La lettera di Orcel ai dipendenti e la mia risposta

Andrea Orcel (ceo di UniCredit) foto tratta dal web
Lettera di Orcel ai dipendentiMia Risposta
Buongiorno a tutti,
Sono incredibilmente onorato di essere stato nominato Amministratore Delegato di UniCredit. Questo è il culmine della mia carriera nel settore finanziario, settore in cui ho iniziato a lavorare dall’età di 25 anni. In questi anni, ho avuto l’opportunità di osservare diversi aspetti del sistema, sia direttamente sia attraverso gli occhi di molti leader. Per tutto questo tempo, UniCredit è stata per me una presenza costante, uno dei clienti chiave. In un certo senso, oggi sono tornato a casa.<br>Ho accettato questo ruolo perché le banche per me sono sempre state ambienti elettrizzanti, dinamici e stimolanti in cui lavorare. È un compito impegnativo e ogni CEO ha l’enorme responsabilità di plasmare e guidare la propria istituzione nella giusta direzione. Sono certo che il mio lavoro in UniCredit non farà eccezione.
Ho accettato l’incarico perché credo che il sistema bancario sia parte integrante del funzionamento della società. Insieme, sia come individui sia come membri di una squadra, abbiamo il dovere di spingerci oltre il nostro limite di comfort per migliorare il sostegno e l’esperienza dei clienti. Il nostro compito è quello di valorizzare la comunità, permettendo alla nostra clientela di raggiungere i propri traguardi, prosperare e condurre le vite che desidera grazie ai sacrifici dei rispettivi lavori.
Le banche fanno molto di più che semplicemente muovere gli ingranaggi della società. Forniscono opportunità. Permettono al giovane studente di proseguire con il suo percorso di studi oltre la scuola superiore. Permettono a una giovane famiglia di comprare la prima casa. Permettono all’imprenditore capace di sviluppare un’idea e di costruire la sua azienda da zero, offrendo lavoro e opportunità ad altri.
Dovremmo essere tutti orgogliosi di lavorare per un’istituzione in grado di avere un impatto così determinante sulle tante sfaccettature della vita di una persona o di una famiglia.
Eppure, a un certo punto, il nostro settore sembra essersene in parte dimenticato. Siamo diventati troppo sicuri di noi stessi, a volte compiacenti. Abbiamo dato per scontata la nostra posizione. Abbiamo accettato di non cambiare i nostri standard, spostando sempre più avanti i nostri obiettivi. È oggi nostra responsabilità dimostrare nuovamente a tutti il nostro valore aggiunto.
Nel guardare al futuro, il fulcro di tutte le nostre decisioni e azioni diventerà il raggiungimento dell’eccellenza con il merito. Vorrei ricordare a tutti il motivo della nostra presenza sul mercato. Non lavoriamo solo per proporre ai clienti quello che noi riteniamo loro abbiano bisogno, bensì per chiedere loro come possiamo aiutarli e quindi trovare il modo migliore, e più giusto, per farlo.
Se saremo in grado di ottenere un simile risultato, con dedizione, con passione e con integrità, non solo restituiremo a questa importante istituzione il posto che le spetta all’interno del settore e tra le comunità nelle quali opera, ma ricorderemo a tutti le nostre capacità come banca di aiutare le persone e contribuire a realizzare i loro sogni.
Per conseguire una simile ambizione, saranno necessari importanti e improrogabili cambiamenti.
Osservando gli innovatori in qualsiasi campo, sappiamo che ciò che li definisce è la loro capacità di spingersi oltre i confini, vedere le cose in modo diverso e prendere decisioni difficili per le quali pochi sono disposti a rischiare.
Il mio obiettivo è diventare insieme a voi innovatori nel nostro campo. Creare una banca che non rimanga inerte, ma che cerchi l’innovazione. Una banca che vada oltre le aspettative e quindi le superi. Ciò richiede un cambiamento di mentalità, e la capacità di credere che l’impossibile sia ora possibile.
Ho già sentito dire molte volte che gli ostacoli affrontati durante le operazioni quotidiane rendono impossibile un vero progresso. Bene, rimuoveremo insieme questi ostacoli uno a uno.
Ci concentreremo sulla riduzione della complessità, semplificando il modo in cui prendiamo decisioni e lavoriamo insieme. Abbiamo bisogno di razionalizzare il nostro business, in modo da poter operare più velocemente e con maggior chiarezza e ottenere risultati positivi per tutti gli azionisti. È un’ambizione a cui molti aspirano, ma che pochi, anzi pochissimi, riescono a raggiungere. Credo che diventeremo uno di quei pochissimi.
Dobbiamo aumentare il ritmo di digitalizzazione e di adozione di nuove tecnologie. La tecnologia non sarà più in secondo piano. Diventerà parte integrante del nostro modo di condurre il nostro business, così come lo sono i talenti che assumiamo e il capitale che impieghiamo. Sarà presente in tutto ciò che facciamo, fondamentale per ogni decisione che prenderemo e cruciale in ogni scelta strategica che considereremo. Compiere le giuste scelte in un tempo utile per un impatto concreto è fondamentale per il successo del nostro business e per i servizi che forniamo ai nostri clienti.
Mi impegno a sostenere i dipendenti, in modo che chiunque abbia i mezzi per competere con successo nei mercati locali e reclamare il proprio posto di diritto all’interno delle comunità servite. Vi chiedo di mettere i clienti al centro del nostro mondo. Si aspettano grandi cose da noi, e noi dobbiamo ripagare la loro fiducia e lealtà.
Per i nostri azionisti, il messaggio è quello di una crescita redditizia, sostenibile, coerente con il nostro ruolo economico-sociale e focalizzata sulle aree ove siamo capaci di creare un vero valore aggiunto.
Questo ambizioso programma sarà costruito su una base di disciplina e rigore. Non è privo di rischi. Non promette una vita semplice. Non sempre tutto funzionerà nel modo in cui desideriamo o come ci aspettiamo. Non dobbiamo vergognarcene. D’ora in poi però, se vogliamo che le persone pensino diversamente, dobbiamo tracciare la rotta che ci porta a esplorare modi nuovi e migliori di portare avanti la tradizione, distinguendoci. Dobbiamo essere ambiziosi, cercare il cambiamento anche provando nuove strade. Se necessario, dobbiamo rischiare l’insuccesso, assumendocene la responsabilità, imparando dagli errori e gestendolo, per diventare persone migliori e più forti. Una banca migliore e più forte.
Il nostro non sarà un percorso facile da percorrere. So bene che i periodi di vero cambiamento sono sempre sconvolgenti, ma è certo che ogni decisione che prenderò sarà progettata per raggiungere l’eccellenza con merito. Ogni mia decisione si baserà su semplici domande. È la cosa giusta? È stata fatta nel modo giusto? Sarò sempre presente a ogni passo e durante le scelte più difficili. È l’unico percorso possibile. È quello giusto, per il nostro business.
Sarò aperto e trasparente. Troverò il modo di impegnarmi e di ascoltare. Chiederò a tutti di sfidare i propri limiti e di fornire soluzioni, e condividerò i nostri piani man mano che arriviamo alle conclusioni.
Se siete in grado di fidarvi di me, io non avrò dubbi a confidare in voi. Se siamo in grado di lavorare insieme, con una determinazione condivisa e un impegno costante nel conseguire risultati concreti e tangibili, allora non c’è dubbio: UniCredit ha le risorse, la tenacia e soprattutto il talento per guidarci verso il futuro.
Questa è la banca che voglio costruire, e voi siete le persone con le quali voglio costruirla. Questa è la cultura che vi chiedo di creare con me.
Grazie,
Andrea
Buonasera dott. Orcel,
sono un ex dipendente di Unicredit, ex Segretario Generale del Sindacato Uilca, sigla importante del settore. Temo che il suo lavorare all’estero non abbia avuto il tempo e l’occasione di conoscere il sindacato dei bancari e più in generale il sindacato dei lavoratori.
Dovrà – per forza di cose – trovare il tempo anche di affrontare queste Associazioni.
Di fronte a Lei, oggi ha due strade: o ripercorrere quella del suo predecessore Mustier che era avulso dai rapporti con le Organizzazioni Sindacali.
Pensi che io l’ho incontrato, in tutti questi anni, una sola volta, oppure seguire l’esempio di Alessandro Profumo o Federico Ghizzoni che hanno avuto costanti e proficui rapporti con il sindacato – pur nel rispetto dei ruoli – e anche personali visto i rapporti amichevoli che sono proseguiti anche dopo la loro uscita dal ruolo di Ceo.
Nella sua lettera afferma che “ho accettato questo ruolo perché le banche per me sono sempre state ambienti elettrizzanti, dinamici e stimolanti in cui lavorare“. La capisco. Nulla di nuovo sotto il sole, però dott. Orcel. Non è una novità, la lettera da lei inviata ai dipendenti di Unicredit, anzi è una prassi comune di tutti i nuovi arrivati.
Lei insiste sul “concetto di squadra, di spingere oltre il limite di comfort per raggiungere gli obiettivi“.
Sarebbero parole giuste se i dipendenti di Unicredit non avessero passato bufere, mari in tempesta, piani industriali senza senso, perdita della professionalità acquisita, cessioni di rami d’azienda, vendite dei gioielli di famiglia, perduta di credibilità presso la clientela.
Potrei continuare.
Non per ultima, l’aver abbandonato il mercato domestico per la ricerca di paesi dove fare business che non hanno – sempre – dato risultati in linea con le aspettative.
Nella sua lettera parla di quello che dovrebbero fare le banche.
Anche su questo punto, se fossi atterrato oggi sulla Terra, potrei darle ragione. Mi permetto però di consigliarle – come feci con il suo predecessore – di fare un giro tra le filiali della sua banca (nostra visto che io sono stato dipendente per oltre 40 anni) per constatare come si serve la clientela – non per colpa dei dipendenti – ma per le scelte organizzative del suo predecessore.
Le risposte alle richieste dei clienti arrivano tardi, fanno dei giri enormi. Non parliamo poi dei budget, personali e di filiali. E’ questo il suo raggiungere gli obiettivi?
Nella sua lettera afferma che il suo “obiettivo è diventare insieme a voi innovatori nel nostro campo. Creare una banca che non rimanga inerte, ma che cerchi l’innovazione. Una banca che vada oltre le aspettative e quindi le superi. Ciò richiede un cambiamento di mentalità, e la capacità di credere che l’impossibile sia ora possibile.”
Mi chiedo quale cambio di mentalità dovrebbero avere le lavoratrici e i lavoratori di UniCredit.
In questi anni hanno assistito a trasformazioni organizzative, cambi di procedure, nuovi modi di rapportarsi con la clientela. Le lavoratrici e i lavoratori di UniCredit hanno sempre fatto la loro parte – anzi – a volte di più, facendosi carico di errori e mancanze del top management.
Oggi le lavoratrici e i lavoratori vogliono risposte, non proclami.
Vogliono sapere quale sarà il ruolo di UniCredit nel panorama europeo e italiano; vogliono sapere quali prospettive future avranno; vogliono conoscere diritti e doveri; vogliono affrontare con coerenza, trasparenza e legittimità gli eventuali nuovi cambiamenti organizzativi.
Lei scrive che “dobbiamo aumentare il ritmo di digitalizzazione e di adozione di nuove tecnologie“.
Le ricordo che il Contratto Nazionale di Lavoro dei dipendenti delle Banche Italiane prevede già un capitolo sulla digitalizzazione, sullo smart working, sui tempi di conciliazione, sul diritto alla disconnessione.
Mi auguro che i suoi valenti e capaci (conoscendoli di persona non ho dubbi) collaboratori del Personale e delle Risorse la informeranno di quanto pattuito nel Contratto che dovrà essere rispettato, anche da lei.
Lei afferma che si impegna “a sostenere i dipendenti, in modo che chiunque abbia i mezzi per competere con successo nei mercati locali e reclamare il proprio posto di diritto all’interno delle comunità servite“.
Le ho già ricordato di visitare le filiali. Venga anche nelle filiali dei piccoli paesi, quelle aperte a ore, con scarsi servizi di cassa. Venga a constatare di persona quanta clientela emigra verso banche che “servono” il cliente “de visu” non attraverso un ATM evoluto o previa telefonata solo per richiedere un assegno circolare.
Capisco che per gli azionisti ha più valore un cliente da un miliardo di euro, piuttosto che un povero pensionato con 20.000 euro in conto.
Ma per me, la Banca è quell’istituzione che deve essere anche a servizio della collettività.
Le chiedo, in nome della tecnologia, dei risparmi a tutti i costi, in nome delle “economia di scala” ridurrà ancora il numero delle filiali?
Creerà un’ulteriore desertificazione delle agenzie soprattutto nei piccoli paesi e al Sud?
E’ su questi aspetti che attendo una risposta, dott. Orcel, non a questo mio articolo, ma alla domanda che le lavoratrici, i lavoratori, le Organizzazioni Sindacali le porranno, prima o poi!.
Come vede, dott. Orcel, non le parlo del suo stipendio, non la conosco – se non di vista – le posso dire che da tifoso juventino il suo “soprannome” “Il Ronaldo dei banchieri” mi piace molto. Ma dovrà guadagnarseli non solo con gli azionisti ma in credibilità verso i dipendenti.
Penultimo punto, Lei scrive che “questo ambizioso programma sarà costruito su una base di disciplina e rigore“. Mi auguro che non sia riferito alle lavoratrici e ai lavoratori.
In questi anni abbiamo visto come sono aumentate le pressioni commerciali, come sono aumentate i provvedimenti disciplinari nei confronti dei colleghi. Essere reggimentati con processi militareschi non ha mai portato grande fortuna agli amministratori delegati che hanno cercato questo rapporto con i colleghi.
Infine, un’ultima considerazione dott. Orcel.
Le lavoratrici e i lavoratori vorrebbero sapere quali saranno i suoi prossimi obiettivi. Se ci saranno nuove operazioni di fusione, se UniCredit farà il vero secondo polo bancario italiano, se continuerà ad essere presente sui mercati europei.
Insomma le lavoratrici e i lavoratori di Unicredit le chiedono trasparenza sul lavoro, chiarezza sulle scelte, capacità organizzative, risposte rapide e concrete.
La seguirò sul mio blog, peccato non poterla conoscere ma il mio mandato sindacale è finito ma inizia il suo come Ceo.
Ossequi,
Massimo Masi










Pubblicato da Massimo Masi

Blog di Massimo Masi. Bolognese di nascita, piantato nella pianura, con una forte propaggine verso il mare. Non sono più quello di ieri, non so come sarò domani. Ma posso dirti come sono oggi, con i miei ieri (Alda Merini)