Intesa si sgancia dall’Abi (per meglio dire dal Casl) – Fine del CCNL?

Palazzo Altieri – sede dell’ABI – foto tratta dal web

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Una lettera di Umberto Baldo al blog e mia risposta

Umberto Baldo

Caro Massimo

Inizio queste mie considerazioni raccontando che quando sono arrivato, ormai tanti anni or sono,  al Settore Personale della mia Banca mi venne spiegato che ove mai un dirigente dell’Azienda finisse sotto attacco di una o di tutte le Sigle sindacali, la regola era che si facesse quadrato nella difesa del collega.

Ciò non voleva dire che, in un secondo tempo, quando le acque si fossero calmate, e la cosa fosse stata quasi dimenticata, se il dirigente in questione aveva, come si usa dire con un francesismo, “pisciato fuori dal vaso”, non sarebbe stato pesantemente redarguito, e se del caso spostato in altro settore dove non potesse fare danni. 

In altre parole mi dissero:  “il dirigente attaccato va sempre difeso, salvo poi regolare i conti in famiglia senza clamori”.

Ti starai chiedendo: ma dove vuole arrivare Umberto con questo aneddoto?

Da nessuna parte, apparentemente, ma è rivolto a “chi ha orecchie per intendere”, e una persona avveduta potrebbe trovare qualche aggancio con quello che segue.

La notizia che è appena stata lanciata dall’Ansa è di quelle che hanno il sapore di un tuono a ciel sereno.

Vediamo il comunicato: (ANSA) – ROMA, 02 MAR – Intesa Sanpaolo, la prima banca italiana, resta in Abi ma ha revocato la delega all’associazione ad essere rappresentata.

E’ quanto confermano varie fonti secondo cui la decisione avviene mentre è in corso con i sindacati la trattative per il rinnovo del contratto nazionale, scaduto a dicembre e prorogato fino a fine aprile.

Per statuto l’Abi, oltre alle attività di consulenza e informazione, su mandato degli associati, li rappresenta “nel regolamento dei rapporti di lavoro (compresa la stipulazione di contratti collettivi) nei confronti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori”. (ANSA)

Questa decisione di Intesa, guarda caso, cade proprio nella fase in cui l’Abi e le Organizzazioni Sindacali stanno trattando per il rinnovo del Contratto Nazionale, e di conseguenza non può non avere una rilevanza politica.

Non si fanno certi passi così tanto per fare; per forza di cose dietro ci deve essere un disegno ben preciso, o quanto meno una visione diversa da quella dominante nell’Associazione dei banchieri italiani.

E’ una decisione di cui nell’ambiente ovattato delle Banche se ne parlerà, e stai tranquillo che ha già innescato tutta una serie di riflessioni negli uffici dei Presidenti e degli Ad.

Come si usa dire, la domanda sorge spontanea: Perché questa decisione, e perché proprio in questo momento?

Carlotta Scozzari – foto tratta dal web

Carlotta Scozzari, cronista solitamente ben informata, sull’Huffington Post suggerisce questa motivazione : “…In tempi recenti, erano emerse tensioni  tra Intesa e Rappresentanti dei lavoratori intorno alla proposta della banca di introdurre la settimana lavorativa di quattro giorni. Le parti non erano riuscite a raggiungere un accordo finale e il gruppo guidato da Carlo Messina aveva deciso di procedere da solo con la proposta ai dipendenti. Nei giorni scorsi, poi, in sede di rinnovo del contratto, il segretario nazionale della Fabi, Lando Sileoni, aveva sferrato un duro attacco ad Alfio Filosomiresponsabile affari sindacali e politiche del lavoro di Intesa Sanpaolo, accusato di essere il presidente “ombra” del Casl, ossia il comitato esecutivo dell’Abi presieduto da Ilaria Maria Dalla Riva, di Unicredit….”.

Ho avuto modo di sentirla anch’io la registrazione di quell’incontro all’Abi, ed ho sentito i ragionamenti di Sileoni, e posso confermare che la Scozzari non ha riferito nulla più di quello che è successo.

Certo si potrebbe pensare, alla luce di quello che ho scritto all’inizio, che si tratti di una difesa di un alto dirigente di Intesa finito sotto gli strali del Sindacato.

Ma a dirti la verità messa così la cosa potrebbe sembrare a mio avviso da un lato meschina e dall’altro riduttiva.

Io credo, e spero, che dietro stia maturando in Intesa una consapevolezza di cui io sono convinto da lungo tempo, e che ho avuto modo di manifestare svariate volte.

E cioè che ci si stia interrogando sull’effettivo ruolo, e relativa utilità, del Contratto Nazionale di Lavoro in questa fase.

Mi spiego meglio.

Come nella scuola l’aver preso come benchmark gli alunni con maggiori difficoltà di fatto ha abbassato il livello complessivo della qualità dell’insegnamento, così il CCNL in un settore come il credito non può che essere il frutto di una mediazione fra le Banche più in salute, e meglio organizzate, e quelle invece che presentano qualche criticità o sono meno performanti.

Si può obiettare che ciò vale in tutti i settori produttivi.

Vero! 

Ed infatti come hanno risolto il problema le Aziende e le Banche gestite meglio e più redditive?

Con la contrattazione di secondo livello, e mente sapendo di mentire chi afferma che   i lavoratori bancari hanno tutti lo stesso trattamento economico e lo stesso welfare.

E non può essere che così, perché le banche “in salute” sono più disponibili a concedere ai  propri dipendenti aumenti salariari, o benefit soprattutto nel settore del welfare aziendale. 

Io francamente non so se nel prossimo CCNL si ripresenterà il problema delle declaratorie professionali cui legare inquadramenti e gradi; ma è evidente che lo strumento non è più idoneo nel 2023 a regolare questa materia, perché le Banche sono troppo diverse fra loro nella loro articolazione e nella loro organizzazione.

Per non farla troppo lunga, sono veramente curioso di vedere cosa vorrà dire in concreto fare parte dell’Abi, ma avendo revocato il “mandato di rappresentanza” .

La Scozzari, sempre brava e puntuale, lo spiega benissimo: In altri termini, la banca guidata da Messina condurrà una trattativa parallela coi sindacati rispetto a quella dell’Abi. Intesa Sanpaolo – aggiunge un portavoce – proseguirà nel dialogo con le OOSS nel pieno rispetto dei reciproci ruoli, come sempre avvenuto, continuando a ritenere le relazioni industriali elemento essenziale nel raggiungimento degli obiettivi del Gruppo, nell’interesse delle nostre persone e della Banca. Intesa Sanpaolo conferma la centralità del contributo delle persone del Gruppo; la piena garanzia dei diritti individuali e collettivi sarà assicurata, nel tempo, nell’ambito della Contrattazione Collettiva discendente dal confronto con le OOSS nazionali ed aziendali, per fornire il supporto più adeguato al nostro modello organizzativo e al ruolo ricoperto da Intesa Sanpaolo nel nostro Paese”. 

Potrei sbagliare ovviamente, ma mi sembra che per la Siora Maria ciò equivalga a dire: “Noi parteciperemo come osservatori (come all’Onu) alle trattative per il CCNL, e se le conclusioni ci andranno bene ci allineeremo, altrimenti ci faremo un Contratto per conto nostro, con le nostre rappresentanze aziendali”.

Non so se questa scelta di Intesa resterà isolata, o se sarà seguita anche da altre Banche. 

Certo  se facesse proseliti, la strada verso la fine del CCNL, e con esso del ruolo centrale delle Segreterie Nazionali dei Sindacati, sarebbe segnata.

Non ci resta che aspettare.

Un abbraccio.

Umberto Baldo


Caro Umberto,

devo contraddirti.
La notizia non mi ha colto di sorpresa.
Lo avevo un po’ anticipato esprimendo i miei dubbi sulla trattativa del 4 X 9 e per lo smart working non firmato dalle Organizzazioni sindacali, vedi il post La trattativa in Intesa Sanpaolo: cosa farà l’Azienda, il no del sindacato e alcune mie valutazioni sulla rottura delle trattative del 21 dicembre 2022 e quello del 27 febbraio 2023 Fisac/Cgil, First/Cisl, Uilca e sindacati autonomi firmano l’accordo con Banca IntesaSanpaolo Divisione Insurance sul 4 X 9 e smart working dove – nel primo – invitavo le parti a riprendere il tavolo per evitare inutili contrapposizioni e – nel secondo – raccontavo – gli accordi di primo e secondo livello che IntesaSanpaolo Insurance aveva firmato con le sigle sindacali poichè non aveva dato delega all’ANIA per le trattative nazionali per gli assicurativi.

Quindi una tragedia annunciata? Possiamo parlare di tragedia? O è un fatto normale? L’esperienza della Fiat con Confindustria insegna? E adesso cosa succederà?
Per oggi mi voglio fermarmi qui.

E lo sai perchè? Voglio vedere, leggere e conoscere le valutazioni dei miei ex colleghi segretari generali che domani appariranno sui giornali e sui media.
E lo sai perchè voglio valutare bene?
Perchè in queste ore ho letto alcune prese di posizione – più che altro messaggi ai quadri sindacali – dove si cercava di dare spiegazioni e raffrontare questa posizione a quella dell’Unipol in ANIA, dimenticandosi che IntesaSanpaolo – come ho scritto prima – già si comportava così in casa e facendo leva sui “buoni sentimenti” con “la propensione a trovare sintesi unitarie partendo da visioni laiche, riformiste e legate alla confederalità“.
Caro Umberto, lascio a te la traduzione.
Io sarei invece preoccupato perchè l’uscita di IntesaSanpaolo – come scrivi – potrebbe significare “non la perdita del CCNL” ma un suo forte ridimensionamento.
Ti ricordi che anche Profumo – quando era ceo di Unicredit – voleva uscire da Abi?

Ti ricordi le proposte delle Banche Popolari di fare un CCNL riservato solo alla loro realtà?

E ti ricordi che il contratto unico tra ABI e BCC mai decollato?
Mi pongo un’ultima domanda, che anche tu ti sei posto: oggi è ancora possibile un unico contratto nazionale che tenga assieme IntesaSanpaolo e la piccola popolare?
Domani, ripeto, tornerò sull’argomento.
Anche se – come diceva colui che mi ha insegnato l’abc di come scrivere un articolo (scusami Ugo se non ho seguito le tue orme e i tuoi consigli) – mi diceva che la notizia è come un ferro caldo: va battuta subito. Il giorno dopo è già troppo tardi.

Ma poichè sono un testone e uno scrivano mal riuscito, domani ci riproverò.


Pubblicato da Massimo Masi

Blog di Massimo Masi. Bolognese di nascita, piantato nella pianura, con una forte propaggine verso il mare. Non sono più quello di ieri, non so come sarò domani. Ma posso dirti come sono oggi, con i miei ieri (Alda Merini)

2 Risposte a “Intesa si sgancia dall’Abi (per meglio dire dal Casl) – Fine del CCNL?”

  1. Giorgio Tonolini (da Facebook)
    In aggiunta c’è sullo sfondo la settimana di 4 giorni lavorativi…ma come ci è stato sempre insegnato il calcolo va fatto sulle ore lavorate e di conseguenza sul salario orario…ora credere che a riduzione di orario corrisponda uguale salario …beh…ci sarà lo stipendio “a la carte” magari si potrà anche dormire in ufficio (all’americana stile Musk) … d’altra parte in momento “individualista” mi sembra la logica conclusione finale…vedremo…

  2. Caro Giorgio,
    la norma del 4 x9 – che esiste nel CCNL dei bancari dal 1999 – io ero già là – prevede che le 36 ore lavorate siano – dal punto di vista stipendiale – uguali alle 37,50 ore attuali. Pensa che nel 1999 – quando fu firmato quel tipo di suddivisione dell’orario di lavoro le ore lavorate settimanalmente erano di più.
    Infatti la “non firma” – errore grave del sindacato, come ho rimarcato più volte – deriva dal fatto che le organizzazioni sindacali avevano chiesto che il 4X9 fosse per tutte le lavoratrici e lavoratori, in tutte le filiali. Cosa difficilmente realizzabile.
    Non devi poi dimenticare che CGIL CISL UIL – pur nelle loro ataviche differenze – stanno spingendo per l’orario su quattro giorni. Landini è arrivato perfino ad ipotizzare che nei quattro giorni ci fosse anche il sabato.
    Ormai in molte parti d’Europa comincia ad avanzare questa ipotesi.
    Il dibattito è aperto.
    Grazie per il tuo prezioso e importante commento

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