Che fine hanno fatto le Banche Popolari italiane?

immagine tratta dal web

Domenica nell’edizione nazionale di “La Repubblica” era contenuto un bellissimo articolo di Andrea Greco sulla “triste” fine delle Banche Popolari italiane. Naturalmente “triste” l’ho aggiunto io, mentre l’autore dell’articolo si lamenta della scomparsa della banca di quartiere, della banca del paese.

Antonio Greco – giornalista de “La Repubblica” – foto tratta da twitter

Ho ripreso questi concetti della scomparsa delle filiali – sia nelle città, che nei paesi – in diversi articoli contenuti in questo blog. Ne cito due https://massimomasi.altervista.org/chiusura-delle-filiali-un-problema-per-la-societa-e-per-il-sindacato-che-fare/ del 20 febbraio 2022 e https://massimomasi.altervista.org/chiusura-delle-filiali-un-problema-per-la-societa-e-per-il-sindacato-che-fare-che-mansioni-svolgeranno-le-lavoratrici-e-i-lavoratori-delle-filiali-chiuse/ oltre a quello del 17 marzo.
In altri articoli – delle scorso anno – avevo trattato questo argomento prospettando soluzioni, come le filiali condivise, sistema già praticato in alcuni paesi del nord Europa.

Matteo Renzi – foto tratta dal web

Ma torniamo all’articolo di Greco. Il giornalista parte dall’origine, cioè dalle riforme delle Popolari voluta da Matteo Renzi (ne ho parlato altre volte in questo blog) e firmata in grande fretta dal senatore Pietro Grasso in quel momento nella funzione di facente funzione del Presidente della Repubblica.
E’ innegabile – l’ho sostenuto anche quando ricoprivo la carica sindacale – che una riforma delle Banche Popolari era necessaria. Troppe intromissioni fra politica e banche, tra economia locale e amministrazione degli istituti, troppi affidamenti concessi agli amici degli amici e agli amici dei consiglieri. Insomma una “mala gestio” diffusa.
Ne poteva continuare una “gestione pseudo sindacale” sulla conduzione delle Banche come nel caso della Banca Popolare di Milano. Dico “gestione pseudo sindacale” perchè il sindacato era debole in quella banca che veniva definita la banca del sindacato, mentre in realtà il potere era del Consiglio degli Amici della BPM che determinava tutto o quasi.
Quindi una riforma andava fatta ma non in quel modo.

I risultati si stanno vedendo oggi. Nel giro di pochi anni da quella riforma sono scomparse, solo per fare qualche esempio: Banca dell’Etruria, Veneto Banca, Popolare Vicenza finite nel tritacarne delle banche andate praticamente fallite e comprate per un euro. Eppoi c’è il caso del Creval comprato da Credit Agricole Italia, Banca Popolare Sondrio – ultima banca diventata spa – nel mirino di Unipol e di BPER.
Caso più emblematico ancora è quello di UBI, nata dalla fusione delle Popolari Bergamasche con quelle bresciane, mangiata in un sol boccone da IntesaSanpaolo.
I dati riportati da Greco sull’articolo sono chiari ed evidenti: Le popolari rimaste – una ventina su 474 istituti, per lo più con grappoli di filiali malandate nel Sud – sono
crollate nel 2020 a meno del 3% del totale, dopo che gli oggetti della riforma si sono decimati tra liquidazioni, spezzatini, fusioni. Erano loro gli araldi del “movimento popolare”, giunto a controllare prima della crisi 2008 un quarto del mercato italiano: e che ancora nel 2015 teneva le posizioni. Da allora, complice la riforma e più i guai contabili, 4.902 sportelli “popolari” sono scomparsi. Un calo dell’80%, che li ha ridotti a
1.244 nel Paese: solo il 5,3% dei 23.480 sportelli 2020.

Chi è rimasto? Banca Popolare di Bari – in una crisi epocale dopo la malsana gestione della famiglia Jacobini – oggi in mano al Medio Credito Centrale che – secondo alcuni – doveva diventare la banca del sud – con lo scopo di unificare i vari istituti popolari del meridione.
BancoBPM e BPER, invece, hanno seguito strade diverse e sono oggi la terza e quarta banca del paese.

Giuseppe Castagna – ad BancoBpm – foto tratta dal web


Giuseppe Castagna, leader dei BancoBPM, con la fusione fra la milanese BPM e il veronese Banco Popolare, ha creato – non senza difficoltà – la terza banca del paese.
Invece i modenesi di BPER – appoggiati dal colosso assicurativo Unipol – hanno nei corsi degli anni “mangiato” banche locali, fino all’ultima operazione di Piero Montani, di acquisire Carige.

Troppo poco rispetto al numero e all’importanza delle banche popolari negli altri paesi europei.

Piero Montani – ad BPER – foto tratta dal web

Nell’articolo di Greco, forse, manca un solo tassello: il parere del Segretario Generale dell’Associazione delle Banche Popolari Italiane e cioè Giuseppe De Lucia Lumeno sarebbe stato illuminante rispetto alla situazione delle banche popolari in Italia. De Lucia è stato artefice e propugnatore delle realtà delle banche popolari italiane.

Certo, delle Banche Popolari, della banca di cui conoscevi i dipendenti per nome e non per cognome, della banca di cui ti potevi fidare ciecamente, manca e come manca!!!

Giuseppe De Lucia Lumeno – Segretario Generale Associazione Banche Popolari italiane – foto tratta dal web

L’articolista della Repubblica alla fine dell’articolo si chiede se con la “riforma Renzi” si sia gettata via il bambino e l’acqua sporca.

La mia risposta è semplice: sì, abbiamo buttato via una grande cavallo di razza che aveva bisogno di cure, ma che la riforma ha completamente azzoppato.

Pubblicato da Massimo Masi

Blog di Massimo Masi. Bolognese di nascita, piantato nella pianura, con una forte propaggine verso il mare. Non sono più quello di ieri, non so come sarò domani. Ma posso dirti come sono oggi, con i miei ieri (Alda Merini)