Chiusura delle filiali: un problema per la società e per il sindacato! Che fare? Il sindacato…

parte terza

Immagine tratta dal web

Questo è il terzo articolo che scrivo sul problema della chiusura delle filiali, con il processo quasi ineluttabile della desertificazione bancaria. Gli altri articoli li puoi trovare: https://massimomasi.altervista.org/chiusura-delle-filiali-un-problema-per-la-societa-e-per-il-sindacato-che-fare/ del 20 febbraio 2022 e https://massimomasi.altervista.org/chiusura-delle-filiali-un-problema-per-la-societa-e-per-il-sindacato-che-fare-che-mansioni-svolgeranno-le-lavoratrici-e-i-lavoratori-delle-filiali-chiuse/ del 23 febbraio 2022.

Oggi non possiamo non partire dallo sciopero di una giornata proclamato dalle sigle sindacali del credito a Trento e Bolzano in Banca IntesaSanpaolo per la continua chiusura di filiali.

Sciopero Trento filiali ISP – foto tratta dal sito Fabi

Lo avevo già scritto nel primo articolo – dando modestamente alcune indicazioni al sindacato per fronteggiare questa situazione – che lo sciopero dei dipendenti delle realtà colpite era una delle forme di pressione – assommate a quelle politiche – da attuare nei confronti delle banche. Le iniziative locali, però, non devono essere circoscritte e “abbandonate” o peggio ancora “dimenticate” dai Coordinamenti nazionali delle banche e – a maggior ragione – anche dai sindacati nazionali. Anzi, è proprio dal territorio che devono partire iniziative che devono essere sostenute a tutti i livelli.
D’altra parte quando i sindacati locali di ISP affermano che: Al centro della protesta la chiusura degli sportelli e la riduzione del personale. Dall’integrazione di Banca di Trento e Bolzano nel gruppo nazionale, infatti, le filiali sono state dimezzate e il personale fortemente ridotto. Il fenomeno ha riguardato in particolare l’Alto Adige con l’uscita per dimissioni verso altri Istituti di decine di giovani colleghi di lingua tedesca comportando per i colleghi rimasti importanti aggravi dei carichi di lavoro esasperati anche dalle continue richieste di risultati commerciali. Con una partecipazione vicina al 90%, che ha comportato di fatto il blocco pressoché totale di tutti gli sportelli in regione, le lavoratrici e i lavoratori hanno voluto lanciare un segnale inequivocabile all’azienda, testimoniando tutto il proprio disagio.
Stanno proprio in queste poche righe tutto il disagio delle lavoratrici e dei lavoratori di IntesaSanpaolo di Trento e Bolzano.
Guardando le pagine dei siti nazionali si leggono di diverse prese di posizione a livello locale di proteste per le chiusure indiscriminate di filiali.
E la protesta non può finire qui. Anzi deve continuare.

Ma la battaglia – usare questo termine in questo periodo mi fa ribrezzo ma non ne trovo uno migliore – per non chiudere moltissime filiali è una “ragion di vita” per il sindacato anche per altri motivi.
Abbiamo già detto negli articoli precedenti della deprofessionalizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori. Ma con le chiusure delle filiali e la diminuzione dei dipendenti il sindacato paga prezzi altissimi sulla propria rappresentatività.
Calano continuamente il numero delle Rappresentante Sindacali Aziendali – che nel settore del credito – si costituiscono con almeno 8 iscritti. E’ evidente che l’unità produttiva – sempre nel credito è considerato il Comune – diventa sempre più difficile che tutte le sigle presenti nel settore possano costituire RSA.
Non è un caso – così mi dicono – che quotidianamente arrivano lettere delle varie aziende di “caduta” del limite minimo degli iscritti in unità produttiva con la conseguente perdita del rappresentante sindacale.
E non è un caso – sempre così mi dicono – che alcune aziende nazionali con la diminuzione dei dipendenti scende di livello per il numero dei rappresenti sindacali con diritto al distacco dal lavoro.

Questo è un grosso problema.
Mi meraviglio che – soprattutto – i sindacati più piccoli non alzino la voce su questo aspetto. Tempo fa si parlò di allargare l’unità produttiva non più al solo comune ma alla provincia – come del resto alcune banche nazionali già, tramite accordi interni, attuano – ma non se ne fece nulla proprio per la contrarietà dei sindacati più rappresentativi e dell’ABI.

Quindi una conflittualità anche fra le sigle che però rischia di far del male alle lavoratrici e ai lavoratori.

Quali soluzioni? A mio avviso ci sono solo due soluzioni.
La prima è quella di rinnovare completamente l’accordo sulle libertà sindacali. Quando parlo di completamente parlo sia della determinazione del numero delle ore sindacali, dei distacchi per coordinamenti nazionali, dei limiti delle RSA e dell’unità produttive. Un nuovo protocollo sulle libertà sindacali che sia duttile e al passo coni tempi.
La seconda è quella delle RSU, cioè rappresentanze sindacali unitarie, dove le lavoratrici e i lavoratori votano democraticamente per i propri rappresentanti sindacali. Voti che – come nel pubblico impiego – andrebbero poi rapportati – al numero degli iscritti per stabilire la reale rappresentatività del sindacato e il numero dei sindacalisti.
Questo modello sindacale è presente in quasi tutti i settori merceologici italiani ad esclusione del credito e delle assicurazioni.
Perchè?
Perchè la Fabi, il sindacato maggioritario e più rappresentativo non le ha mai viste di buon occhio – anche se credo che con il loro peso politico ed economico, di numero di iscritti e di organizzazione, vincerebbero facilmente -, la First/Cisl è sempre stata contraria. Mentre la Fisac/Cgil è l’unica sigla che ne ha parlato più volte senza mai spingersi però oltre a certi limiti. Nella Uilca – molto probabilmente – ero l’unico che pensava a questo strumento, anche se la Confederazione – all’epoca di Barbagallo, adesso non so e non voglio sapere – mi appoggiava.
E le Aziende? Hanno tutto l’interesse che continui questa situazione: meno personale più chiusura di filiali uguale meno ore di permesso sindacale, meno rappresentanti sindacali, meno rsa, meno trattative locali.

Pubblicato da Massimo Masi

Blog di Massimo Masi. Bolognese di nascita, piantato nella pianura, con una forte propaggine verso il mare. Non sono più quello di ieri, non so come sarò domani. Ma posso dirti come sono oggi, con i miei ieri (Alda Merini)