Speriamo che sia maschio! La follia afgana

di Umberto Baldo

Conduttrice televisiva afgana – immagine tratta dal web

PREMESSA
Il Ministro degli Esteri di questo blog – Umberto Baldo – ci racconta quello che sta accadendo in Afghanistan, alle donne di quel paese.


Nell’indimenticabile film di Mario Monicelli del 1986 “Speriamo che sia femmina”, nella scena finale della cena le protagoniste Stefania Sandrelli, Catherine Deneuve, Athina Cenci, Liv Ullmann, Giuliana De Sio, Lucrezia Lante della Rovere, fra una portata e l’altra discutono sulla gravidanza della single Giuliana De Sio. Quando quest’ultima comunica agli astanti ed alla madre Liv Ullmann che intende tenere il bambino, quest’ultima commenta la notizia con la frase “Speriamo che sia femmina”, cui si associano tutte la altre commensali.
Chissà se un gruppo di donne afgane nella stessa situazione si sentirebbero di fare la stessa affermazione?
Non ne sarei così sicuro, visto l’abbrutimento, non trovo temine migliore, che i Talebani stanno imponendo alle donne di quel martoriato Paese, di fatto condannandole alla morte civile.

Donne afgane – foto tratta dal web

L’ultimo divieto in ordine di tempo è stato quello imposto alle presentatrici ed alle giornaliste di tutte le televisioni di non farsi vedere in volto.
E per non essere fraintesi i Talebani hanno anche stabilito che le donne che n
on rispetteranno il nuovo codice di abbigliamento imposto dall’Emirato Islamico saranno licenziate, e gli stessi loro mariti rischieranno il posto se le mogli o le figlie non obbediranno.
E’ chiaro che quest’ultima trovata del “Ministero per la promozione della Virtù e la prevenzione del Vizio” ha suscitato nei media del mondo libero un’ondata di proteste, ma a ben guardare c’è una qualche forma di ipocrisia anche in questo. Perchè se l’indignazione degli operatori dell’informazione giustamente sale alle stelle quando ad essere colpito è il loro mondo, quello dei mezzi busti televisivi, a mio avviso la stessa esecrazione non c’è per la macchina dell’oscurantismo più deteriore messa in moto contro tutte le donne afgane.
E scusate se qualcuna delle nostre “pasionarie” si arrabbierà o si offenderà, ma basterebbe che la stessa foga, la stessa indignazione, giusta eh nessuno lo nega, che si è levata per qualche caduta di stile degli alpini a Rimini, fosse messa in campo ogni giorno, facendo pressioni sui nostri Governi perchè facciano tutto quel che si può fare in difesa dei diritti delle donne afgane.
Già prevedere un “Ministero per le promozione della Virtù e la prevenzione del Vizio” è un qualcosa che, alla mia mente laicizzata di figlio della Rivoluzione Francese, fa riaffiorare periodi bui della nostra storia, come quello della Santa Inquisizione cattolica.
Ma a onor del vero neanche un grande inquisitore come Tomàs de Torquemada sarebbe arrivato alle vette, per usare un eufemismo, raggiunte degli Studenti Coranici afgani.
Tanto per essere chiari, dopo la ritirata, o forse la fuga occidentale dall’Afghanistan, con la cessione di fatto del potere ai Talebani nell’agosto del 2021, questo Paese è diventato un vero inferno per le donne.
E gli impegni di questi tagliagole si sono rivelati una vera e propria “presa per i fondelli” per noi occidentali che abbiamo fatto finta di crederci, perchè sono bastati solo pochi mesi per dimostrare al mondo che i talebani sono sempre quelli di prima, con la loro visione del mondo medioevale, e la loro interpretazione della legge coranica che alle donne riserva nulla più che la funzione riproduttiva, e la schiavitù alle dipendenze del maschio padre e padrone.
E non hanno aspettato molto per mostrare il loro vero volto, sicuramente contando su un occidente distratto da altri problemi, e con nessuna voglia di impicciarsi nuovamente nel ginepraio afgano.
E così la prima decisione è stata quella “simbolo” del regime talebano, lo jijab integrale (il burka) con cui deve coprirsi ogni donna dalla testa ai piedi, volto compreso.
Ma a seguire sono partiti i divieti di fare sport, di lavorare, di sentire musica.
E poi volete che alle donne sia consentito di istruirsi?
Ma quando mai?
E quindi tutti gli istituti scolastici femminili di secondo grado sono stati chiusi, tanto che si moltiplicano le iniziative illegali e segrete per garantire a queste ragazze di continuare con la loro formazione.
Non hanno avuto finora, ma e solo questione di tempo siatene certi, il coraggio di chiudere l’Università alle donne.
Ma hanno cominciato ad intaccare anche questa libertà decidendo che le universitarie non potranno indossare l’hijab colorato per entrare in facoltà.
A maggio si sono visti sui social alcuni video che mostravano i poliziotti in piedi vicino al cancello dell’ateneo di Kabul che scortavano fuori le donne con l’hijab colorato. L’ingresso è stato consentito solo alle ragazze con il velo nero: nonostante infatti tutte le donne indossassero il burqa, quelle che si coprivano la testa con le sciarpe colorate sono state respinte.
Lo scorso 17 maggio i talebani hanno pure sciolto la Commissione afghana indipendente dei diritti umani (Aihrc) in quanto da loro ritenuta “non più necessaria”. “Abbiamo altre organizzazioni che possono svolgere attività sui diritti umani, organismi legati al sistema giudiziario”, ha dichiarato il vice portavoce del governo talebano, Inamullah Samangani, senza però precisare quali.
Non so a voi ma l’accostamento fra diritti umani e sistema giudiziario in un regime rigidamente regolato dalla Sharia mi fa accapponare la pelle!
L’Aihrc, organismo incaricato di monitorare le violenze commesse ai danni di civili, è stato per 20 anni un punto di riferimento per gli afghani desiderosi di denunciare violazioni commesse da forze governative, talebani o da altri gruppi armati.
La sua chiusura, unitamente alla Commissione elettorale e al Ministero delle questioni femminili la dice lunga su quali siano le reali intenzioni degli studenti coranici.
Volete poi che sia rispettata la sfera intima di ogni donna, come quella dell’igiene personale?
Nelle province settentrionali di Balkh e Herat i Talebani hanno vietato alle donne di recarsi agli hammam, i bagni pubblici diffusi nel mondo islamico, che rappresentano per molti, nel freddo Afghanistan, l’unica opportunità di lavarsi al caldo, oltre che il luogo deputato al lavaggio rituale.
Temo che questa decisione possa essere estesa prima o poi a tutto il Paese.
Ma il massimo lo si è raggiunto quando gli studenti coranici hanno ordinato ai negozianti di abiti di tagliare le teste dei manichini, soprattutto se con sembianze femminili, perché la raffigurazione umana “viola la sharia”, la legge islamica.”.
Ma almeno qui si parla di manichini, e non di donne in carne ossa come Mahjabin Hakimi la giovane pallavolista della nazionale afghana di volley decapitata perché di etnia Hazara e perché giocava a volley senza hijab.
Mi vien da ridere, per non piangere, quando ripenso che la prima cosa che dissero i talebani appena ripreso il potere fu: “Siamo impegnati a rispettare i diritti delle donne sotto il sistema della Sharia”.
Tornando a Monicelli ed al suo film, pensate veramente che in queste condizioni di palese disumanità, che dovrebbero far urlare la nostra coscienza, delle donne afgane direbbero “Speriamo che sia femmina”?


Pubblicato da Massimo Masi

Blog di Massimo Masi. Bolognese di nascita, piantato nella pianura, con una forte propaggine verso il mare. Non sono più quello di ieri, non so come sarò domani. Ma posso dirti come sono oggi, con i miei ieri (Alda Merini)