Comprare meno prodotto allo stesso prezzo. E’ la shrinkflation bellezza!

di Umberto Baldo

Supermercato – foto tratta dal web

Premessa
Oggi Umberto Baldo ci parla della shrinkflation. Cos’è? leggete l’articolo. Nel frattempo vi ricordo che:
Negli articoli Maioli (Credit Agricole) e Castagna (BancoBPM): una coppia nata per caso o un prossimo grande amore? e Lettera aperta al direttore responsabile di StartMag in risposta all’articolo sul prossimo congresso Uilca ci sono commenti da parte dei lettori di questo blog.
La pagina IL MIO DIARIO DI UNA GUERRA VISSUTA DAVANTI AD UNO SCHERMO sulla guerra in Ucraina è sempre aggiornata – almeno una volta al giorno – con considerazioni, notizie e quanto altro.


Dante colloca i peccatori fraudolenti nel cerchio più profondo dell’abisso infernale, dove sono posti per essere puniti con i peggiori tormenti, perchè la frode è una prerogativa esclusiva dell’uomo, in quanto richiede l’uso della ragione.
Perdonatemi questo richiamo alla Divina Commedia, che mi è venuto per associazione di idee con l’argomento di cui parlo di seguito, avvertendovi però che la pratica in questione NON è assolutamente configurabile come una truffa in senso tecnico, e quindi penalmente rilevante.
Ma cosa volete, le reminiscenze degli studi liceali fanno parte della cultura di ognuno di noi, e sono ineliminabili.
Per inquadrare il problema bisogna in ogni caso partire dall’inflazione che, complice prima la pandemia da Covid, e adesso la guerra in corso in Ucraina, sta assumendo valori veramente allarmanti.
Tanto per capirci, limitandosi alle maggiori quattro economie della Ue, la crescita dei prezzi in Germania veleggia sul 7,3%, in Spagna sul 9,8%, in Francia sul 4,5% (hanno le centrali nucleari), in Italia sul 6,7%.
Non è questo il luogo per lanciarsi in spiegazioni su cosa sia l’inflazione, e su cosa si possa fare, sempre in teoria, per cercare di contenerla.
Basti dire che l’attuale impennata non è imputabile solo alla deflagrazione del prezzo dell’energia (gas e petrolio) conseguente alla guerra, perchè un aumento generalizzato di tutte le materie prime si era innescato già nella seconda metà del 2021, dovuto alla ripresa post Covid, ma in parte anche a fenomeni di pura speculazione.
Semplificando molto, è evidente che se il costo delle materie prime lievita a dismisura, e quello dell’energia addirittura esplode, i prezzi dei prodotti finiti non possono che aumentare.
E’ la legge delle filiere, e si tratta di una correlazione inevitabile! In una prima fase i venditori di prodotti finiti, i supermercati per fare un solo esempio, hanno cercato di annullare, o di contenere al massimo questi aumenti, visto il calo dei consumi determinato dalla pandemia.
Ma è evidente che si tratta di un gioco che ha il fiato e le gambe corte, perchè il mancato adeguamento dei costi ai ricavi finisce in tempi brevi per scaricarsi in negativo sui bilanci.
Quindi di norma le aziende, per non andare in perdita, ad un certo punto sono costrette ad alzare i prezzi finali dei prodotti commercializzati, scaricando così gli aumenti sui consumatori.
Ma negli ultimi tempi le cose sono un po’ cambiate, nel senso che soprattutto nel settore alimentare si sta imponendo la pratica della shrinkflation, termine coniato dagli anglosassoni che deriva dall’unione di shrink, che vuol dire restringere, e appunto inflation, che significa ovviamente inflazione.
In realtà si scrive shrinkflation, ma si legge aumento dei prezzi!
Perchè quello che succede in pratica e che, andando al supermercato, sugli scaffali si trovano sempre le stesse confezioni di prodotto (quando a dimensioni), vendute allo stesso prezzo.
Il consumatore crede, e ha l’impressione, di acquistare il solito prodotto, ma in realtà c’è il trucco, nel senso che quella confezione ne contiene una quantità inferiore.
Facciamo un esempio, che spero chiarisca come funziona la shrinkflation.
Ipotizziamo che un anno fa il costo di una confezione di spaghetti fosse di 2,15 euro (pari a 215 centesimi) per 500 grammi di prodotto. Di conseguenza il prezzo al grammo, ottenuto dividendo il prezzo della confezione per il peso del prodotto venduto (215:500) era di 0,43 centesimi al grammo.
Oggi quella confezione di pasta, uguale nella forma, costa sempre 2,15 euro (215 centesimi), ma di spaghetti ne contiene non più 500 grammi, bensì 478.
Fatti i conti di prima, il prezzo al grammo è salito a 0,45 centesimi, pari al 4% in più del prezzo di un anno prima.
Come accennato all’inizio, forse con l’inopportuno richiamo dantesco, ripeto che NON si tratta di una truffa con risvolti penalistici.
Ma la correttezza commerciale vorrebbe che il produttore cambiasse le dimensioni della confezione, rendendo così evidente al consumatore la riduzione della quantità di prodotto, e quindi il fenomeno della shrinkflation.
Purtroppo ciò non accade quasi mai.
Non è un problema solo italiano, anzi da noi il fenomeno sta arrivando con un certo ritardo rispetto ad altri Paesi.
Quello di mascherare l’aumento del prezzo con una diminuzione del prodotto è in realtà un fenomeno globale.
E’ una risposta “furba” perchè, come accennato, il prezzo unitario del bene (pacchetto, confezione, busta, sacchetto…) resta lo stesso, ma la quantità di prodotto contenuto diminuisce.
Alla fine noi paghiamo di più, ma non ce ne accorgiamo.
Quanti di noi mentre fanno la spesa guardano con attenzione il prezzo al Kg scritto in piccolo sui cartellini del supermercato, facendo il raffronto con il prezzo di qualche settimana prima? Nessuno che io conosca.
E’ questo il gioco; noi paghiamo, credendo di portare a casa una cosa e ne portiamo a casa di meno.
Chi va a contare se nella confezione di patatine fritte ci sono 5/10 fette in meno?
Come si dice: fessi ma contenti!
Contenti perchè ci induce a credere erroneamente che l’inflazione non sia poi quella brutta bestia che dicono, visto che i prezzi dei beni al supermercato sembrano fermi.
E’ evidente che l’unico modo a disposizione del consumatore per difendersi dalla shrinkflation è quello di diventare sensibile, e quindi controllare attentamente le quantità di prodotto contenuto nella confezione, ed il prezzo al kg.
Ma mi rendo conto che non è agevole, perchè allungherebbe a dismisura i tempi del fare la spesa, fatta in realtà sempre piuttosto di fretta.
Il che comporterebbe ovviamente il fare il confronto con prodotti analoghi, pur presenti sugli scaffali.
Ma la aziende che praticano la shrinkflation devono comunque mettere in conto anche un possibile rischio di declassamento della cosiddetta “brand reputation”.
In America, dove questo fenomeno è partito prima, e dove le Associazioni dei consumatori sono agguerrite e ben difese dalla legislazione, alcune aziende sono finite nel mirino.
E per quanto, ripeto, non si tratti di una pratica illegale, nel 2021 McCormick ha pagato, 2,5 milioni di dollari per evitare una controversia con i consumatori che la accusavano di mettere meno pepe nella stessa confezione, E nel 2017 la Mondelez dovette andare a giudizio per aver aumentato la distanza tra le punte del Toblerone; con il risultato che l’iconica barretta di cioccolato tornò al suo formato originario.
Al di la di tutto, il problema vero resta l’inflazione, che mette le aziende di fronte a tre opzioni per scaricare l’incremento dei costi: o aumentare direttamente i prezzi finali, o togliere un po’ di prodotto (shrinkflation), o produrre con ingredienti più economici (quindi abbassare la qualità).
Chissà come avrebbe risolto il problema Dante Alighieri?

Pubblicato da Massimo Masi

Blog di Massimo Masi. Bolognese di nascita, piantato nella pianura, con una forte propaggine verso il mare. Non sono più quello di ieri, non so come sarò domani. Ma posso dirti come sono oggi, con i miei ieri (Alda Merini)