Antisemitismo: In Europa siamo tornati all’ affaire Dreyfus

Alfred Dreyfus – foto tratta dal web

di Umberto Baldo

Caro Massimo, Ieri sera prima di addormentarmi pensavo, come penso succeda anche a te, e mi è venuto in mente l’affaire Dreyfus (vedi nota finale).
Cosa d’altri tempi, verrebbe da dire!
Mica tanto se pensi al clima che  si sta vivendo nella Francia di questi giorni, forse la nazione europea più in difficoltà a contenere il montante antisemitismo che sembra dilagare senza alcun argine. 
 Tanto per darti un’idea in Francia le aggressioni antisemite dal 7 ottobre scorso sono state 857 (ottocentocinquantasette, sì), il sessanta per centro delle quali contro persone.
Indubbiamente lo scontro in atto fra Israele ed Hamas, com’era chiaramente nelle intenzioni dei terroristi palestinesi, sta dividendo la società europea, ed infiammando le piazze.
«Aprite i confini, uccidiamo gli ebrei!»;  questo abbiamo sentito gridare nelle vie di Milano; e su un cartello  in una manifestazione a Bologna abbiamo letto «Rivedrete Hitler all’inferno!».
Il tentato pogrom all’aereo israeliano in Daghestan, che portava piccoli pazienti oncologici russi curati in Israele (sic!), le centinaia di musulmani che al grido di «morte a Israele» hanno protestato per la bandiera di Israele sul municipio di Monfalcone, i centomila a Londra per due settimane di seguito,  le migliaia a Milano e a Roma e ovunque che strappavano la bandiera di Israele e urlavano «Palestina dal Giordano al mare» cioè «distruggiamo Israele».
Ecco perché mi è riaffiorato l’affaire Drayfus.
Perché questo clima, fortunatamente, era da quasi un secolo che non lo si viveva in Europa.
Non ho intenzione di perdermi in disquisizioni su chi ha ragione e chi torto nella tragedia in corso in Palestina.
Forse non ne ho le competenze, ed in ogni caso non conosco bene la situazione sul campo. 
Quello che mi interessa qui è ragionare su questa ondata di antisemitismo che può minare le radici su cui si basa la nostra Europa.
E non posso non pormi la domanda su come l’immigrazione abbia giocato e stia giocando in questa situazione.
Inutile nascondere il problema dietro falsi buonismi.
In Europa ci sono attualmente circa 30 milioni di immigrati di religione musulmana, e credimi che fra questi la quasi totalità è ascrivibile fra gli ammiratori di Hamas, che hanno esultato e giubilato alle notizie del pogrom del 7 ottobre, in cui si è arrivati a sgozzare e decapitare neonati ebrei.
Non voglio dare la colpa a nessuno; perché quella era l’immigrazione, e non si poteva certo scegliere di accogliere solo cristiani o buddisti. 
Ma avremmo dovuto porci il problema che gli islamici  nella loro stragrande maggioranza, a parte qualche eccezione, vengono in Europa decisi a non  “farsi contaminare” da noi, quindi a restare estranei alla nostra “umanità” individuale e associata, in ciò che ha di più essenziale, la laicità dello Stato.
Io ho visto con i miei occhi le banlieue parigine già parecchi anni fa, e ne avevo tratto la conclusione che, siano di prima, seconda o terza generazione, gli islamici    più o meno dichiaratamente  vengono da noi ben decisi a rimanere sostanzialmente “diversi”, forse in attesa di far penetrare i loro valori nelle nostre società sempre più vecchie e debilitate. 
Inutile girarci attorno: hanno un diritto di famiglia incompatibile con il nostro, una concezione della donna lontanissima dalla nostra (fino a praticare la poligamia).   

E vicende come la barbara uccisione di Saman Abbas (nella foto) addirittura per mano dei genitori sono lì a dimostrare che pretendono di mantenere inalterate le loro tradizioni anche nella nostra Italia.
Ma quel che più conta, hanno una visione rigorosamente integralista della vita pubblica, sicché la perfetta immedesimazione tra religione e politica fa parte della loro fede indubitabile e irrinunciabile.
Inutile sperare che prima o poi sentano propri i principi della Rivoluzione Francese, e non è caso se in tutte le società islamiche sia connaturata la commistione fra casta sacerdotale e poteri statuali.
Per buona parte di loro è normale che le parole d’ordine provengano non dai capi di Stato o di Governo, bensì da Imam o Ayatollah. 

Lo ha capito anche il Presidente Emmanuel Macron (nella foto), liberale e progressista, che di fronte alla situazione francese ha definito senza giri di parole una  «cancrena della Repubblica» il «separatismo» praticato da una componente grande dell’immigrazione islamica che «pretende di far valere le regole della sharia sopra e contro le leggi della Repubblica”.
Non so come la veda “veramente” Papa Bergoglio di fronte all’evidente fallimento di decenni di tentativi di dialogo interreligioso, naufragato sulle reazioni antisemite allo scontro in atto a Gaza.
Ma io credo che la Chiesa, la sinistra nel suo complesso, le anime belle, abbiano preso un grande abbaglio puntando sulle “porte aperte”,  sull’integrazione, senza tenere in alcun conto che il dogmatismo shariatico dominante negli immigrati prima o poi avrebbe creato dei problemi in Europa, portandoci di fronte nuovamente all’affaire Drayfus.
In realtà  negli anni c’erano state alcune voci che avevano cercato di avvertirci sui rischi di certe politiche.
Da Henry Kissinger, che disse: “«È stato un grave errore fare entrare tante persone di religione, valori e cultura diversi», all’ inascoltato cardinale della tua Bologna Giacomo Biffi.
Ma forse la voce più inascoltata, anche se a mio avviso fra le più lucide, anche per le esperienze vissute, è stata quella di Oriana Fallaci, la donna, la giornalista che ebbe il coraggio di violare i tabù e i santuari dei benpensanti, esprimendo una posizione netta sull’islam, da lei ritenuto inconciliabile con i valori “occidentali”, e sull’immigrazione incontrollata, una forma di invasione demografica dalle incalcolabili ricadute culturali.
Quello che sto vedendo oggi mi sembra darle ragione.


Caro Umberto,
questa mattina – mentre sistemavo il primo carico di legna perchè nonostante tutto il freddo verrà e voglio risparmiare metano – mi hai scritto che “forse la lettera che ti ho appena spedito in mail avresti preferito non averla ricevuta. Perché immagino ti crei qualche problema a rispondermi, vista la delicatezza del tema, e le mie posizioni piuttosto secche. Ma so che sei uomo che sa prendere i tori per le corna“.
A parte che odio le corride e coloro che le vanno a vedere – grande motivo di contrasto con i miei amici spagnoli – accetto la tua sfida.
Intanto il problema dell’antisemitismo non è solo un problema dell’Islam.
Leggevo anch’io su Linkiesta di questi dati che riporti.
Mi sembra un dato eccessivo, ma non ho la possibilità di controllare. Mi piacerebbe sapere, però, quante sono state perpetrate prima del 7 Ottobre.
Ti chiedo: sono solo gli islamici che si macchiano del reato di antisemitismo?
Rovinare o togliere le pietre d’inciampo a Roma – lo scorso anno – non furono gli islamici ma fascistelli – e sai quanti ce ne sono – romani.
Vado oltre. Prendi molte bacheche di leghisti – anche di esponenti con cariche locali – e potrai leggere tanti post con frasi orribili nei confronti degli ebrei.
Ti devo ricordare tutti gli anni a Predappio le “frattaglie fasciste” che vanno celebrare il compleanno di Mussolini che tipo di magliette portano? Il lavoro nobilita l’uomo (Arbeit macht frei) era una delle frasi più simpatiche.

Quindi non concordo con la tua affermazione “Perché questo clima, fortunatamente, era da quasi un secolo che non lo si viveva in Europa“.
Dal secolo scorso – quello del 900 – abbiamo visto l’uccisione e la deportazione di milioni di ebrei; a cavallo del secolo lo scontro tra etnie dell’ex Jugoslavia, in questo secolo l’aggressione russa all’Ucraina. Oddio, nell’Europa, così avanzata e democratica ne abbiamo viste davvero tante, anche noi – alla nostra età.

Non mi sottraggo nemmeno alla questione immigrazione e integrazione.
Certo che il problema è grave. Ma di chi è la colpa? Chi nel secolo scorso ha colonizzato selvaggiamente l’Africa e il Medio Oriente?
Che civiltà hanno portato, se non quello dello sfruttamento delle materie prime?
Proprio tu mi insegni che le grandi potenze – USA, Russia e Cina – guardano con sempre maggior interesse alle risorse minerarie (uranio, litio, metalli rari) indispensabili per la costruzione dei chips e per la transizione ecologica.

Perchè gli USA non si sono battuti fermamente per la costruzione dei due Stati in Medio Oriente, preferendo la conflittualità fra arabi e israeliani? Forse per vendere materiale bellico sempre più evoluto?
Ma torniamo a bomba all’Islam. C’è stato nei giorni scorsi una stupenda frase detta da nonno Biden (nella foto), rivolta a Bibi (Netanyahu): non fate come noi in Iraq e in Afghanistan.

Sintomatica questa frase: l’esportazione della democrazia occidentale è fallita e l’imposizione ha portato solo a nuovi estremismi.

Altre colpe della nostra democrazia?
Non facciamo più figli, ci siamo adagiati alla nostra ricchezza, alla nostra supremazia culturale. Ecco perchè non apprezzo nè Biffi nè la Fallaci, perchè ambedue hanno cercato nell’altro le responsabilità senza mai fare un minimo di autocritica.
Siamo noi che abbiamo fallito. Eppure la storia ce lo doveva insegnare.
L’impero romano è crollato sotto i colpi dei cosiddetti “barbari” che non erano altro che popolazioni che vivevano ai confine della ricchezza.
Spostamenti di masse di donne e uomini, crolli di imperi da quello egiziano a quello babilonese, dagli Aztechi agli Incas, non ci hanno insegnato nulla.

Concludo con un problema che mi sta a cuore: l’integrazione.
Vivo in un piccolo paese dove gli islamici sono molti presenti. Sono tutti integrati benissimo, hanno la loro cultura, le loro tradizioni, ma vedo mamme che accompagnano i loro figli all’asilo con telefonino sempre acceso, bimbi che parlano due lingue, ragazzini e ragazzine che frequentano i loro coetanei italiani con le stesse – per noi vecchi – assurde pettinature. Spero che si continui così.

Allora l’integrazione è possibile!
Certo che se tutti coloro che vengono da altri paesi fossero confinati in quartieri ghetto come in Francia, l’integrazione sarà difficile, se non impossibile.
D’altra parte, caro Umberto, anche a Caivano, l’integrazione è ancora difficile tra ex terremotati e abitanti locali.

Vedi, il caso Saman Abbas ha portato alla luce un grosso problema che però – succede spesso nella storia che un fatto drammatico poi si trasformi in un fatto positivo – ha portato alla luce una coscienza nuova nelle seconde generazioni di coloro che sono venuti nel nostro Paese.

Ed è questa la mia speranza.
Infine. L’ho scritto il primo novembre nel post Dove eravamo rimasti(44): salario minimo: il data room di Gabanelli e Querzè; a Gaza i civili continuano a morire; Claudia Goldin, premio Nobel per l’Economia 2023, io sto con Israele, ma questo governo di destra di Netanyahu, dei rabbini di ultra destra e dei coloni che si sono resi complici di veri e propri omicidi nei confronti di pacifici lavoratori palestinesi, non aiutano la causa degli ebrei e se non avverrà una svolta politica in Israele questo antisemitismo crescerà.
Guarda e valuta quello che sta accadendo nelle Università americane e come ben ti ricorderai tutti i movimenti rivoluzionari giovanili partono sempre da là.


L’Affare Dreyfus fu il maggiore conflitto politico e sociale della Terza Repubblica, scoppiato in Francia sul finire del XIX secolo, che divise il Paese dal 1894 al 1906, a seguito dell’accusa di tradimento e spionaggio a favore della Germania mossa nei confronti del capitano alsaziano di origine ebraica Alfred Dreyfus, il quale era innocente. Gli storici sono concordi nell’identificare la vera spia nel maggiore Ferdinand Walsin Esterhazy.

L’affare costituì lo spartiacque nella vita francese tra i disastri della guerra franco-prussiana e la prima guerra mondiale: costrinse ministri a dimettersi, creò nuovi equilibri e raggruppamenti politici, spinse a un tentato colpo di Stato. Si crearono e scontrarono, nell’arco di due decenni, due campi profondamente opposti: i “dreyfusardi”, che difendevano l’innocenza di Dreyfus (tra loro si distinse Émile Zola con il suo intervento giornalistico denominato “J’accuse”), e gli “antidreyfusardi”, partigiani della sua colpevolezza.

La condanna di Dreyfus fu un errore giudiziario, avvenuto nel contesto dello spionaggio militare, dell’antisemitismo imperversante nella società francese e nel clima politico avvelenato dalla perdita recente dell’Alsazia e di parte della Lorena, subita per opera dell’Impero tedesco di Bismarck nel 1871.

Lo scandalo giudiziario si allargò per gli elementi di falsificazione delle prove portati nel processo, gli intrighi e la coriacea volontà dei più alti vertici militari di Francia nell’impedire la riabilitazione di Dreyfus. Mentre giornali e politici antisemiti, ambienti ecclesiastici e monarchici istigarono e aizzarono ampi settori della società francese contro Dreyfus, i pochi difensori della sua innocenza vennero a loro volta minacciati, condannati o dimessi dall’esercito: Zola si rifugiò all’estero; il maggiore Marie-Georges Picquart, capo dei servizi segreti militari e figura centrale nella riabilitazione di Dreyfus, fu prima degradato e trasferito in Africa, e poi arrestato e condannato. Solo grazie a un compromesso politico, Dreyfus fu graziato e liberato nel 1899. Ci vollero altri anni per ottenere la riabilitazione civile e il suo reintegro nell’esercito nel 1906.

da Wikipedia


Pubblicato da Massimo Masi

Blog di Massimo Masi. Bolognese di nascita, piantato nella pianura, con una forte propaggine verso il mare. Non sono più quello di ieri, non so come sarò domani. Ma posso dirti come sono oggi, con i miei ieri (Alda Merini)