Smart working: il dibattito è aperto

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Dopo l’introduzione del green pass valido per tutti i lavoratori dipendenti e autonomi e dopo le dichiarazioni del ministro Brunetta sul ritorno al lavoro dei dipendenti della Pubblica Amministrazione, si è riaperto (ma forse non si era mai chiuso, semmai rallentato) il dibattito sullo smart working.
In questo blog ho scritto di smart working molti post, che vado a riassumere:
1) 3 marzo 2021 comparazione articolato lavoro agile accordi ABI e ANIA
2) 10 marzo 2021 abbiamo parlato di lavoratori fragile, formazione, ecc
3) 17 marzo 2021 abbiamo trattato il ruolo del sindacato e la nuova rappresentanza
4) 01/04/2021 abbiamo affrontato il tema dei nuovi ambienti lavorativi
5) 15/06/2021 abbiamo visto cosa succede nelle multinazionali
6) 25/06/2021 abbiamo parlato del sistema ibrido e del ritorno al lavoro
7) 02/07/2021 abbiamo parlato della proposta Unicredit

Prof. Becchetti Leonardo – foto tratta dal web

Oggi le mie considerazioni partono da un articolo del Prof. Leonardo Becchetti (1) apparso sul giornale l’Avvenire di lunedì scorso in cui afferma che “lo smart working ha un potenziale straordinario per conciliare aumenti di produttività, capacità di conciliare vita di lavoro e di relazioni di cura e sostenibilità ambientale“.
Faccio mie queste considerazioni e negli articoli precedenti avevo cercato – non con le capacità del Prof. Becchetti – di soffermarmi su questi aspetti che reputo prioritario per una corretta applicazione dello smart working. Ma la parte più interessante dell’articolo è certamente quando l’autore si sofferma sui tipi di incontri in un qualsiasi luogo di lavoro. “Quelli di primo e vecchio tipo faccia a faccia in presenza (una classica riunione attorno a un tavolo), quelli di secondo tipo faccia a faccia a distanza (le riunioni telematiche a cui ci siamo abituati nella pandemia) e quelli di terzo tipo né faccia a faccia né in presenza (le interazioni via mail o whatsapp). Un’azienda o un organizzazione sociale che può giocare sui tre tipi invece che essere costretta solo ad incontri del primo tipo è enormemente più produttiva per almeno quattro motivi. Primo, si risparmiano costi e tempi di spostamento. Secondo, si può interagire più frequentemente proprio per questo. Terzo, (nelle relazioni del terzo tipo) si può scegliere il tempo e il luogo che più ci ispira per produrre. Quarto, conciliare meglio lavoro e vita di relazioni ci rende meno stressati e più produttivi. I limiti e gli ostacoli a questo orizzonte ideale sono però molti. Ridurre gli incontri del primo tipo può deteriorare la qualità delle relazioni e l’identità aziendale o di gruppo. Diseguaglianze nell’accesso a connessione di qualità, nel comfort dell’abitazione non rendono lo smart working uguale per tutti. C’è poi il rischio di non riuscire a separare il tempo del lavoro da quello del riposo o per motivi di autocontrollo personale o perché il superiore non rispetta i tempi del lavoratore. E ci sono ovviamente tipi di lavoro che richiedono la presenza fisica dove tutto questo non si applica o si applica in misura minore.
Credo che la discussione sulla validità dello smar working stia proprio in queste considerazioni. Occorre trovare una via mediana che possa soddisfare tutti questi aspetti. Ecco perchè l’indicazione del lavoro ibrido, cioè una parte in ufficio e il resto a casa o in hub – come previsto nell’accordo del CCNL del credito – ottempera a tutti questi requisiti.
Non si perde il contatto con la propria realtà lavorativa e con il confronto e il contatto con i colleghi di ufficio, se si lavora presso un hub non si è obbligati ad orari precisi di entrata e di uscita, la produttività aumenta e le relazioni personali e familiari si possono meglio conciliare.
Mi auguro che finita l’emergenza – e adesso con il green pass – nel settore del credito che è stato sempre all’avanguardia anche sullo smart working, possa ridisegnare – casomai con un nuovo accordo – le problematiche ancora non risolte e il rientro alla normalità, che non sarà – in questo caso – uguale a quella della pre pandemia.
Le Aziende che sapranno meglio e prima di altre trovare soluzioni soddisfacenti sia per la lavoratrice e il lavoratore che per la sua funzionalità d’impresa, sarà vincente sul mercato sia in termine di produttività che di soddisfazione lavorativa.

Renato Brunetta – Ministro PA – immagine tratta dal web

Per questi motivi sono sorpreso delle affermazioni del Ministro Renato Brunetta sullo smart working, anche se oggi ho notato un leggero dietro front rispetto alle dichiarazioni dei giorni scorsi. Si tratta di fare un accordo con le Organizzazioni che tenga conto di quanto sopra riportato e che deve contenere – come priorità – il diritto alla disconnessione e ciò il non protrarsi all’infinito dell’orario di lavoro per chi lavora fuori dall’ufficio.

Andrea Orlando – Ministro del Lavoro – foto tratta dal web

Nello stesso tempo sono perplesso anche delle dichiarazioni del Ministro del Lavoro Andrea Orlando quando afferma che occorre arrivare ad una regolamentazione dello smart working anche senza accordo con il sindacato perchè i tempi – il 15 ottobre data stabilita per l’entrata in vigore del green pass sui luoghi di lavoro – stringono. Spero si tratti di affermazioni fuori contesto. Un argomento così importante e che ci porteremo dietro per sempre non può essere trattato con un prendere e lasciare.
Per spiegare queste ragioni, termino questo post proprio con le parole del Prof. Becchetti: “Tra qualche anno le nuove generazioni guarderanno con incredulità (un po’ come i ragazzi di oggi guardano un vecchio telefono a muro) ai tempi in cui si usciva tutti alla stessa ora, si restava incolonnati per30-40 minuti nel traffico per recarsi al posto di lavoro.”

Nel prossimo articolo sullo smart working parleremo del problema degli obiettivi e della possibilità di cessione di attività


Riprendo dell’articolo di ieri “e alla fine green pass fu” per segnalarvi che -come avevo purtroppo previsto – che una parte della stampa – e non solo quella di destra – si è scagliata contro CGIL CISL UIL per le proposte sul tampone gratis. Dispiace.


Note a piè pagina
(1) Leonardo Becchetti è un economista italiano. Dal 2006 è professore ordinario di Economia politica presso l’Università di Roma Tor Vergata (da Wikipedia). Ho conosciuto il Prof. Becchetti all’epoca della “riforma delle popolari” voluta da Renzi.

Pubblicato da Massimo Masi

Blog di Massimo Masi. Bolognese di nascita, piantato nella pianura, con una forte propaggine verso il mare. Non sono più quello di ieri, non so come sarò domani. Ma posso dirti come sono oggi, con i miei ieri (Alda Merini)