In Italia vietato pubblicare on line le liste degli evasori fiscali

di Umberto Baldo

Immagine tratta dal web

Premessa
Dopo 4 giorni di silenzio, torno a pubblicare sul mio blog. Di questi 4 giorni, due li ho passati a lavorare ad un nuovo progetto che mi ha – davvero – esaltato e due per partecipare a questo evento. Evento romano che mi ha permesso di rivedere vecchi amici, scoprirne nuovi e – soprattutto – mettermi alla prova con nuove esperienze lavorative. Nei prossimi giorni, appena risolto i problemi di privacy e diritti, vi racconterò.
Poichè sono ancora stanco da questi quattro giorni – la vecchiaia avanza rapidamente – vi propongo questo pezzo stupendo di Umberto su chi non paga le tasse (e sono tanti).
Domani tornerò con un post sulle chiusure delle filiali, su come poter limitare questo finale e le ripercussioni sulle lavoratrici e lavoratori di questo processo che sembra inarrestabile.
A domani


Fra la Finlandia che pubblica il 1° novembre di ogni anno i redditi di tutti i cittadini, e l’Italia in cui non si può rendere noto praticamente nulla, ci sarà pure una via di mezzo?
O no?
Forse non tutti ricordano che un tentativo di imitare la Finlandia ci fu il 30 aprile del 2008, durante il governo di Romano Prodi, quando l’Agenzia delle Entrate mise on line, cosa mai accaduta prima, le dichiarazioni dei redditi di tutti i cittadini italiani relative al 2005, consultabili e divise per regione (fino ad allora le dichiarazioni potevano essere spulciate soltanto presso i comuni).
Il traffico fu così intenso che il sito dopo poche ore divenne irraggiungibile, e le polemiche così diffuse che fu chiesto l’intervento del Garante della Privacy, che decise di togliere le liste dal sito, e di renderle non più consultabili.
E siamo arrivati allo “snodo” del problema; la privacy ed il suo Garante nazionale.
Che nel nostro Paese ha ormai assunto il ruolo di un “Demiurgo”, di un “oracolo” i cui responsi sono in grado di condizionare e bloccare qualsiasi iniziativa.
Nessuno nega che la privacy dei cittadini sia un valore che deve essere salvaguardato, ma io penso che questa tutela della riservatezza individuale debba venire meno quando in campo ci sono superiori interessi pubblici, e sicuramente l’obbligo fiscale è uno di questi. Tornando quindi alla domanda iniziale, ammesso e non concesso che la pubblicazione dei redditi di tutti i cittadini possa creare qualche problema, penso che lo stesso non si potrebbe dire qualora ad essere resi pubblici fossero i nominativi di coloro che hanno debiti fiscali con lo Stato.
So già che qualcuno avrà fatto un balzo sulla sedia urlando che una simile prassi violerebbe i diritti del cittadino.
Mi dispiace, ma non è così!
Infatti la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu), così smentendo il Garante della privacy ungherese, con sentenza 36345/16 del 12 gennaio 2021 ha stabilito che pubblicare sul sito internet del Fisco la black list degli evasori fiscali non viola la privacy.
Nella motivazioni del provvedimento la Cedu ha specificato che “La divulgazione dell’elenco delle persone debitrici verso l’erario risponde dunque ad un interesse generale meritevole di tutela, non trattandosi di soddisfare la curiosità del pubblico, ma piuttosto di rendere pubblica l’identità delle persone che non rispettano i loro obblighi fiscali, anche al fine di tutelare gli interessi commerciali di terzi, incentivando così il corretto funzionamento del sistema fiscale e sociale”.
Certo questa sentenza non obbliga alcun Stato alla pubblicazione delle liste degli evasori, ma accerta inequivocabilmente che una tale prassi non violerebbe i diritti dell’uomo.
Quindi il problema non è giuridico, bensì politico, e si capisce che in un Paese in cui, secondo le stime (sic!), si sottraggono alla tassazione qualcosa come 100 miliardi l’anno, la pubblicazione delle liste degli inadempienti fiscali non trovi tanti sostenitori.
In realtà io credo che la stragrande maggioranza dei cittadini che vivono solo di pensione o stipendio, e che quindi le tasse le pagano mediante trattenute alla fonte, non avrebbe tutte queste remore, e lo dimostrò un sondaggio on line de Il Sole 24 Ore del 2019, dal quale risultò che una schiacciante maggioranza dei cittadini (oltre l’80%) sarebbe favorevole a rendere pubblici i nomi degli evasori fiscali.
Per far un altro esempio, in questi giorni si dibatte dei canoni delle concessioni balneari, della loro esiguità, e del fatto che molti concessionari sarebbero morosi.
Cosa ci sarebbe di strano, o di inestetico, se davanti ad ogni stabilimento balneare, o qualsiasi altro bene in concessione, fosse obbligatorio un cartello che indicasse l’ammontare del canone previsto?
Tanto per trasparenza, visto che quel bene appartiene a tutti i cittadini, e anche per dare un’idea del rapporto fra canone pagato e gli introiti generati dal suo utilizzo.
Non ci resta che prendere atto che i nostri Demostene non vogliono turbare il sonno degli evasori, evitando loro il ludibrio delle black list, in questo sostenuti dalle rigidità interpretative del “Demiurgo” Garante per la Privacy.
Eppure gli esempi nel mondo non mancano.
In Europa sono ben 17 i Paesi che pubblicano gli elenchi con i nomi degli evasori fiscali.
Volete sapere quali sono?
La Francia, in cui la pubblicazione è obbligatoria in caso di condanna giudiziaria, la Spagna per evasione superiore al milione di euro, l’Inghilterra quando è prevista una sanzione di almeno 25mila sterline, la Bulgaria da 2500 euro in su, la Croazia da 2000 euro in su, l’Estonia dai 1000 euro, l’Irlanda per qualsiasi importo, la Lettonia dai 150 euro, la Lituania dai 10mila euro, la Slovenia dai 5mila euro, la Slovacchia da 170 euro, il Portogallo dai 7500 euro, la Repubblica Ceca solo per l’Iva, la Romania, l’Ungheria dai 30mila euro, Malta solo in caso di condanna penale.
Mi sono fermato ai Paesi dell’Unione Europea (a parte l’Inghilterra ormai), ma sbattere in prima pagina i nomi di chi non assolve l’obbligo fiscale è prassi comune in tutto il mondo, dagli Usa all’Australia, dalla Nigeria alla Corea del Sud, passando per Cina e Pakistan.
Il Messico ha addirittura inserito nella black list il nome dell’ex Presidente Vicente Fox per un debito di 15 milioni di pesos (circa 700mila euro).
Quella di diffondere online i nomi degli evasori è una prassi universalmente nota come “Name and shame”, letteralmente “Ti svergogno in pubblico”.
Che trova la sua sublimazione negli Stati Uniti, dove ogni anno 3mila cittadini/contribuenti entrano in carceri speciali riservate agli evasori fiscali, dove trascorrono in media tra i 2 e i 3 anni di reclusione.
Le carceri sono pieni di detenuti che hanno evaso o frodato il Fisco. E sono ben 23 Stati su 50 degli Usa che pubblicano in rete i nomi dei furbetti.
Tra questi anche il Delaware, noto come il principale paradiso fiscale degli Stati Uniti, ma inflessibile con chi non paga il dovuto allo Stato.
Quando si potrà sperare che il “Name and Shame” che io considero una norma di civiltà, potrà trovare applicazione anche in Italia, sempre che il Garante per la Privacy lo consenta, come fanno i suoi omologhi di altri Paesi?
Forse mai, perchè in fondo è ancora diffusa in Italia la cultura che gli evasori fiscali sono in realtà dei “furbi”, dimenticando che ogni qual volta uno di questi signori va in un ospedale, percorre una strada, ed in generale usufruisce di un servizio pubblico, froda in primis i suoi concittadini che quei servizi hanno pagato con le loro tasse, e che continueranno a pagarle in futuro anche per lui.

Pubblicato da Massimo Masi

Blog di Massimo Masi. Bolognese di nascita, piantato nella pianura, con una forte propaggine verso il mare. Non sono più quello di ieri, non so come sarò domani. Ma posso dirti come sono oggi, con i miei ieri (Alda Merini)