Servono veramente le sanzioni?

di Umberto Baldo

Immagine tratta dal web

PREMESSA

Il dibattito è forte! Le sanzioni dell’Europa, del G7, servono a qualcosa?

Ėl’vira Sachipzadovna Nabiullina – foto tratta dal web

Perchè il rublo che si era deprezzato ora è quasi tornato ai livelli pre-guerra? Forse perchè la banca russa guidata da Ėl’vira Sachipzadovna Nabiullina è una fuoriclasse della finanza? Vi ricordate che l’indomani dell’inizio della guerra si era dimessa, ma Putin l’ha obbligata a rimanere? Sarà merito dei tassi elevati al 20% che oggi gli investitori guardano al rublo? Eppure le agenzie di rating parlano di un meno 12% sul PIL di quest’anno.
Ma sulle sanzioni sentiamo il “nostro Ministro degli Esteri” di questo blog, Umberto Baldo.


La guerra non dichiarata di Vladimir Putin, che comunque in Ucraina sta provocando morte e distruzioni, pone il problema delle reazioni che la comunità internazionale può decidere di mettere in campo per indurre, in questo caso lo Stato aggressore, a più miti consigli.
Qualora non si voglia, o non si possa per evitare un’espansione del conflitto, scendere in campo direttamente, e quindi venga scartata l’opzione militare, resta la diplomazia, e soprattutto le sanzioni.
Già le sanzioni, relativamente alle quali si pone la domanda di fondo: servono veramente?
Sgombro il campo da possibili equivoci: non sono filo Putin, sono un sostenitore convinto della legittimità della Nato, e non sono pregiudizialmente contrario a misure volte a danneggiare l’economia di uno Stato che non rispetti le regole del diritto internazionale.
Ma da essere razionale, da sempre appassionato di storia, ciò non mi impedisce di nutrire qualche dubbio sull’efficacia politica, e pratica, delle sanzioni.
Fino a oggi le sanzioni sono state uno dei pochi strumenti che la comunità internazionale ha saputo trovare per fare pressione su un altro governo per costringerlo a mettere fine a una guerra, a fermare un programma di sviluppo di armi vietate, a imporre il rispetto dei diritti umani, o a danneggiare un’élite politica ed economica che si sia resa responsabile di atti riconosciuti come illeciti nel diritto internazionale.
Ma a parte le controindicazioni per gli Stati che le impongono, storicamente sono risultate quasi sempre strumenti inadeguati agli obiettivi che si volevano raggiungere.
Partendo dal fatto che nessun pacchetto di sanzioni, per quanto pesante, ha mai fatto cadere un dittatore.
Sicuramente non quelle comminate all’Italia dalla Società delle Nazioni nel 1936 dopo l’invasione italiana dell’Etiopia, che non solo non fecero cadere il fascismo, ma addirittura esaltarono il mito di Mussolini, che seppe addirittura sfruttarle a fini propagandistici interni (le inique sanzioni).
Analogamente l’embargo americano contro il Giappone, dopo l’invasione nipponica della Cina del 1937, non minò il militarismo dell’ Impero del Sol Levante, e finì per spingerlo a costituire l’asse con la Germania hitleriana e l’Italia fascista, fino ad arrivare al proditorio attacco contro la base di Pearl Harbor.
Il contenimento economico dell’Unione Sovietica non impedì gli scambi e gli investimenti occidentali nella patria del comunismo; basti pensare alla Fiat a Togliattigrad.
Venendo all’Iran, nonostante decenni di sanzioni americane, molte peraltro aggirate furbescamente da noi europei, il regime teocratico degli Ayatollah è ancora ben saldo, e sta tenendo sulla corda l’occidente con i suoi programmi nucleari.
Poco o nulla servirono anche le sanzioni economiche molto dure imposte dal 1965 al 1979 al regime razzista bianco della Rhodesia; e sulla sua caduta influirono molto di più la guerriglia armata e le pressioni degli stati confinanti.
A fronte di queste evidenze uno sarebbe portato a concludere che l’Europa stia perdendo tempo ed energie nell’elaborare pacchetti di sanzioni sempre più stringenti (siamo arrivati al sesto pacchetto), anche perchè le titubanze di queste ore di Ungheria e Repubblica Ceca dimostrano che non c’è unanimità tra gli Stati membri nell’applicarle, per il timore del caos economico che provocherebbero.
Basta pensare che per quanto attiene l’Italia la chiusura immediata dei rubinetti del gas e del petrolio russo fermerebbero il ripristino degli stoccaggi utili per il prossimo inverno, con la conseguenza di dover ricorrere inevitabilmente al razionamento. Lo sanno bene a Roma che, ben che vada, per sostituire il monte gas russo servono non meno di tre anni, ammesso che si riesca a trovare i fornitori alternativi, e ad incastrare alla perfezione i carichi.
Ritorna quindi la domanda.
Ma allora è tutto inutile, ci stiamo facendo del male da soli?
Assolutamente no!
Perchè non si può stare a guardare mentre viene calpestata ogni regola della convivenza civile, e se, oltre ad inviare armamenti agli ucraini, si ritiene opportuno di procedere con le sanzioni, va bene così!
Anche perchè se a Putin non viene posto un limite, l’Ucraina potrebbe non essere l’ultimo Stato ad essere attaccato e ad essere messo sotto tutela russa.
Lo “Zar” nel tempo ha dimostrato di voler aprire sempre nuovi fronti bellici, e dal 1999 siamo già alla quarta guerra, dopo la Cecenia, la Georgia e la Crimea.
Qualora gli venisse concessa una vittoria in Ucraina, quale sarebbe la prossima vittima, la Polonia, i Paesi Baltici, la Finlandia?
Ben vengano quindi le sanzioni!
Basta non farsi soverchie illudersi che siano determinanti per risolvere la crisi.
Putin è un dittatore a tutto tondo, non cadrà per l’embargo, come pure non ci sarà un colpo di stato per esautorarlo, e quegli oligarchi, che pure vengono sanzionati, in realtà non sono in grado di fare nulla, perchè alla fine sono la sua “servitù”.


Pubblicato da Massimo Masi

Blog di Massimo Masi. Bolognese di nascita, piantato nella pianura, con una forte propaggine verso il mare. Non sono più quello di ieri, non so come sarò domani. Ma posso dirti come sono oggi, con i miei ieri (Alda Merini)