Democrazia e Potere

di Giovanni Gazzo(*)

Immagine tratta dal web

Ospito per la prima volta – spero non sia l’unica – un articolo di Giovanni Gazzo, storico sindacalista della UIL Lombardia. Come sempre e come spesso ricordo questo blog è a disposizione di chi vuole esprimere le proprie idee ed è aperto alla discussione – anche vivace – aperta, democratica e costruttiva.
E il risultato di questa politica del mio blog lo si vede dal numero degli accessi e dalle pagine viste come constaterete nel consueto riepilogo mensile.


Giovanni Gazzo

Il potere, grande o piccolo che sia, è una brutta bestia.
In ogni angolo del mondo.
Diventa anche un banco di prova per chi lo esercita: con umanità oppure con cinismo.
E deve fare i conti con una infinità di sfumature che interagiscono con la vita reale.
In Democrazia deve essere limitato e delimitato, altrimenti diventa qualcos’altro.
Anche nel mondo sindacale usiamo espressioni del tipo “potere contrattuale”, “rapporti di forza”, “conflitto” ed altri termini che hanno a che fare con il potere decisionale che, spesso, incide pesantemente sulla vita delle persone.
Il potere non è né bello né brutto, ma può diventare buono o cattivo a seconda di come lo si esercita.
Per noi, che dall’oggi al domani siamo diventati il Sindacato delle Persone (ma prima non lo eravamo?), è fondamentale la certezza che il rispetto delle stesse cominci da quelle che ci stanno vicino, con le quali condividiamo la comune appartenenza alla UIL, all’idea di sindacato e di sindacalismo di scopo, incentrata sul valore polisemico del lavoro riconducibile alla Costituzione italiana.
Nasce da qui la priorità della persona e il rispetto della sua dignità, anche e soprattutto quando si tratta di una voce dissonante all’interno di casa nostra.
Il sindacato è nato ed esiste per dare fastidio, altrimenti nega sé stesso e la propria funzione, nel vivo dello sviluppo economico, della dialettica politica e sociale che oggi interagisce anche con i diritti civili e l’ineludibile fattore ambientale.

Focalizzo Pensieri e Riflessioni di questa settimana riferendomi ad una asserzione del nostro Segretario Generale Pierpaolo Bombardieri, presente in un suo recente tweet: “fare Sindacato significa dare fastidio ed essere scomodi”.
Sono d’accordo con lui, e non solo su questo.
Il disaccordo non so bene su cosa verta, mi tocca desumerlo, visto che non mi è stata mai data la possibilità di un confronto diretto, franco e leale, benché a suo tempo previsto anche per iscritto, ma sempre rinviato ed infine svanito.
Fa bene a ricordarlo perché in questa fase storica, in cui si è fatto di tutto pur di lasciare mano libera alle imprese -e di fronte a un governo con programmi, linguaggi e punti di riferimento lontani ai nostri-, è importante ribadire che il Sindacato è una organizzazione di scopo inconciliabile con forme di sindacalismo accomodanti che favoriscono obiettivi alternativi ai nostri.
La pirateria contrattuale praticata da sindacati e associazioni fasulle, lo sfruttamento di milioni di lavoratori sottopagati e perennemente precari, lo confermano.
Dare fastidio significa affrontare con determinazione e in modo sistemico lo sfruttamento, di giovani e donne in particolare, che coinvolge anche le grandi imprese e le istituzioni, nei confronti delle quali non sempre siamo coerenti e conseguenti.
È l’unico modo di fare sindacalismo serio per lo sviluppo della democrazia sostanziale, quindi anche economica, mediante quello che noi chiamiamo lavoro dignitoso.
Un lavoro con diritti e tutele sociali ragionevoli, che permetta di vivere e non solo di sopravvivere a malapena o, perfino, di non farcela.
Nell’attualità sindacale, dare fastidio si tramuta nella mobilitazione unitaria decisa da CGIL CISL UIL contro la politica economica e sociale del governo Meloni.
A partire dalla controriforma fiscale, che tentano di spiegare in modi contorti, per confondere le idee, ma che resta chiara nella sostanza.
Cioè generatrice di ulteriore squilibrio sociale a danno dei lavoratori e delle persone/famiglie fragili, anche per effetto della conseguente riduzione della spesa sociale.
Roba da Paesi arretrati, come si evince dal fatto che nessun paese europeo, equiparabile all’Italia, si sogna lontanamente di mettere sullo stesso piano ricchi e poveri dal punto di vista del prelievo fiscale.
Se a questo ci aggiungiamo l’inaccettabile autonomia differenziata proposta da Calderoli, la volontà di liberalizzare ulteriormente i contratti a termine e il rifiuto di sbarrare la strada allo sfruttamento mediante un salario minimo ben concepito, ce n’è abbastanza per dare fastidio al governo in maniera seria e finalizzata.
Mai per antagonismo fine a sé stesso o pregiudizio politico scollegato dai contenuti.
Ma un po’ di fastidio bisogna saperlo dare anche all’interno della propria organizzazione, per il bene della stessa.
Lo spirito critico dev’essere considerato un valore e un arricchimento della democrazia interna anziché una manifestazione di “lesa maestà”.
Nel mio caso è da escludere categoricamente.
E per dirla tutta, nel modo più semplice e rispettoso possibile, ritengo che buona parte del malessere presente all’interno della UIL, più esteso di quanto appaia, dipenda da questo.
Un esempio?
Da anni, in tutte le sedi, si chiede di risolvere l’annoso problema della trattenuta sindacale “maggiorata” nei confronti dei disoccupati che si iscrivono alla UIL quando fanno la domanda di disoccupazione (Naspi) presso gli uffici del nostro Patronato.
Lo abbiamo fatto anche in occasione di un recente Esecutivo UIL Lombardia, ma sembra di parlare con un muro e perfino di dare fastidio, nonostante tutti i segretari confederali e di categoria interpellati riconoscano la “contraddizione” e si dichiarino d’accordo a risolvere il problema.
Un altro esempio?
L’8 marzo si fanno comunicati infarciti di belle parole nei confronti delle donne, ma la UILTuCS di Verona, composta da tre valide donne, tra le quali una bravissima Segretaria Generale, è stata letteralmente azzerata con approccio autoritario, maschilista e chiaramente venato di misoginia, con altri uomini (e che uomini!) che, pur essendone consapevoli, non hanno fatto nulla per “quieto vivere” quando avrebbero dovuto dare fastidio per impedire un simile esito.
Si potrebbero indicare altri problemi, anche delicati, che esistono all’interno dell’organizzazione, ma è difficile da un po’ di tempo a questa parte discuterne liberamente e con spirito costruttivo.
Anzi, c’è sempre “qualcuno” pronto ad accusare chi lo fa di danneggiare l’immagine della UIL.
Anziché affrontare seriamente i problemi, si accusa chi ne parla, favorendo il silenzio e una mentalità da “allineati” opposta al fecondo “dare fastidio” tipico di ogni contesto democratico qual è (e non può non essere) quello sindacale.
Mi auguro che la nostra Confederazione trovi la forza di riflettere su sé stessa e di imparare dai propri errori, come deve fare ciascuno di noi, per assorbire il malessere presente al suo interno e farlo diventare opportunità di crescita, sia dal punto di vista del rafforzamento della democrazia interna, che della preziosa autonomia reale di tutte le strutture confederali e di categoria, incompatibile con una concezione centralistica di vecchio stampo.
Questo è il problema, non la giusta dimensione dell’autonomia senza la quale è impossibile contribuire alla vita dell’organizzazione assumendosi le proprie distinte responsabilità.
A chi può dare fastidio?
Ne parlo da militante UIL di lungo corso, che vede i pericoli di una impostazione di questo tipo.
Sbaglio?
Può darsi, è doveroso chiederselo, ma di una cosa sono certo: il malessere all’interno della nostra organizzazione è molto più esteso di quanto il timore di ritorsioni e l’autocensura facciano emergere.
I commissariamenti “decretati” a pochi mesi dallo svolgimento di regolari congressi fanno riflettere.
Quello della UILTuCS Lombardia è fuori dal mondo e, a mio parere, dalle regole che si interpretano per i “non allineati”.
Siamo ancora in tempo a salvare il salvabile e soprattutto a recuperare la dimensione umana del nostro impegno, venuta meno gravemente in questa dolorosa occasione.
Questo sarà il danno principale irrimediabile che si farà alla UILTuCS e alla UIL se non riusciremo a venirne fuori con la forza della ragione.
E con un “pizzico” di umiltà, che non guasta mai.


(*) Attuale Presidente della UIlTuCS Lombardia, carica confermata dall’ultimo Congresso. La UilTuCS Lombardia è stata recentemente commissariata dalla Segreteria Nazionale. Gazzo ha ricoperto importanti incarichi sindacali nelle varie strutture. Ha scritto diversi libri sulle tematiche del lavoro, della contrattazione e dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.


Pubblicato da Massimo Masi

Blog di Massimo Masi. Bolognese di nascita, piantato nella pianura, con una forte propaggine verso il mare. Non sono più quello di ieri, non so come sarò domani. Ma posso dirti come sono oggi, con i miei ieri (Alda Merini)