Capodanno a Teheran e Kabul. Il nostro pensiero a quelle donne che lottano

di Umberto Baldo

Foto tratta dal web

Nel generale clima di “Auguri per un felice 2023”, che in uno stanco rituale ci coinvolgerà nei prossimi giorni, mi sono chiesto: per chi speri veramente che il nuovo anno che entra sia migliore di quello che ci lascia? 

Non è una scelta facile, perché i problemi nelle varie aree del mondo sono infiniti, e sicuramente una menzione la merita la martoriata popolazione dell’Ucraina, ma dovendo prendere una decisione i miei migliori auguri li rivolgerei alle nostre madri, sorelle, figlie, nonne, che in Iran ed in Afghanistan sono vittime di regimi che in nome di Dio calpestano i loro più elementari diritti. 

Dell’Iran ormai si è scritto molto, anche se a mio avviso non sarà mai abbastanza, e ormai risulta chiaro che, con un salto di “qualità”, il regime ha scelto di usare sistematicamente la violenza contro le donne, anche adolescenti, per una perversa rieducazione, per imporre loro una aberrante nozione di castità, al fine di mettere a tacere le giovani manifestanti. 

Donne afgane – foto tratta dal web

In altre parole le guardie della rivoluzione hanno adottato lo stupro sistematico ed organizzato come strumento di repressione. La Cnn afferma che in alcuni casi gli agenti di sicurezza filmano le vittime durante gli stupri per costringerle a rimanere in silenzio. 

In questa dettagliata inchiesta vi sono i racconti spaventosi di medici che hanno preso in cura le vittime dello stupro e, coperti, dall’anonimato, hanno svelato orrori indicibili. 

Le testimonianze di sanitari costretti a curare ragazze con i capelli rasati, con bacini, crani, braccia, gambe fratturate, e con gravi lesioni ed emorragie vaginali ed anali, sono state riportate anche da altri numerosi autorevoli organi di stampa occidentali, e mostrano chiaramente il livello di crudeltà pianificata cui è arrivato il regime degli Ayatollah. 

E la testimonianza più agghiacciante a mio avviso è quella di un rappresentante dei gruppi paramilitari (basiji) che ha dichiarato al Jerusalem Post di aver più volte stuprato ragazze “vergini” condannate a morte. 

E questo perché la legge islamica in vigore in Iran vieta di giustiziare vergini, per cui si è pensato di eludere il divieto stuprando le giovani la notte prima dell’esecuzione, e subito dopo un improvvisato “matrimonio”. 

Capisco che qualcuno troverà da ridire sulla fonte “israeliana”, ma basta scorrere le cronache nella Rete per trovare conferma di questa pratica barbara. 

A parte le impiccagioni pubbliche, forse non sapremo mai i numeri veri di coloro che hanno perso la vita nel buco nero delle carceri iraniane, anche perché le autorità costringono i familiari delle vittime a dichiarare il falso, cioè che i loro congiunti sono morti o per malattia, per cause accidentali, o perché si sarebbero suicidati. 

Il regime sequestra i corpi dei manifestanti uccisi e chiede ai familiari per la restituzione un riscatto: cioè una confessione pubblica che smentisca la voce di un loro decesso per mano dello Stato. Insomma, il regime teocratico ha comportamenti ed organizzazione di tipo mafioso. 

Ma se pensavate di aver letto già tutto sull’horror, basta spostarsi nel confinante Afghanistan, il cui Governo composto per lo più da terroristi inseriti nelle liste di proscrizione di numerosi Governi ed Organizzazioni internazionali, stanno tenendo fede alle loro dichiarazioni di voler governare ancora una volta il Paese attenendosi strettamente alla legge islamica, che a loro avviso prevede la più rigorosa separazione fra i sessi. 

Dove si sarebbe andati a parare, io che non sono nessuno lo avevo capito subito, quando avevo letto questa dichiarazione/impegno del premier afgano Hasan Akhund: “Finché vivrò, bambine e ragazze non varcheranno la soglia di quei centri di corruzione che sono le scuole”

Più chiaro di così! 

Cosa volete che potesse dire di più per chiarire una volta per tutte la posizione del suo governo sull’istruzione femminile. 

All’epoca della sua dichiarazione, le bambine mancavano da scuola da circa quattrocento giorni, e soltanto alcune studentesse universitarie potevano continuare a frequentare le lezioni, con personale esclusivamente femminile e rigorosa separazione dei sessi. Alla fine anche questa “peccaminosa mescolanza” è stata superata, vietando definitivamente l’Università alle donne. 

Da qui al divieto per le donne di lavorare nelle Ong internazionali che stanno aiutando la popolazione, le cui condizioni di vita e sanitarie sono disperate, il passo è stato conseguenziale (e credo sia da valutare positivamente la decisione delle Ong di abbandonare l’Afghanistan). 

E se queste limitazioni vi sembrano poche, a donne e ragazze è stato imposto ormai da mesi di non allontanarsi da casa per più di un certo numero di metri senza un accompagnatore di sesso maschile, come pure sono stati vietati a donne e bambine anche i giardini, i bagni pubblici, le palestre e i parchi di divertimento della capitale. Arrivando anche al ridicolo divieto di esporre manichini nelle vetrine dei negozi. 

Già perché di solito quei manichini, agghindati con completini colorati, appartengono al pericolosissimo (per la salute spirituale e psichiatrica dei maschi talebani) genere femminile. 

Per le donne è stata di fatto decretata una vera a propria morte civile, e se protestano finiscono in galera o peggio. 

Tipo venire sposata forzatamente ad un qualsiasi guerrigliero talebano, perché come ordina il Dio dei Signori di Kabul, ogni donna deve avere un uomo che la “protegga”, non importa se questa protezione comporti essere picchiata o stuprata. 

E se per caso ad una donna capita di commettere adulterio ecco pronta una pubblica lapidazione

E per i giudici la testimonianza della donna non vale nulla, o comunque in ogni caso la metà di quella di un uomo, cosicché nel caso di denuncia per stupro, per arrivare alla galera o alla lapidazione bastano le testimonianze di quattro maschi musulmani, che spesso sono gli stessi stupratori. 

E perché il messaggio arrivi chiaro agli afgani, dai primi di dicembre gli spettacoli di mutilazioni, flagellazioni, lapidazioni, uccisioni di omosessuali, sono “gentilmente” offerti al pubblico nelle piazze e negli stadi. 

Lo so che di fronte a tutto ciò ci si sente impotenti, perché è evidente che non si possono ipotizzare interventi militari in Iran, o in quell’Afghanistan dove si sono rotti le corna l’Impero britannico prima, poi l’Urss, e poi gli Americani. 

L’unica cosa che da donne e uomini liberi possiamo fare è quella di tenere alta la pressione mediatica, facendo sentire ai nostri governanti che nessun rapporto deve essere consentito con assassini ed aguzzini di quella risma

E non crediate che sia poco, o che non serva a nulla, perché è nel silenzio, nel disinteresse dell’opinione pubblica internazionale, che Ayatollah e Talebani si sentono liberi di continuare a considerare le donne alla stregua di un animale. 

Dobbiamo, come accennato, far capire a chi ci governa, anche ai singoli deputati e senatori (magari scrivendogli), che nessuna logica bottegaia, di mercato, di business, giustifica il fare affari con questi regimi, come purtroppo già fanno sotterraneamente Paesi come la Cina, il Pakistan o il Qatar. 

Ecco perché a mio avviso i nostri auguri per un “2023 migliore” dovrebbero andare in particolare alle donne iraniane ed afgane, anche se so bene che forse servirà solo a mettere in pace le nostre coscienze, ma voglio sperare con tutto il cuore che quelle ragazze e quelle donne “oltraggiate”, percependo la nostra vicinanza, capiscano di “non essere sole”, e possano così sentirsi più forti nella loro lotta contro l’oscurantismo. 


Pubblicato da Massimo Masi

Blog di Massimo Masi. Bolognese di nascita, piantato nella pianura, con una forte propaggine verso il mare. Non sono più quello di ieri, non so come sarò domani. Ma posso dirti come sono oggi, con i miei ieri (Alda Merini)