La trattativa in Intesa Sanpaolo: cosa farà l’Azienda, il no del sindacato e alcune mie valutazioni sulla rottura delle trattative

settimana corta – foto tratta dal web

Ritorno, dopo alcuni giorni, sulla rottura delle trattative per “una nuova organizzazione del lavoro e degli orari in Intesa Sanpaolo“. Trattativa che è durata 5 mesi – anche con riunioni riservate – ma che non ha portato ad una soluzione condivisa con le Organizzazioni sindacali.

Prima di iniziare vi riassumo gli articoli apparsi sul mio blog che hanno affrontato questa lunghissima e delicatissima trattativa: 11 ottobre 2022 A Banca Intesa Sanpaolo si discute della settimana lavorativa su quattro giorni: ci sarà l’accordo con il sindacato?; 12 ottobre Ancora sulla riduzione delle giornate settimanali lavorative in Intesa Sanpaolo: la lettera di Umberto Baldo; del 18 ottobre Riduzione orario di lavoro a parità di stipendio: se n’è parlato al Congresso UIL. E’ fattibile?; del 27 ottobre Dalla trimestrale Unicredit all’aumento di capitale di MPS: gioie e dolori del sistema bancario italiano. E’ sceso il silenzio sulla trattativa in Intesa Sanpaolo; del 23 novembre Dobbiamo accettare la logica del “si salvi chi può”? Il caso Intesa Sanpaolo e Dove eravamo rimasti (6): rottura delle trattative in IntesaSanpaolo sull’orario di lavoro; Ilaria Della Riva responsabile CASL ABI; banche italiane superano i test del 16 dicembre 2022.

Nella tabella sottostante, ho cercato di raggruppare le motivazioni aziendali, quelle sindacali e alcune mie considerazioni sui punti principali della trattativa. Per quanto riguarda le posizioni sindacali ho preso spunto dal comunicato unitario del 16 dicembre e dall’articolo apparso su Start Mag del 17 dicembre, per la banca il comunicato stampa del 16 dicembre.
Quindi mi scuso in anticipo se non sono preciso nelle formulazioni delle diverse posizioni, in quanto ho lavorato solo su documenti pubblici, anche se credo di non essere molto lontano dalla realtà.

smart working
sindacatoaziendamie valutazioni
Con l’iniziativa presa, la banca, violerebbe le previsioni del contratto nazionale sulla gestione dello smart working: il contratto nazionale, infatti, stabilisce un limite di 10 giorni al mese proprio per assicurare un giusto equilibrio fra attività lavorativa da casa e in presenza.un’evoluzione dello smart working con la possibilità di lavoro flessibile fino a 120 giorni all’anno, senza limiti mensiliIntesa ha forzato la mano su questo argomento, andando contro gli accordi nazionali non sul numero dei giorni in smart working (10 giorni x 12 mesi = 120) ma sulla continuità della prestazione a casa. Si potrebbero davvero creare difficoltà di inserimenti e di socialità. Come ho scritto più volte su questo argomento
4×9 e utilizzabilità nelle filiali
La settimana corta 4×9 deve essere una possibilità per tutti: proposta una sperimentazione di sei mesi per permettere a tutti i lavoratori di farne richiesta; La banca penalizza pesantemente i colleghi di filiale in quanto viene negato lo smart working e il 4X9  Per la settimana corta sarà avviato un periodo di sperimentazione in circa 200 filiali per la settimana corta di 4 giorni da 9 ore lavorative a parità di retribuzione, su base volontaria e compatibilmente con le esigenze tecniche – organizzative e produttive della Banca.Lo avevo già scritto negli articoli precedenti. La proposta sindacale di allargare la possibilità del 4X9 e dello smart working a tutti i dipendenti, filiali comprese, è giusta e legittima. Purtroppo nelle filiali piccole, quelle con pochi addetti, è difficilmente applicabile. O si ridiscute tutto l’orario di lavoro in una filiale, oppure ci sono le complessità che sono emerse in questa trattativa. La sperimentazione in 200 filiali mi sembra un passo in avanti che deve essere tenuta in considerazione. Da tenere in considerazione che la possibilità dell’orario 4X 9 è contenuto nel CCNL del credito.
Questione dei costi
Riduzione dei costi aziendali: con il caro energia l’azienda ha trovato il modo di risparmiare i propri costi scaricandoli sui colleghi. Lavorando in smart working anche sei mesi di fila, l’abitazione del dipendente si trasforma nei “locali della banca” con tutti i costi delle utenze a carico dello stesso lavoratore. Per la banca ciò si traduce in grandi risparmi e, magari, si realizza pure la possibilità di ridurre gli spazi necessari dei luoghi di lavoro, vendendo, conseguentemente, un po’ di palazzi e incassando importanti somme. La banca, inoltre, risparmia anche sul buono pasto: quindi ha tutta la convenienza a far lavorare il collega da casa incrementare per tutti il valore del Buono pasto;
• riconoscere il Buono pasto intero per le giornate di Smart Working;
• riconoscere gli indennizzi per le spese energetiche e di connessione, oltre ad un contributo per l’allestimento della postazione di lavoro
un’indennità di buono pasto di 3 euro al giorno, per tener conto anche delle spese sostenute lavorando da casaEffettivamente credo che i 3 euro al giorno di ticket siano pochi anche per fare fronte i maggiori costi di luce, gas che il dipendente in smart working è costretto a pagare. Va detto, altresì, che il lavoratore ha un risparmio sulle spese di viaggio. Mentre non credo che la banca abbia sul breve termine vantaggi sui risparmi energetici in quanto gli uffici centrali dovranno rimanere sempre aperti 5 giorni alla settimana e che la vendita di locali potrà avvenire, se avverrà, fra anni.
Disabilità e fragilità
 Il piano di Intesa penalizza pure i dipendenti con disabilità e fragili: per queste persone, infatti, vale la logica per cui se lavori nelle strutture centrali avrai la massima fruibilità dello smart working, ma se invece lavori in filiale non c’è diritto alcuno. Quindi la disabilità – ed è inaccettabile – subisce un’ulteriore discriminazione. La Banca non si esprime su questo argomentoEffettivamente manca una norma che agevoli i disabili e i fragili che lavorano in filiale
Diritti delle lavoratrici e dei lavoratori
Non è stato regolamentato il diritto alla disconnessione: dando mano libera agli orari di lavoro, in ingresso, in uscita e con più intervalli si corre il rischio, di fatto, di trasformare il lavoratore dipendente in un libero professionista, senza limiti di orario e alla mercé delle volontà aziendali per prestazioni di lavoro, quindi senza regole certe e chiare.La banca è all’avanguardia in materia di organizzazione del lavoro, in linea con il suo impegno costante per il benessere e l’inclusione che posiziona il Gruppo ai vertici mondiali dei principali indici internazionali. Porre al centro lo sviluppo delle professionalità della Banca in un contesto di attenzione verso esigenze e aspettative è elemento chiave per la realizzazione del Piano di Impresa 2022-2025. Il modello organizzativo che si prefigura con queste nuove misure metterà la Banca nelle migliori condizioni di competitività per affrontare le sfide che la attendono alla luce del mutevole contesto economico e sociale, in particolare la transizione verso i servizi digitali e ad alta innovazione tecnologica. Quello del diritto alla disconnessione, ai tempi di lavoro, alle pause, sono una serie di problemi che effettivamente, stante alle parole del sindacato non hanno trovato una risoluzione. E non sono problemi da poco, perché è in gioco la qualità della vita

Ho cercato – pur cercando di limitarmi ai dati essenziali e anche alle limiti possibilità grafiche del programma di scrittura del blog – di evidenziare i punti salienti della situazione.
A questo punto non mi resta che pormi delle domande.
La prima.
Chi ha ragione e chi ha torto.
Nella mia lunga esperienza sindacale la ragione e il torto – di solito – si pone a metà. Probabilmente ci sono state forzature da parte della Banca, forse, derivate da forti esigenze economiche aziendali e il sindacato, probabilmente, pensava di riuscire a portarsi “a casa” qualcosa di più.

Alfio Filosomi – Responsabile Affari Istituzionali Sindacali  – foto tratta dal web

Quello che mi ha stupito di questa rottura, o per meglio dire non firma, è che conosco benissimo gli attori di questa trattativa – sia quelli aziendali che quelli sindacali – e conosco bene le dinamiche che hanno quasi sempre portato a buoni accordi – che molte volte hanno addirittura anticipato – accordi nazionali in Intesa Sanpaolo. Non è un caso che il ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, è indicato come uno dei fautori di buone relazioni sindacali ed è sempre, ripeto sempre, invitato ai Congressi e alle assise dei sindacati bancari e non. Che ci sia un inversione di tendenza in Intesa San Paolo?

La seconda.
Cosa succederà adesso?
La prassi sindacale vorrebbe che – dopo una rottura su un argomento così importante che cambierà e modificherà profondamente la vita lavorativa degli oltre 70.000 dipendenti di Intesa Sanpaolo – si convocassero le assemblee delle lavoratrici e dei lavoratori per spiegare il punto di vista del sindacato e per proclamare lo stato di agitazione che non significa solo sciopero. Purtroppo – ultimatamente – anche a causa delle restrizioni dovute al Covid – le assemblee del personale sono diminuite nel numero e nella partecipazione. L’altra alternativa sindacale è quella dell’impugnazione – appena la banca metterà in attuazione quanto deciso – attraverso una causa legale. Soluzione che vedo difficile ma non impossibile. Credo che, come al solito, l’apparato legale di prim’ordine della Fabi, sarà in grado di stabilire la fattibilità di un eventuale ricorso al Giudice del Lavoro.

La terza.
I pericoli che corre il sindacato.
Il Sindacato – a mio avviso – corre un grosso rischio: quello che questo unilaterale modello organizzativo della Banca, piaccia alle lavoratrici e ai lavoratori. E soprattutto il sindacato deve stare attento affinchè i lavoratori delle filiali e della Direzione non si dividano tra di loro. Gioco che – probabilmente – l’Azienda ha messo in conto. Non è un caso che nel luglio di quest’anno il ceo di Intesa Sanpaolo di sua sponte abbia elargito un bonus di 500 euro senza concordarlo con le Organizzazioni sindacali motivandolo come contributo contro il caro vita (vedi articolo del 31 luglio 2022 Nel silenzio sindacale, Messina (ceo IntesaSanpaolo) eroga 500 euro ai dipendenti come misura contro l’inflazione) e altre 500 euro con l’accordo sindacale. Situazione non facile.

La quarta
La ripresa della trattativa

Di solito dopo rotture così forti – passato qualche giorno per sbollire la giusta rabbia – i “pontieri“, cioè coloro che cercano agganci, cominciano a lavorare per ricucire lo strappo. Mi auguro che anche questa volta si possano riprendere i fili tagliati così fortemente perchè il settore ha bisogno di tutto tranne una rottura sindacale con il primo gruppo italiano.

La quinta
Cosa è accaduto nel campo sindacale?
Se non fosse uscito l’articolo di Start Mag

del 16 dicembre – in cui inopinatamente sono stato “tirato per la giacchetta” e al quale ho risposto il 19 dicembre con il post intitolato Se per restare in sella, bisogna attaccare il sottoscritto … – in cui si citava testualmente: “Tuttavia, si registrano forti fibrillazioni interne alla Uilca perché l’attuale coordinatrice in Intesa Sanpaolo, Simona Ortolani, e uno dei segretari nazionali, Giuseppe Bilanzuoli, sono in disaccordo sulla rottura delle trattative con l’azienda. La presa di distanza di Bilanzuoli, palesata al tavolo sindacale attraverso la sua fidatissima Ortolani, non sarebbe motivata da questioni di merito affrontate nel corso della trattativa. Raccontano fonti qualificate, infatti, che Bilanzuoli avrebbe messo nel mirino la poltrona del segretario generale della Uilca, Fulvio Furlan“, di divisioni sindacali non ne avrebbe parlato nessuno.
Anche in questo caso non entro nel merito della questione perchè non conosco la situazione, anche se leggendo tra le righe il comunicato Uilca di Intesa Sanpaolo Lazio che riporto nella parte finale si possono intuire molte cose:

Non credo ci sia nulla di male – anzi sta nella normale dialettica sindacale – che un sindacato possa essere più possibilista o più portato alla trattativa di altri. La capacità sindacale sta nel trovare, poi, una posizione unitaria ed univoca, come poi si è rivelato nel comunicato sindacale del 16 dicembre.
Quello che invece è sbagliato, portare sui giornali posizioni legittime di sigla che possono solo creare confusione e discredito. Ma quello è un vecchio atteggiamento difficile da estirpare soprattutto quando esiste una stampa gossipara.

La sesta
Cosa pensano i sindacati confederali di questa rottura?
Sarai davvero curioso di sapere – al di là della solita frase di circostanza: quello che fa la categoria per il sindacato nazionale va sempre bene – cosa ne pensano CGIL CISL UIL di questo accordo non firmato, quando le stesse Confederazione – la UIL addirittura nel suo Congresso di Bologna a ottobre – stanno spingendo per soluzioni di riduzioni di orario a parità di salario.

La settima
Un retro pensiero maligno
Non sarà che questa vicenda della non firma dell’accordo in Intesa Sanpaolo sia collegata alla trattativa per il rinnovo dell’accordo sulle libertà sindacali, cioè sui permessi sindacali, che scade? Mi ricordo che ogni volta che si va a rinnovare questo accordo c’è sempre una grande fibrillazione fra le Organizzazioni sindacali, fra le grandi e le piccole, alla ricerca di avere un riconoscimento di permessi sindacali che consenta alle Organizzazioni sindacali di sopravvivere.


Chiedo scusa in anticipo e sono pronto a rettificare il post se sono incorso in errori. La mia – come ho scritto all’inizio dell’articolo – è una valutazione fatta su testi, non ho parlato con nessuno di parte aziendale e sindacale, ma ho solo cercato di capire, spiegare e interpretare alcuni passaggi.


Pubblicato da Massimo Masi

Blog di Massimo Masi. Bolognese di nascita, piantato nella pianura, con una forte propaggine verso il mare. Non sono più quello di ieri, non so come sarò domani. Ma posso dirti come sono oggi, con i miei ieri (Alda Merini)