di Margh.
Questo è il terzo contributo che Marg. ha voluto dare al mio blog.
I precedenti articoli sono: Non voglio le tue scarpe rosse è del 25 novembre e Come una rondine, l’anima ti solca del 3 dicembre.
Grazie Margh. e ti auguro tutto il bene possibile in questa momento così difficile per te.
Quannu l’amuri voli, trova locu
(Quando l’amore vuole, trova come farsi strada)
Natale, alle porte e ogni anno la fretta di anticipare i tempi gratta via qualcosa alla patina sottile eppure preziosa delle tradizioni.
Così a novembre, appena dopo zucche decorate, dolcetti e scherzetti e costumi da streghe e da vampiri ancora da riporre…ecco comparire gli abeti, i panettoni, i vassoi di insalate russe, il rosso ovunque.
Quasi come se non potessimo gestire o etichettare un vuoto temporale, un’attesa, il giusto tempo che ci hanno insegnato da bambini per ogni cosa.
“che colori vanno quest’anno per i decori?” “come decorano l’albero la Ferragni, gli influencer?”
“cosa consiglia Csaba per decorare la tavola di Natale … chè bisogna lasciare tutti a bocca aperta quando vengono a casa…così vediamo se hanno il coraggio di parlare ancora dietro”
E le letterine a Babbo Natale si riempiono di richieste importanti, perché il mondo dei giochi e della tecnologia che i bambini desiderano è infinito, vastissimo…e il tempo per desiderare un regalo brucia sempre in fretta, perché i genitori rincorrono quel senso di colpa di lavorare troppo, di esserci poco, di aver avuto troppo poco loro, e di non volere che i propri figli provino questa frustrazione.
Insomma, abbiamo tutto…
E allora perché io non sento più la magia del Natale, quella che si respirava fortissimo in via Pellegrino Rossi 39, a casa dei miei nonni.
L’albero restava in soffitta fino al giorno di Santa Lucia. Quel giorno mio nonno metteva la cravatta bella, il gilet verde di lana, una giacca da occasioni speciali e andava su. Tornava con una scatola grande, vecchissima…la scatola del Natale.
Bisognava fare piano, come se fosse importante ogni singolo gesto. I decori li conoscevo a menadito: ogni pallina di seta, ogni uccellino di vetro argento con il becco colorato e la pinza in fondo alla coda, ogni ninnolo di vetro soffiato, scheggiato dal tempo e… dalle mie carezzine emozionate di bimba.
Il puntale lo mettevamo quando c’era anche la nonna, perché bisognava essere insieme, a scegliere come orientarlo, tra risate e “un po’ più su, un po’ più giù”.
La nonna poteva stare poco: era presa in cucina, a presidiare le mandorle tostate, ancora calde e croccanti di forno dai nostri attacchi golosi.
(Tanto il nonno sapeva sempre come distrarla, per farmi rubare un pugnetto di quelle mandorle…e dividevamo il bottino seduti sugli scalini, con i nostri sorrisi sdentati e complici)
Non ho mai scritto una letterina a Babbo Natale: cercavo di comportarmi in modo da meritare un regalo, convinta che i suoi folletti ci studiassero per capire quanto premiarci…e come.
Un pandoro, tante losanghe di torrone fatte dalla nonna e un po’ di biscotti. E un mare arancione di aranci e mandarini … chè il profumo ci inebriava.
Le luci accese erano di un solo tipo, ma quel lampeggiare non mi stancava mai.
Se chiudo gli occhi per un solo istante…ricordo perfettamente il suono del piatto che si alza tra le mie mani e un “tadaaan” che presenta i miei disegni, i miei raccontini scritti a macchina, le mie filastrocche.
Non ricordo alcun vuoto, alcuna ansia di stupire amici o vicini.
Non ricordo altro che non sia quella magia.
Tutto quell’amore, a dimora…che ho lasciato diventare l’ossatura dei miei giorni adulti.
Margh.
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