Putin, la deriva totalitaria e perchè la questione Ucraina mette in pericolo tutta Europa

di Umberto Baldo

Invasione truppe sovietiche -foto tratta dal web

Vale la pena morire per l’Ucraina?

E se improvvisamente Mario Draghi andasse in televisione, ed in un discorso agli italiani sostenesse che la Corsica è un’isola che, per storia, tradizioni e lingua, appartiene più all’Italia che alla Francia?
E dato che ci siamo perchè non rivendicare anche Malta e la costa dalmata, dove gente che capisce e parla l’italiano ce n’è ancora parecchia?<br>Certo se si trattasse di parole al vento la cosa finirebbe là, e forse qualcuno penserebbe ad un attacco di demenza senile con sindrome revanscista, ma se invece si posizionasse parte della flotta davanti ad Ajaccio o a Bastia, a Ragusa (pardon Dubrovnich) o a La Valletta, la cosa determinerebbe sicuramente qualche apprensione nelle Cancellerie europee.
Nella politica internazionale, dove è bene ricordare che non esistono buoni o cattivi, bensì semplicemente leader che perseguono più o meno cinicamente gli interessi del proprio Paese, situazioni analoghe a quella che stiamo vivendo relativamente all’Ucraina ci sono sempre state, perchè, inutile negarlo, gli Stati, da che mondo è mondo, hanno sempre avuto come principale obiettivo quello di farsi la guerra, per ampliare quella che con termine moderno definiamo “sfera di influenza”.
Forse ci siamo dimenticati che l’Alsazia e la Lorena furono per quattro secoli la principale causa di scontro fra Francia e Germania? Erano anche quelle regioni di confine, dove si parlava sia il tedesco che il francese.
E fu sempre quello della lingua (e delle tradizioni) il pretesto con cui Hitler pretese che venisse annessa al Terzo Reich la regione cecoslovacca dei Sudeti, abitata da popolazioni che parlavano tedesco.
“Vale la pena morire per Danzica?”. Questa la domanda che il 4 maggio del 1939 poneva il giornale francese l’Oeuvre.
La risposta ce l’ha data la storia, e dalla presa di Danzica e della Polonia da parte di Hitler ebbe inizio la tragedia della seconda guerra mondiale.
Oggi, comunque la si veda, quel dilemma si ripropone per la crisi Ucraina, ed è inevitabile non porsi la fatale domanda: “vale la pena morire per le repubbliche separatiste filo russe di Donetsk e Luhansk nel Donbass?”Intendiamoci, fare un paragone fra Hitler e Putin sarebbe sbagliato ed antistorico, ma resta il fatto che il “casus belli” di oggi è lo stesso di quello di 70anni fa.
Ed in fondo Putin lo stesso “giochino”, scusate la banalizzazione lessicale, l’ha già fatto nel 2014 con la Crimea, quando assecondò le tendenze separatiste della popolazione filo russa di quel territorio, di fatto ponendolo sotto il controllo del Cremlino. Anche allora sdegno, condanne, sanzioni, da parte della Ue e degli Usa, ma alla fine la Crimea è diventata di fatto “Russia”. Visto che allora gli era andata bena, lo “Zar Vladimir” ha pensato bene di riprovarci con il Donbass, e dopo aver fatto salire la tensione alle stelle circondando l’Ucraina con circa 200mila uomini in armi, ha deciso di sparare, per ora con le parole e con gli atti politici, ma creando le premesse perché anche i cannoni dicano la loro, visto che i carri armati russi sono già entrati in Lugansk e Donetsk per “garantire la pace” (spero apprezziate le alte finalità espresse con adeguato linguaggio diplomatico).
Il riconoscimento russo dell’indipendenza delle repubbliche separatiste del Donbass non deve ingannare: si tratta di una annessione di fatto, anche se a mio avviso, se interpreto bene il disegno di Putin, non seguirà l’annessione vera e propria.
Analogamente a quanto successo con la Transnistria, con l’Abcasia e con l’Ossezia, Putin si limiterà al riconoscimento diplomatico di questi pseudo-Stati, perchè il suo obiettivo è di creare delle Nazioni cuscinetto, di fatto controllate dal Cremlino, alle frontiere fra la Russia e l’Europa.
Ad essere onesti Putin non ha mai nascosto le sue reali intenzioni di impedire di avere Stati aderenti alla Nato, con tutto il corollario dell’armamentario bellico, direttamente alle proprie frontiere. Lo ha detto negli anni in tutte le salse, e l’Occidente ha fatto finta di non capire, sostenendo il giusto principio delle “libera determinazione dei popoli di allearsi con chi credono”.
Principio sacrosanto, che però gli Stati Uniti non riconobbero quando la Cuba di Castro, alleata dell’Urss, accettò il posizionamento sul proprio territorio di missili orientati verso il territorio americano.
Certo si era nel 1962, si era in piena guerra fredda, ma ciò non impedì al Presidente John Fitzgerald Kennedy di minacciare la terza guerra mondiale pur di ottenere il ritiro di quei missili. Con questo non intendo certo assolvere l’attuale politica spregiudicata di Putin, ma non posso non osservare che nessuna grande potenza accetta il posizionamento di missili dell’alleanza avversaria nelle vicinanze del proprio territorio. Per come si sono messe le cose, a questo punto l’Ucraina ora dovrà decidere se reagire militarmente in proprio alla nascita dei nuovi staterelli satelliti di Mosca, visto che gli occidentali non lo faranno.
Perché questo è un dato di fatto: nessuno in occidente andrà a morire per il Donbass!
Certo per la Russia ci saranno le sanzioni, durissime come ha promesso il Presidente Joe Biden.
Ma alla fine a pagare, credetemi, saremo quasi esclusivamente noi europei.
E non ci vuole molto a capirlo. Gli americani non avrebbero alcun danno, anzi, probabilmente esporterebbero di più, la Russia potrà dirottare gas e materie prime verso la Cina ed altri Paesi, noi europei probabilmente vedremmo drasticamente ridotte le forniture di gas russo, con tutte le conseguenze che ne deriverebbero in termini di costo dell’energia. E che gli Usa siano attenti a non farsi troppo male lo dimostra il fatto che non dovrebbero invece scattare al momento eventuali blocchi al sistema di pagamento internazionale Swift, società di software utilizzato ormai da tutte le banche del mondo con sede proprio a Bruxelles. Si teme infatti che un blocco del Swift possa accelerare quel processo già in corso volto ad adottare un sistema di pagamenti alternativo, che è allo studio in Cina e Russia, con possibili ripercussioni negative anche sulle transazioni con i Paesi Occidentali.
In definitiva, come accennato, le vittime sacrificali saremmo noi europei. Ma in fondo ce la meritiamo questa nostra mancanza di ruolo e di peso nei nuovi scenari geopolitici internazionali. Mentre Putin senza dover convocare la Duma o altri organismi dà l’ordine di invasione, noi siamo alle prese con le richieste di “dichiarazioni urgenti del Governo al Senato”. E quindi in questa Europa colpevolmente priva di un Ministro degli Esteri e di una forza armata comune, assisteremo al rito dei 28 Parlamenti nazionali che si riuniranno per discutere, ai Capi di Governo che cercheranno di imbastire un accrocchio di politica unitaria, ben sapendo che la Francia da una crisi del gas non avrebbe alcun danno visto che utilizza il nucleare, la Spagna idem perchè importa dalla Russia solo il 10% del suo fabbisogno, la Germania cerca di chiudere senza clamori la partenza del nuovo gasdotto Nordstream2, e l’Italia brancola nel buio. Quando forse ci saremo chiariti fra noi europei, Putin avrà già chiuso da tempo la partita militare e quindi politica.
Mi rimane un dubbio atroce.
Se lo “zio Vladimir” persisterà nella sua politica di dare vita a Stati cuscinetto che evitino l’accerchiamento della Russia, quando sarà la volta dell’Estonia, della Lettonia, della Lituania, della Finlandia, della Svezia?
E a quel punto si riproporrà inevitabilmente la domanda: “vale la pena morire per Helsinki, per Riga, per Vilnius, per Tallin, per Stoccolma?

Pubblicato da Massimo Masi

Blog di Massimo Masi. Bolognese di nascita, piantato nella pianura, con una forte propaggine verso il mare. Non sono più quello di ieri, non so come sarò domani. Ma posso dirti come sono oggi, con i miei ieri (Alda Merini)