Il 28 febbraio in Transnistria si farà un ulteriore passo verso la guerra in Europa?


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A due anni dall’invasione e della guerra non dichiarata all’Ucraina e all’Europa, il 28 febbraio potrebbe aprirsi un nuovo terreno di scontro con Putin. Che farà l’Europa?


di Umberto Baldo

Si usa dire che “l’assassino torna sempre sul luogo del delitto”.

Pur non avendo ucciso nessuno, oggi ritorno su un argomento di cui vi avevo già parlato il 27 dicembre 2022 con questo pezzo che potete consultare, se volete, a questo link https://massimomasi.altervista.org/alle-radici-del-neo-imperialismo-di-vladimir-putin/

Allora mi interessavano le origini dell’imperialismo russo e la sua continuità con la politica di Putin; oggi il focus è su un pezzo di terra insignificante geograficamente, ma potenzialmente esplosivo politicamente. 

Il pezzo del 2022 cominciava con una domanda: Sapete dové la Transnistria, o se preferite la repubblica Moldova di Pridniestrov?

Come noto la Moldova è un’area geografica dell’Europa orientale, che per secoli ha fatto parte integrante dell’Impero ottomano, e successivamente fu spartita fra Turchi, Russi (la Bessarabia) e Austriaci (la Bucovina).

La parte orientale, che corrisponde all’attuale Stato indipendente, venne occupata dall’Unione Sovietica nel 1940, nell’ambito del Patto Molotov-Ribbentrop, ma fu successivamente occupata dalle truppe dell’Asse nel 1941, durante la seconda guerra mondiale.

E’ attualmente lo Stato più povero d’Europa, con un territorio grande quanto la Lombardia più mezzo Veneto, con capitale Chisinau, ed è fra i Paesi che aspirano ad entrare nell’Unione Europea.

Mi fermo qui, e se avete voglia di saperne di più sulla Repubblica di Moldavia, i cui confini ricalcano di fatto quelli di quando era una Repubblica Socialista Sovietica, basta che accediate alla rete, e troverete quello che vi serve.

Se non che, come spesso avviene, il Diavolo fa le pentole e non i coperchi, e la parte dello Stato situato ad est del fiume Dniester, denominata appunto Transnistria, il 16 agosto 1990 proclamò l’istituzione di una Repubblica socialista sovietica moldava Pridnestrova indipendente, con capitale Tiraspol.

Le motivazioni di questa separazione, al di là di tante belle parole, sta nel fatto che la popolazione della Transnistria  comprende un’ampia percentuale di slavi orientali prevalentemente russofoni di origine ucraina (28%) e russa (26%) (complessivamente il 54% nel 1989),

Non fu una “separazione consensuale” come si usa dire, tanto che  nell’inverno 1991-1992 si verificarono scontri tra le forze della Transnistria, sostenute da elementi della 14ª Armata della Guardia (facente parte dell’esercito sovietico, divenuto russo), e la polizia moldava. 

Tra il 2 marzo e il 26 luglio 1992, il conflitto degenerò in un impegno militare. 

Si trattò di una breve guerra tra le forze moldave e quelle separatiste della Transnistria, con l’intervento militare russo a sostegno dei separatisti. L’intervento bellico si concluse con un cessate il fuoco e l’istituzione di una zona di sicurezza sorvegliata da una forza di pace tripartita composta da personale russo, transnistriano e moldavo.

Ricapitolando:

La Transnistria, come si vede dalla cartina, è una lingua di terra che scorre lungo il confine moldavo-ucraino.  E’ sotto controllo militare russo, ed è sede del deposito d’armi più grande del Continente, quello di Cobasna.

La sua popolazione per la più parte parla russo, ha passaporto russo, e vorrebbe ritornare fra le braccia di Santa Madre Russia.

Ragazzi, quello della Transinistria è un problema comune a tutti gli Stati del mondo, dove vi sono zone di confine in cui la popolazione, per ragioni o etniche o storiche, parla la lingua dello Stato confinante.

Succede da noi in Alto Adige e in Val d’Aosta, in Alsazia e Lorena, in New Mexico negli Usa, senza però che nessuno Stato rivendichi territori solo per una questione di idioma parlato. 

Lo fece Hitler con i Sudeti e con l’Austria, e con i polacchi che parlavano tedesco, e abbiamo visto come è andata a finire.

La novità è che l’assemblea legislativa della Transnistria, regione separatista della Moldavia, intende riunirsi il 28 febbraio per chiedere l’annessione alla Russia, come già fatto dalle autorità fantoccio delle regioni occupate dell’Ucraina.

La notizia è stata lanciata dall’Agenzia di stampa moldava Infotag, che contiene un dettaglio forse illuminante; quello che l’unione alla Russia verrebbe deliberata il giorno prima del discorso di Putin all’Assemblea federale russa, il che gli offrirebbe lo spunto per prenderne atto pubblicamente (e magari spiegare anche quali siano  le sue intenzioni al riguardo).

Quando nel mio pezzo citato di dicembre 2022 parlavo di “imperialismo russo”, mi riferivo al fatto che a mio avviso il ricongiungimento dei “fratelli russi di Transnistria” alla madrepatria, rappresenta il cavallo di Troia di Putin per impadronirsi, già che c’è, dell’intera Repubblica Moldava.

E a dimostrarlo sono i numerosi tentativi di destabilizzare il legittimo governo moldavo operati negli anni dai russi, mediante proteste orchestrate, violenze provocate, oligarchi corrotti finanziati, infiltrazioni della Wagner, sostegno ai nazionalisti moldavi che chiedono di rafforzare l’identità romena e l’alfabeto latino, per inasprire le tensioni politiche con i russofoni, ecc. 

Lo so che c’è da perderci la testa a seguire tutte le etnie e le lingue presenti in questa zona d’Europa, soprattutto per noi occidentali che non ne abbiamo mai studiato le storia, e neppure la geografia (il che è stato sicuramente un male),  ma non può che essere così, perché si tratta di un’area geografica dove per secoli e secoli si sono combattuti e alternati vari imperi, e si sa che nessuna cultura viene spazzata via completamente da un nuovo potere politico.

Qualcosa resta sempre, a maggior ragione nelle zone di confine come la Transnistria.

Il 28 febbraio è fra pochi giorni, e la Transnistria sarà la cartina di tornasole  per capire se lo Zar Putin proverà ad annettere il piccolo territorio per giustificare poi una “difesa dei connazionali russi”, come già fatto in Crimea e Donbas.

Piaccia o meno ai Salvini e a tutti i “putiniani” di casa nostra, questa è stata la tattica di Adolf Hitler, e su questo non ci piove. 

Ecco perché il “clima da anni ‘30” che si riscontra purtroppo nei 5Stelle, in certa Sinistra, nel cattolicesimo Bergogliano, in certi settori del Pd, nella Lega di Salvini, infarcito di neutralismo a buon mercato, di antiamericanismo viscerale ai limiti dell’antioccidentalismo, costituisce il migliore alleato del fascismo-putiniano.

Non dico che è già arrivato il momento dei Churchill, ma sicuramente non è quello  dei Neville Chamberlain e degli  Édouard Daladier,  visti come alfieri della pace ottenuta con l’altrui resa. 

Ecco perché sarà opportuno che non distogliamo lo sguardo da quell’Assemblea che mercoledì prossimo, 28 febbraio,  nella dimenticata Transnistria potrebbe piantare un’ulteriore chiodo sulla bara delle pace in Europa.


Pubblicato da Massimo Masi

Blog di Massimo Masi. Bolognese di nascita, piantato nella pianura, con una forte propaggine verso il mare. Non sono più quello di ieri, non so come sarò domani. Ma posso dirti come sono oggi, con i miei ieri (Alda Merini)

2 Risposte a “Il 28 febbraio in Transnistria si farà un ulteriore passo verso la guerra in Europa?”

  1. Claudio Gagliardini (da Threads)
    Militarmente l’Europa non esiste, quindi semmai cosa farà la NATO, qualora questo scenario si dovesse concretizzare, decidendo eventualmente di intervenire anche se la Transnistria non fa parte dell’alleanza. Pessima scelta, a mio avviso.

  2. Rispondo l’autore dell’articolo Umberto Baldo
    Caro Signor Gagliardini, innanzi tutto grazie per averci fatto conoscere il suo pensiero.
    Guardi, allo stato delle cose l’unica cosa che la Comunità Internazionale può fare è quella di osservare gli sviluppi della situazione, e di sperare che prevalga il buon senso, anche se gli eventi degli ultimi due anni non inducono all’ottimismo.
    Non le sarà senz’altro sfuggito che la Transnistria si presta in modo eccezionale a diventare un casus belli.
    Una stretta striscia di terra incuneata fra Moldova e Ucraina, qualora diventasse un’enclave russa a tutti gli effetti (quindi dopo il solito rituale del plebiscito che abbiamo visto in Donbass), costituirebbe il classico cavallo di Troia per accerchiare Kiev.
    Sulla base degli attuali accordi internazionali e delle Alleanze in atto, la Nato non potrebbe intervenire in alcun modo direttamente in Transnistria, come d’altronde ha fatto in Ucraina, in questo caso magari fornendo armi alla Repubblica Moldava.
    Ma sarebbero energie sprecate perché la Moldova è un piccolo staterello che non avrebbe alcuna possibilità di opporsi ai russi.
    Come le dicevo, c’è solo da augurarsi che dalle parti del Cremlino prevalga il buon senso.
    Grazie e a presto

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