Il mio 1° maggio. Una Festa che va ripensata.

di Umberto Baldo

Primo Maggio a Padova – foto tratta dal web

PREMESSA
Ieri ho scritto alcune considerazioni – un po’ amare – sul Primo Maggio. Nel servizio andato in onda su il TG della 7 ho sentito parole che sono simili a quelle che avevo scritto alcune ore prima. Intendiamoci non voglio dire che hanno copiato il mio post – non sono così maniaco – ma quello che mi ha fatto piacere sentire che “esiste un ugual sentire” in molte persone: le morti sul lavoro, il lavoro che non c’è o quando c’è viene sottopagato, la guerra.
Bene. Anche l’amico Umberto Baldo ha voluto scrivere sul Primo Maggio, raccontando quello che ha visto domenica, nella piazza di Padova.


Dopo due anni di stop forzato, causa pandemia, in questo primo maggio il Sindacato si è ripreso le piazze.
E così, come ovunque in Italia, anche a Padova è tornata la tradizionale manifestazione nella splendida Piazza dei Signori.
Nonostante le previsioni annunciassero possibili acquazzoni, il cielo era azzurro ed il sole scaldava, e così ho deciso di andare alla Festa. A dirvi la verità sentivo una sorta di “richiamo della foresta”, la voglia di ritrovare certe atmosfere che solo alcune occasioni possono offrire, e la Festa del Lavoro è una di queste.
Non mi aspettavo nulla di nuovo, in quanto avevo già notato nel corso degli anni, come dire, un progressivo calo di interesse nei confronti della Festa dei lavoratori.
Certo il mondo cambia, la società cambia, il lavoro cambia, e forse è ineluttabile che cambino anche certi “riti”.
Si perchè non saprei come altro definire una piazza piuttosto vuota, con un palco sul quale quattro ragazzotti di un gruppo denominato “Sinqueschei” (per chi non è più avvezzo alla lingua veneta significa 5 soldi) che urlava a squarciagola brani che parlavano di “Porto Caleri” e di “gnocca”.
Intendiamoci, non è che sia un moralista o un bigotto, tutt’altro, e non mi aspettavo certo di sentire diffuse dagli altoparlanti le note dell’”Internazionale”, ma dai canti delle “mondine” alla “gnocca” obiettivamente ce ne corre.
Di fronte a questa piazza non ho potuto non fare qualche considerazione.
Innanzi tutto la partecipazione ridotta.
In realtà la festa in piazza per il 1° maggio da tempo è una sorta di convention aziendale, in cui si ritrovano sostanzialmente solo i sindacalisti, fra l’altro anno dopo anno in numero sempre più ridotto, con sempre più capelli ingrigiti o bianchi, con sempre meno voglia di testimoniare.
Certo le feste di qualche decennio fa vedevano la partecipazione delle delegazioni delle principali aziende del territorio, ma allora i lavoratori erano molto più legati al Sindacato, che rappresentava anche una netta scelta di campo di tipo politico.
Era impossibile a quei tempi che un iscritto alla Cgil non votasse a sinistra, e quasi sempre per il Pci, quando il Pci c’era ancora.
Oggi nel nostro Veneto gli operai votano Lega, il Pd è al suo minimo storico, ed il Sindacato è percepito sostanzialmente come un erogatore di servizi, e buono quando c’è da aprire una vertenza con il datore di lavoro.
E la piazza di stamattina a Padova era lo specchio fedele di questa situazione, con questi gruppetti di sindacalisti attempati, forse in maggioranza pensionati, che si aggiravano in cerca di qualche vecchio compagno di lotta, e l’attuale Sindaco Sergio Giordani senza fascia tricolore a stringere mani; d’altronde a Padova il 12 giugno si vota per la Comunali, e fra i cittadini presenti a Piazza dei Signori stamattina si presume che buona parte non voti a destra.
Il Primo maggio non è una data divisiva com’è ancora il 25 aprile.
Nessuno contesta questa festa, ma è anche vero che di questi tempi essa suscita modeste discussioni, e forse è per questo che da lungo tempo la celebrazione nazionale consiste in un concerto e non in una manifestazione politica che richiederebbe una piattaforma, un’elencazione di priorità, obiettivi rivendicativi chiari e condivisi. Cosa può raccontare il 1° maggio ai tanti lavoratori precari che percepiscono il Sindacato come il tutore degli stabilizzati, ai laureati sotto occupati, a quelli che vengono pagati una miseria perchè sul salario minimo Sindacato e Imprenditori non riescono a mettersi d’accordo, ai diecimila medici scappati dall’Italia negli ultimi dieci anni verso Paesi e retribuzioni più confortevoli?
E potrei continuare…..
Ecco perchè alla fine non resta che il Concerto di Piazza San Giovanni, che chiaramente con i problemi del lavoro c’entra come i cavoli a merenda, ma che ha il vantaggio di riempire la piazza sotto il logo “Cgil-Cisl-Uil” con orde di ragazzini ovviamente entusiasti di usufruire di un momento musicale per di più gratuito.
Ricordo che Susanna Camusso qualche anno fa ha detto che il “Concertone” è un evento “datato”, sul quale bisogna fare una seria riflessione, perchè tutte le cose sono segnate dal tempo.
La penso esattamente come lei.
Ultima considerazione.
Fino alla fermata forzata per la pandemia un paio d’anni fa in Piazza dei Signori fra i vari gazebo ce n’era uno dei pensionati della Cgil che rappresentava una sorta di “faro”.
Sotto quella tenda c’erano sacchi e sacchi di filoni di pane, e un’affettatrice che in continuazione sfornava fette di mortadella o salame.
Sarà stata l’atmosfera festaiola, e l’aria frizzante di primavera, ma quei panini erano qualcosa di “celestiale”, e confesso che li avrei messi alla stregua dei piatti dei nostri chef stellati.
Quest’anno quel gazebo non c ‘era! Un segno dei tempi?


Pubblicato da Massimo Masi

Blog di Massimo Masi. Bolognese di nascita, piantato nella pianura, con una forte propaggine verso il mare. Non sono più quello di ieri, non so come sarò domani. Ma posso dirti come sono oggi, con i miei ieri (Alda Merini)