Le dispute cino-indiane nel Ladakh e nell’ Arunachal Pradesh

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di Umberto Baldo

Nelle mie incursioni “ai confini del mondo” oggi ti porto ai confini fra l’India e la Cina, dove da lunghi anni è in corso uno scontro di cui in Europa non arrivano se non “echi lontani”, ma che assume una fondamentale importanza ai fini degli equilibri geo politici in Asia.

Ma andiamo con ordine. 

Come accennato, quella tra l’India e la Cina è una contesa di cui si parla poco, che ha origini molto lontane, e che ha come scenario le splendide montagne dell’ Himalaya.  

3.500 chilometri di confine che separa le due potenze  non è rappresentato da una linea netta e definita;  si tratta di confini labili, dove non è chiaro quando finisce il territorio dell’uno e inizia quello dell’altro. 

Ciò ha sempre causato diverse scaramucce tra i due Paesi, finché nel lontano 1962 si arrivò ad una vera e propria invasione delle truppe cinesi della regione indiana del Ladakhper rivendicarne la sovranità.

Pechino in quell’occasione ebbe la meglio, e le perdite per l’esercito indiano furono nell’ordine delle centinaia di uomini, finchè non  venne firmato un armistizio  che mise fine alla “fase calda” del conflitto. 

Armistizio cui non è però mai seguito un vero e proprio trattato di pace che definisse una volta per tutte la linea di frontiera nella regione; si arrivò ad istituire un confine semi-ufficiale denominato Linea di Controllo Effettivo (Lac)

Nei decenni successivi la situazione rimase quella di una guerra fredda senza scontri aperti, fino a che  nel maggio del 2020, quando le truppe cinesi e quelle indiane si scontrarono sul lago Pansong Tso (sempre i Ladakh), utilizzando pietre e combattendo a mani nude, per non violare l’armistizio che vietava l’uso delle armi;  il  che comunque portò nei mesi successivi a contare 20 morti fra gli indiani e 4 fra i Cinesi (cifra sicuramente ridotta dalla propaganda di Pechino).

Tanto per inquadrare il teatro conteso, basti dire che il Ladakh, lembo più settentrionale dell’India, è un deserto di alta quota, dove una coraggiosa popolazione di monaci e pastori tramanda antiche tradizioni spirituali e culturali.  Il Ladakh conserva intatto il buddhismo tibetano (Sakyapa o setta dei Cappelli Rossi), che i cinesi stanno tentando di smantellare in Tibet (con un vero e proprio genocidio più volte denunciato).

Passando al dato politico, non c’è dubbio che queste tensioni costanti, queste dispute territoriali mai risolte, hanno messo in moto una rivalità a lungo termine che potrebbero rimodellare la geopolitica asiatica.

Resistendo in questi anni alle ricorrenti incursioni cinesi, l’India ha mostrato di voler sfidare apertamente il potere di Pechino in un modo che nessun’altra potenza mondiale, inclusi gli Stati Uniti, ha fatto in questo secolo; con le armi.

E le evidenti mire espansionistiche di Xi Jinping hanno indotto l’India ad abbandonare la sua precedente politica di pacificazione, accelerando un pesante riarmo (analogamente a Giappone ed Australia), trasformando l’ingombrante vicino in un nemico duraturo, e mostrando di essere determinata a  ostacolare il disegno di un’Asia sinocentrica.

Va sottolineato che il tentativo cinese del 2020 di occupare centinaia di chilometri quadrati in Ladakh venne perpetrato nel momento in cui l’India era alle prese con il pesante blocco anti Covid.  

Ma Xi ha sbagliato i calcoli quando ha ipotizzato di poter costringere l’India ad accettare il nuovo status quo come un fatto compiuto, perché da allora, l’India ha più che eguagliato il dispiegamento di truppe della Cina nella regione, alimentando il più grande rafforzamento militare mai realizzato nell’Himalaya, una delle regioni più inospitali del mondo.

Ma uno Xi evidentemente scornato ha cercato di sopraffare le difese indiane aprendo un nuovo fronte nell’Himalaya orientale, a più di 2.000 chilometri (1.242 miglia) dal Lagakh, attaccando nel dicembre 2022 lo stato indiano di confine strategicamente cruciale dell’ Arunachal Pradesh (che provocatoriamente e furbescamente i cinesi hanno ridenominato “Tibet meridionale”).

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La politica internazionale ha veramente logiche imprevedibili, perché ad esempio l’attacco all’Arunachal Predesh costringe i cinesi a difendere l’indipendenza di Taiwan.

Perché?

Semplicemente perché se Taiwan dovesse cadere nelle mani di Xi Jinping, il successivo obiettivo cinese potrebbe essere proprio l’Arunachal Pradesh, (grande quanto l’Austria), nella logica (vista da Pechino) della “riunificazione” con il Tibet.

E così come l’invasione, e la successiva l’annessione, del Tibet da parte della Cina nel 1951 ha rivoluzionato quell’area, portando la Cina a confinare direttamente India, Nepal, Bhutan e Myanmar nord-occidentale, analogamente un’acquisizione cinese di Taiwan potrebbe portare a un analogo rimescolamento geopolitico, consentendo alle forze navali cinesi di uscire dalla “prima catena delle isole”, accedendo facilmente al Pacifico finora presidiato dagli Usa. 

Mi sembra chiaro che a questo punto la netta volontà dell’India di opporsi all’espansionismo di Xi (non ti sembra che le riunificazioni invocate dalla Cina siano simili a quelle dei Sudeti e di Danzica di altri tempi?), costringe la Cina, che vorrebbe potersi concentrare sul Mar cinese meridionale e su Taiwan, a guardarsi le spalle.

Credo che con l’India, che proprio in questi giorni secondo l’Onu supererà la Cina per numero di abitanti,  nel futuro dovremo fare tutti i conti.

Tanto per dire, mentre la Cina ha una popolazione in calo ed in rapido invecchiamento, l’età media degli indiani (28,4 anni) è una delle più basse del mondo, e per di più quella indiana è la principale economia in più  rapida crescita al mondo.

Cosa insegnano a mio avviso le vicende del Ladakh e dell’ Arunachal Pradesh?

Che al di là di quello che crediamo noi europei, o sarebbe meglio dire vogliamo credere per i nostri interessi mercantili, la Cina non è una “potenza buona”, interessata solo agli affari.

La Cina è un Paese dittatoriale alla ricerca di ampliare il suo “spazio vitale” con l’obiettivo di prendere il controllo diretto dell’Asia sud orientale, e di estendere la sua influenza ovunque nel mondo.

Le sua presenza sempre più massiccia in Africa, in Sud America, e da ultimo in  Medio Oriente , dovrebbe rappresentare un monito per tutti,  ed un invito a scegliere bene gli alleati.


Pubblicato da Massimo Masi

Blog di Massimo Masi. Bolognese di nascita, piantato nella pianura, con una forte propaggine verso il mare. Non sono più quello di ieri, non so come sarò domani. Ma posso dirti come sono oggi, con i miei ieri (Alda Merini)