scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani, ma per chi crede è potenza, sapienza di Dio”.
E così una morte tipica dei banditi e degli schiavi divenne evento salvifico per l’umanità, come hanno stabilito i Padri del Concilio di Nicea, che nel 325 hanno formulato le parole che sono ancora oggi il cuore del Credo: “Crocifisso sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto”.
Ovviamente uno è libero di credere o non credere, ci mancherebbe.
Ma resta comunque il fatto innegabile che nei secoli la croce è venuta ad assumere un suo importante significato, sia universale, che per ogni credente.
Nel cimitero dà consolazione e alimenta la speranza di una vittoria della vita sulle tenebre, così come in alto su una vetta dovrebbe dimostrare che Dio è molto al di sopra di tutto.
E dopo 2000 anni…… è ancora lì!
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