Avanti con lo smart working … ad esclusione del Gruppo UnipolSai, naturalmente

foto tratta dal web

Non passa giorno – anche durante la vicenda dell’elezione del Presidente della Repubblica – che i giornali non abbiano riportato notizie e continuato ad approfondire la questione dello smart working.

Qualche esempio?
Oggi nella pagina di Economia&Lavoro del Resto del Carlino – il giornale più letto a Bologna- si dice testualmente “Quasi un terzo degli occupati italiani lavora da remoto e il 60,8% di questi lo fa per almeno tre giorni a settimana. Secondo uno studio dell’Inapp, riferito al periodo tra marzo e luglio 2021, sono 7,2 milioni i lavoratori impegnati a distanza almeno un giorno a settimana con la maggioranza (il 54,7%) che giudica positivamente questa nuova modalità di lavoro. Inoltre quasi il 46% dei lavoratori vorrebbe continuare a svolgere la propria attività in modo agile almeno un giorno e il 24% tre o più giorni a settimana. II 54,2% non vorrebbe invece mai lavorare da remoto. Ma il gradimento dei lavoratori per l’impiego a distanza è testimoniato anche dal fatto che pur di lavorare da remoto un lavoratore su cinque accetterebbe una eventuale penalizzazione nella retribuzione, «segno che un ipotetico miglioramento nella qualità della vita presenta un valore economico immediatamente scontabile».
Sempre oggi su Repubblica Affari&Finanza c’è un interessantissimo articolo di Irene Maria Scalise dal titolo Smart Working sì, ma con nuove regole e con il sottotitolo Degli oltre 7 milioni di dipendenti che lavorano da remoto molti vorrebbero adottare stabilmente una formula ibrida Bisogna creare una policy fatta di formazione, autonomia e diritto alla disconnessione per una nuova organizzazione.
Questo articolo che meriterebbe di essere più approfondito – e credo lo farò nei prossimi giorni – parla di esperienze positivo e negative – pochi casi – dell’applicazione dello smart working e delle soluzioni che le aziende più intelligenti stanno cercando di applicare.
Venerdì 28 gennaio Annalisa Grandi su La Ragione scrive un articolo dal titolo: Il lavoro da remoto rimane e deve essere regolamentato.
Non parliamo poi degli articoli apparsi praticamente su tutti i giornali giovedì 27 gennaio: Avvenire, Repubblica, Corriere della Sera, Il Sole 24 Ore, Il Resto del Carlino, tanto per citare le testate più importanti.
Infine in questa breve ed incompleta rassegna stampa di articoli apparsi in questi giorni sui principali – e soprattutto consultabili – giornali italiani non posso che concludere con il richiamo ad un articolo di Ruben Razzante – Docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano – che afferma quanto segue: I detrattori dello smart working sostengono che non lavorare in ufficio non stimola l’impegno e non agevola controlli e verifiche. Il lavoro agile finirebbe per compromettere il rendimento dei lavoratori e l’efficienza delle imprese e delle pubbliche amministrazioni. Una ricerca, però, sembra dire il contrario. Con lo smart working, in un anno, la produttività è cresciuta dell’8%. Questo dato emerge da un’analisi su dati del 2021 elaborata dall’Ufficio studi di Variazioni, società che si occupa di work-life balance e change management. Secondo il report, rispetto all’anno precedente, è cresciuta la fiducia dei manager verso i propri collaboratori: è infatti aumentata del 10% la capacità dei manager di monitorare a distanza l’attività dei dipendenti e di valutare le persone in base agli obiettivi e ai risultati ottenuti (non più in base al tempo di presenza in ufficio) e del 7% la capacità di delega. Ecco perché, nonostante le previsioni rassicuranti sul futuro della pandemia, il mercato del lavoro non tornerà indietro: alternanza, flessibilità e appartenenza guideranno la trasformazione delle organizzazioni verso uno smart working più efficiente.

Ma proprio facendo queste ricerche su Google – interessanti ma si perde ovviamente molto tempo – lo spirito maligno della tecnologia ci ha messo lo zampino e mi ha fatto trovare parecchi articoli sullo smart working che fanno riferimento a società del Gruppo UnipolSai. E siccome – è notissimo – sono una persona curiosa e a volte anche straccia…, non ho potuto che approfondire la lettura.
In pratica ho scoperto che nel blog di Unisalute – società del Gruppo UnipolSai specializzata nelle polizze mediche e sanitarie – ben quattro articoli che fanno riferimento allo smart working: Come funziona lo smart working e quali sono i vantaggi per imprese e dipendenti? datato 23 luglio 2018; Uffici smart working: come cambia il posto di lavoro datato 24 settembre 2018; Smart working: cosa cambia con il decreto del 1 marzo 2020 datato 6 marzo 2020; Lavorare #InSalute: la dieta corretta e le abitudini da non trascurare durante lo smart working datato 10 settembre 2020. Probabilmente ce sono altri ma la mia curiosità è stata già appagata e lo spiritello ha adempiuto al suo dovere.

Ora – a parte ogni considerazione – su chi parla bene e razzola male, mi sembra evidente che il problema dello smart working non venga preso in esame dal solo Gruppo Unipol. Tant’è che anche nell’accordo stipulato dai sindacati bancari con ABI sulle nuove misure anticovid recentemente stipulato – di cui dedicherò un articolo nei prossimi giorni – si parla sempre di smart working declinandolo nei vari aspetti.
Ho l’impressione – ma non vorrei essere troppo maligno – che questo tema e – soprattutto – questa vertenza che ha portato anche a giornate di sciopero sia passata nel dimenticatoio.
E’ un caso che davanti alla sede del Gruppo Unipol a Bologna sono stati tolti tutti i riferimenti alla lotta delle lavoratrici e dei lavoratori?
E’ un caso che sui siti delle Organizzazioni sindacali non compaiono più volantini, comunicati e altri documenti?
Oppure vengono scritti dal sindacato interno e non pubblicati dai siti nazionali?
E’ vero che è arrivata una comunicazione aziendale in cui si informano i dipendenti che fino al 28 febbraio il lavoro si svolgerà regolarmente in presenza?

Questo silenzio mi preoccupa. Vorrei essere smentito ma ho l’impressione che tutti – o quasi tutte le aziende e le assicurazioni – continueranno ad applicare lo smart working … tranne il Gruppo Unipol, naturalmente.

Pubblicato da Massimo Masi

Blog di Massimo Masi. Bolognese di nascita, piantato nella pianura, con una forte propaggine verso il mare. Non sono più quello di ieri, non so come sarò domani. Ma posso dirti come sono oggi, con i miei ieri (Alda Merini)

6 Risposte a “Avanti con lo smart working … ad esclusione del Gruppo UnipolSai, naturalmente”

  1. Caro Massimo,
    l’acquiescenza del sindacato verso l’azienda (della quale alcune sigle possegono pacchetti azionari…) è totale. Della vertenza sullo smart working non si parla più, l’unica comunizione sindacale degli ultimi giorni riguarda “Illustrazione e votazione Piattaforma di ipotesi di rinnovo del CCNL ANIA”, CCNL che – visto l’andazzo – non mi sorprenderei non venisse mai applicato al gruppo Unipol. Per il resto vale quanto detto da Paolo a commento del tuo post del 21 gennaio: la mentalità aziendale è giurassica e questi sono i risultati; una misura inutile presa solo per dimostrare che si pu

    1. Purtroppo concordo con te. Ecco perchè torno su questo argomento così spesso! Non mi spiego questo silenzio del sindacato a tutti i livelli, da quello aziendale a quello nazionale fino arrivare alle Confederazioni. Anche su questi aspetti tornerò a scrivere. Per il contratto. Lo sai che Unipol non aderisce più ad Ania anche se fino ad oggi ha sempre recepito il CCNL. Per il prossimo mi auguro che Cimbri scelga la continuità. Anche se qualcuno comincia a sussurrare di altre volontà a cui non voglio dare credito

  2. Confermo che con comunizione del 25/01 l’azienda conferma che: «per quanto concerne le modalità di prestazione dell’attività lavorativa, vi comunichiamo che sino al 28 febbraio 2022 continueranno ad applicarsi, nella loro interezza, le disposizioni aziendali attualmente in vigore»

    1. Grazie della conferma. Era una voce che mi era arrivata ma non avevo una conferma. Ne terrò conto nei prossimi articoli

  3. C’è un accordo con il quale l’azienda s’impegna ad applicare il CCNL ANIA tempo per tempo vigente ma, come sappiamo benissimo, gli accordi si disdicono.

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